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Seconda rata Imu-Tasi 2017: c’è tempo fino al 18 dicembre

Il versamento della seconda rata dell’Imu e della Tasi per il 2017 deve essere eseguito entro il prossimo 18 dicembre (il termine ordinario del 16 dicembre, infatti, quest’anno cade di sabato).
 
A ricordarlo è il dipartimento delle Finanze (DF) con un proprio comunicato pubblicato sul sito istituzionale.
 
Il pagamento deve essere eseguito a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, sulla base di quanto stabilito dalle delibere comunali pubblicate, alla data del 28 ottobre 2017, nell’apposita sezione del sito.
 
Per determinare correttamente le aliquote applicabili per il versamento del saldo, nel comunicato si invitano i contribuenti a consultare le indicazioni messe a disposizione dal dipartimento.
 
In particolare, si ricorda che il versamento del saldo deve essere effettuato sulla base delle delibere approvate dal comune per il 2017 a condizione che:

  • la delibera sia stata adottata entro il 31 marzo 2017 e sia stata pubblicata sul sito internet www.finanze.gov.it entro il 28 ottobre 2017
  • l’aliquota fissata per la singola fattispecie impositiva non sia stata aumentata rispetto a quella applicabile nel 2015. 

Al contrario, il saldo Imu-Tasi deve essere versato sulla base delle aliquote vigenti nell’anno 2016:

  • in caso di delibera approvata dal comune oltre il termine del 31 marzo 2017 (fatte salve specifiche ipotesi in cui il l’ente locale può, in base a disposizioni di legge, adottare la delibera anche oltre il termine del 31 marzo, come, ad esempio, dissesto finanziario e accertamento negativo in ordine al permanere degli equilibri di bilancio)
  • nel caso in cui non vi sia nessuna delibera relativa alle aliquote dell’Imu e della Tasi pubblicata per il 2017 oppure nell’ipotesi in cui la delibera sia stata pubblicata oltre il termine del 28 ottobre 2017 (fatti salvi i casi in cui la legge prevede che siano efficaci anche le delibere pubblicate oltre tale termine). 

Si ricorda, inoltre, che prima del versamento è opportuno confrontare le aliquote determinate per il 2017 e quelle vigenti nel 2015 (la consultazione delle delibere comunali può essere eseguita sul sito www.finanze.gov.it). Infatti, qualora emerga che la delibera relativa al 2017 stabilisca un aumento delle aliquote Imu e Tasi rispetto al 2015, tale aumento è inefficace. Di conseguenza, il versamento deve essere effettuato sulla base dell’aliquota deliberata nel 2016, eccetto il caso in cui essa costituisca a sua volta un aumento rispetto al 2015. In tale ipotesi, infatti, il versamento per il 2017 dovrà essere effettuato sulla base dell’aliquota applicabile nel 2015 (peraltro, la sospensione degli aumenti dei tributi locali non si applica per i comuni che deliberano il dissesto e il predissesto).
 
Infine, qualora nel 2015 il Comune abbia deliberato la maggiorazione della Tasi dello 0,8 per mille, la stessa può essere applicata nel 2017 solo se espressamente confermata nel 2016.
 
Per maggiori e ulteriori approfondimenti, il comunicato rinvia alle Faq relative al versamento della seconda rata dell’Imu e della Tasi per il 2016, pubblicate il 2 dicembre 2016.

Il coniuge cointestatario del mutuo per ristrutturazione detrae il 100%

Alla morte della moglie, il marito che abbia provveduto ad accollarsi interamente il finanziamento può fruire del beneficio sull’intero ammontare degli interessi passivi sostenuti

Il coniuge superstite può usufruire della detrazione degli interessi passivi e relativi oneri accessori sul mutuo ipotecario contratto per la ristrutturazione dell’abitazione principale, di cui è contitolare insieme al coniuge deceduto, a condizione che provveda alla regolarizzazione dell’accollo del mutuo.
Lo chiarisce la risoluzione 129/E del 18 ottobre 2017, che, per motivi di coerenza e sistematicità, si allinea al principio già esposto con riferimento ai contratti di mutuo stipulati per l’acquisto dell’abitazione principale.

L’interpello
Un contribuente, che ha contratto insieme al coniuge un mutuo ipotecario per ristrutturare la propria abitazione, chiede all’Agenzia se, in seguito alla morte del coniuge cointestatario del finanziamento, accollandosi il mutuo per intero, possa usufruire della detrazione del 19% dell’intera quota degli interessi passivi, analogamente a quanto accade con riferimento ai contratti di mutuo stipulati per l’acquisto dell’abitazione principale.

Il parere dell’Agenzia
Nell’articolare la risposta all’istanza di interpello, l’Agenzia prende avvio da una sintetica ricostruzione della disciplina in materia di detrazione degli interessi passivi sostenuti in relazione a contratti di mutuo ipotecario stipulati per la costruzione dell’abitazione principale (articolo 15, comma 1-ter, Tuir).

A tal proposito, la risoluzione ricorda che il legislatore ammette la detrazione a condizione che:

  • l’unità immobiliare da costruire  sia quella nella quale il contribuente (o i suoi familiari) intendono dimorare abitualmente
  • l’immobile diventi abitazione principale entro sei mesi dal termine dei lavori di costruzione
  • il contratto di mutuo sia stipulato dal soggetto che avrà il possesso dell’unità immobiliare a titolo di proprietà o di altro diritto reale
  • i lavori di costruzione siano ultimati entro il termine previsto dal titolo abilitativo, salvo possibilità di proroga
  • il mutuo sia stipulato nei sei mesi antecedenti all’inizio dei lavori ovvero nei diciotto mesi successivi. 

Al ricorrere di tali condizioni è riconosciuta la detraibilità degli interessi passivi – e relativi oneri accessori – derivanti da contratti di mutuo ipotecario stipulati per la costruzione dell’abitazione principale, nella misura del 19% per un ammontare complessivo non superiore a 2.582,28 euro.
La risoluzione, inoltre, ricorda che le condizioni e le modalità applicative sono indicate nel Dm 30 luglio 1999, il quale, all’articolo 1, comma 1, dispone che: “(…) per costruzione di unità immobiliare si intendono tutti gli interventi realizzati in conformità al provvedimento di abilitazione comunale che autorizzi una nuova costruzione, ivi compresi quelli di cui all’art. 31, comma primo, lettera d), della Legge 5 agosto 1978, n. 457 [ora trasfuso nell’articolo 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con Dpr 380/2001]” ovvero gli interventi di ristrutturazione edilizia.

Il documento di prassi precisa, inoltre, che la detrazione in esame, in caso di ristrutturazione edilizia, compete in presenza di un provvedimento di abilitazione comunale nel quale sia indicato specificatamente che i lavori eseguiti rientrano nell’ambito di quelli previsti dall’articolo 3, comma 1, lettera d), del Dpr 380/2001. In carenza di ciò, la detrazione spetta solo se il contribuente è in possesso di un’analoga sottoscrizione del responsabile del competente ufficio comunale.

Per quanto riguarda la destinazione del mutuo ipotecario per il finanziamento della costruzione o della ristrutturazione dell’abitazione principale, analogamente a quanto avviene nell’ipotesi di mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione principale, l’Agenzia, con la risoluzione 241/2007, confermata poi con la circolare 7/2017, aveva già chiarito che la destinazione del mutuo deve risultare dal contratto stesso o, in mancanza, dalla dichiarazione resa dalla banca o, altrimenti, da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del contribuente, ai sensi dell’articolo 47 del Dpr 445/2000.

Ciò detto, avendo l’istante, a seguito della morte della moglie, provveduto alla voltura del finanziamento a suo nome, ha diritto di portare in detrazione dall’imposta lorda il 19% dell’intera quota di interessi passivi, così come accade in caso di morte di un mutuatario contitolare di un contratto di acquisto dell’abitazione principale. In proposito, infatti, anche la circolare 122/1999, punto 1.2.1, ha chiarito che il coniuge superstite può usufruire della detrazione per gli interessi passivi e oneri accessori relativi al mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’abitazione principale, di cui è contitolare insieme al coniuge deceduto, a condizione che provveda a regolarizzare l’accollo del mutuo.

Nel caso di specie, quindi, l’Agenzia, per motivi di coerenza e sistematicità, applica lo stesso principio e, quindi, si allinea alla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente.
Con la risoluzione in esame, infatti, l’amministrazione afferma che l’istante, in qualità di coniuge superstite cointestatario – insieme alla moglie – del mutuo ipotecario stipulato per la ristrutturazione della propria abitazione, avendo provveduto ad accollarsi l’intero mutuo, potrà usufruire della detrazione sul 100% dei relativi interessi passivi sostenuti. Resta inteso che il beneficio è consentito ove ricorrano tutte le altre condizioni richieste dalla norma agevolativa. 

Agevolazioni prima casa all’erede sull’immobile già in comproprietà

Non risulta preclusivo il fatto che prima del decesso del marito, la moglie ne avesse il possesso in comunione con il de cuius, in quanto con la morte tale regime si estingue

Nel caso in cui per effetto della successione, il coniuge quale unico erede diviene pieno proprietario di più immobili, siti nello stesso comune, in precedenza posseduti in comproprietà con il coniuge deceduto, può fruire dell’agevolazione ‘prima casa’, ai sensi dell’articolo 69, comma 3, della legge 342/2000, in relazione all’acquisto di uno dei predetti immobili. Non risulta preclusiva alla fruizione dell’agevolazione la circostanza che prima del decesso del coniuge, il contribuente possedesse detti immobili in comproprietà con il de cuius, in quanto con la morte il regime della comunione viene meno.

Questo il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 126/E del 17 ottobre 2017, in risposta a un interpello proposto da un contribuente riguardo all’applicazione dell’agevolazione ‘prima casa’ per le quote di uno degli immobili caduti in successione alla morte del coniuge.
In particolare, la fattispecie riguarda un unico erede testamentario che possedeva in comunione con il coniuge tre immobili abitativi siti nello stesso comune.
Per effetto della successione, la quota parte dei predetti immobili appartenenti al coniuge defunto venivano devolute all’erede istante, il quale non aveva mai fruito delle agevolazioni ‘prima casa’.

L’Agenzia, in via preliminare, richiama le disposizioni contenute nell’articolo 69, della legge 342/2000, che prevede, al comma 3, l’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione ‘non di lusso’ e per la costituzione e il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni e donazioni.
Dette imposte fisse si applicano quando in capo al beneficiario, ovvero in caso di pluralità di beneficiari in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall’articolo 1, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (legge 131/1986).
Il rinvio effettuato dal comma 3 alle case di abitazioni ‘non di lusso ’, precisa l’Agenzia, deve essere inteso – dopo le modifiche normative apportate dall’articolo 10, Dlgs 23/2011, all’articolo 1 della tariffa, parte prima del Tur – riferito alle case di abitazione diverse da quelle appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (cfr circolare 2/2014).

Ai sensi del comma 4 dello stesso articolo 69, le dichiarazioni di cui alla nota II-bis dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, sono rese dall’interessato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione.
L’Agenzia ricorda quanto già chiarito con circolare 207/2000, ovvero che l’interessato, per poter beneficiare dell’agevolazione, deve rendere la dichiarazione della sussistenza delle seguenti condizioni:

  • di avere la residenza nel territorio del comune ove è ubicato l’immobile da acquistare o di volerla stabilire entro diciotto mesi dall’acquisto
  • di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare
  • di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni.

La sussistenza in capo al beneficiario di tutte le condizioni sopra richiamate deve riferirsi al momento del trasferimento, che si realizza con l’apertura della successione.

Dunque, nella fattispecie in cui, per effetto della successione, l’erede diviene pieno proprietario di tre immobili siti nello stesso comune, in precedenza posseduti in comunione con il coniuge defunto, lo stesso può chiedere l’applicazione delle agevolazioni ‘prima casa’, ai sensi del citato articolo 69, consistenti nell’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa, in relazione all’acquisto di uno dei tre immobili.
A parere dell’Agenzia delle entrate non risulta preclusiva alla fruizione dell’agevolazione in parola, la circostanza che, prima del decesso, l’erede possedesse detti immobili in comunione con il coniuge, in quanto con la morte del de cuius viene meno il  regime di comunione.
Come affermato dalla Corte di cassazione, infatti, la morte del coniuge determina lo scioglimento del matrimonio, ovvero il verificarsi di una causa di scioglimento della comunione (cfr sentenza, 13760/2015).
Cessato, dunque, il regime di comunione sugli immobili per effetto della morte del coniuge, il contribuente si trova nelle condizioni di poter dichiarare di non essere titolare in comunione con il coniuge di diritti sui predetti immobili.

Non appare preclusiva neanche la circostanza che, per effetto della successione, il contribuente divenga proprietario esclusivo di detti immobili, in quanto la dichiarazione da rendere deve essere riferita a immobili diversi da quelli che, proprio per successione, vengono acquistati.
In sostanza, la dichiarazione non deve tenere conto di quei beni o quote degli stessi che vengono acquistati con la successione.
Ferma restando la sussistenza delle condizioni previste dalla citata nota II-bis, l’erede unico può, dunque, invocare le agevolazioni ‘prima casa’.
Tuttavia, precisa l’Agenzia, l’agevolazione può essere richiesta solo per l’acquisto di uno degli immobili caduti in successione, come a suo tempo precisato con la circolare 44/2001.
Sulle rimanenti unità immobiliari, pervenute con la stessa successione, devono, quindi, essere corrisposte le imposte ipotecaria e catastale nella ordinaria  misura proporzionale. 

Regime delle locazioni brevi: arriva la circolare esplicativa

Dall’Agenzia delle entrate arrivano i chiarimenti interpretativi sul regime fiscale delle locazioni brevi, introdotto dal “decreto conti pubblici” (cfr articolo 4, Dl 50/2017).
Con la circolare 24/E del 12 ottobre 2017, infatti, l’amministrazione illustra il contenuto della nuova disciplina alla luce delle questioni emerse nel corso del confronto avuto negli ultimi mesi con le associazioni di categoria e i principali operatori del settore.
L’Agenzia sottolinea, peraltro, che le indicazioni contenute nel documento di prassi riguardano solo l’applicazione dei tributi rientranti nella sua competenza, quindi non anche l’imposta di soggiorno.

Contratto di locazione breve: definizione
La circolare prende avvio dalla definizione di contratti di locazione breve allo scopo di delimitare l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni.
Sono tali i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa. A questi ultimi sono equiparati i contratti di sublocazione e quelli di concessione in godimento dell’immobile stipulati dal comodatario, aventi medesima durata.
Rientrano nel campo applicativo della disciplina in esame sia i contratti stipulati direttamente tra locatore e conduttore sia quelli stipulati con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.
Dalla definizione appena riporta si evince che si tratta di figure contrattuali tese a soddisfare “esigenze abitative transitorie, anche per finalità turistiche”.

Il legislatore ha espressamente previsto che il contratto non deve essere concluso nell’esercizio di un’attività commerciale (la condizione riguarda entrambe le parti del rapporto). Pertanto, dall’ambito di applicazione del nuovo regime sono escluse le locazioni brevi stipulate nell’esercizio di un’attività organizzata in forma d’impresa.
L’applicazione della nuova disciplina, inoltre, è esclusa anche nel caso di attività commerciale non esercitata abitualmente, i cui redditi sono compresi tra i redditi occasionali (ex articolo 67, comma 1, lett. i, Tuir).

Come già anticipato, la nuova disciplina si applica anche ai contratti di sublocazione e a quelli stipulati dal comodatario che concede a terzi la disponibilità dell’immobile a titolo oneroso. Il legislatore, quindi, ha delineato l’ambito applicativo in base alla causa del contratto e non in base al diritto che ha sull’immobile colui che lo mette a disposizione.

I contratti in esame devono avere a oggetto immobili aventi destinazione residenziale situati in Italia (categorie catastali da A1 a A11, esclusa A10) e le relative pertinenze (box, posti auto, cantine, soffitte, ecc.) nonché singole stanze dell’abitazione.
Oltre alla messa a disposizione dell’abitazione, il contratto può avere a oggetto la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali (servizi strettamente funzionali alle esigenze abitative di breve periodo).
Sul punto la circolare precisa che tra i servizi rilevanti ai fini dell’applicazione del nuovo regime devono essere inclusi anche altri servizi come, ad esempio, la fornitura di utenze, wi-fi, aria condizionata.

Al contrario, la disciplina in esame non è applicabile se, insieme alla messa a disposizione dell’abitazione, sono forniti servizi aggiuntivi che non presentano una necessaria connessione con la finalità residenziale dell’immobile, quali, ad esempio, la fornitura della colazione, la somministrazione di pasti, la messa a disposizione di auto a noleggio o di guide turistiche o di interpreti, essendo in tal caso richiesto un livello seppur minimo di organizzazione, non compatibile con il semplice contratto di locazione, come nel caso della attività di bed and breakfast occasionale.

La locazione breve non deve avere una durata superiore a 30 giorni. Il termine deve essere considerato in relazione a ogni contratto. Quindi, se nel corso dello stesso anno tra le stesse parti vengono stipulate più locazioni brevi, il termine va riferito a ogni singolo contratto.
In ogni caso, se la durata delle locazioni che in un anno intervengono tra le medesime parti è complessivamente superiore a 30 giorni, è necessario provvedere alla registrazione del contratto.

Gli adempimenti a carico degli intermediari
Nell’ambito della nuova normativa, un ruolo significativo viene attribuito a coloro che agiscono da intermediari (sia essi residenti o non residenti) per la conclusione del contratto di locazione breve o che intervengono nel pagamento del corrispettivo.
Peraltro, sono coinvolti anche coloro che, attraverso la gestione di portali online, mettono in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che hanno unità immobiliari da locare.
Ne deriva che la nozione di intermediario rilevante per l’applicazione del regime è molto ampia. Sono, quindi, tenuti al rispetto degli obblighi introdotti dalla disciplina in esame sia coloro che esercitano la professione di mediatore (cfr legge 39/1989) sia tutti coloro attraverso i quali vengono stipulati contratti di locazione breve come, ad esempio, quei soggetti che, in via abituale anche se non esclusiva, offrono strumenti tecnici e informatici per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di locazioni brevi e, pertanto, intervengono nella conclusione del contratto tra locatore e conduttore.
Sono interessati sia gli intermediari che operano in forma individuale sia quelli che agiscono in forma associata, che agiscono per la conclusione di contratti di locazione breve stipulati online o offline.

In relazione ai contratti di locazione breve stipulati a partire dal 1° giugno 2017, gli intermediari devono effettuare i seguenti adempimenti (allo scopo di facilitare l’assoggettamento a tassazione dei redditi prodotti dal locatore persona fisica):

  • se intervengono nella stipula, devono comunicare i dati relativi ai contratti (si ricorda che i dati da trasmettere sono stati individuati con il provvedimento 12 luglio 2017 – vedi “Locazioni brevi: modalità operative per comunicare i dati dei contratti”) e conservare gli elementi posti a base delle informazioni comunicate
  • se incassano o intervengono nel pagamento del canone di locazione o dei corrispettivi lordi, devono operare una ritenuta nella misura del 21% sul relativo ammontare, provvedendo al versamento e alla relativa certificazione, nonché a conservare i dati dei pagamenti o dei corrispettivi.

Tali adempimenti non devono essere eseguiti per i contratti di locazione breve rispetto ai quali le trattative si sono concluse prima del 1° giugno 2017, anche se il pagamento del corrispettivo o la data di utilizzo dell’immobile sono successivi.
Inoltre, per i contratti di locazione breve stipulati attraverso intermediari è rilevante il momento in cui il conduttore ha ricevuto conferma della prenotazione.

La circolare ricorda che, come previsto dal provvedimento dello scorso luglio, gli intermediari assolvono gli adempimenti sulla base dei dati comunicati dal locatore. Pertanto, essi sono tenuti a richiedere i dati, ma non a verificarne l’autenticità. La responsabilità circa la veridicità dei dati, quindi, ricade sul locatore il quale è comunque responsabile della corretta tassazione del reddito e del corretto adempimento di altri eventuali obblighi tributari connessi al contratto nonché della mendacità delle proprie dichiarazioni.

Tuttavia, gli intermediari potranno tener conto anche di altre informazioni in loro possesso, rilevanti ai fini fiscali. Essi, ad esempio, potranno non effettuare gli adempimenti, ritenendo che la locazione sia riconducibile all’esercizio di una attività d’impresa, qualora il locatore abbia comunicato loro il numero di partita Iva per la compilazione della fattura relativa alla prestazione di intermediazione.

La comunicazione dei dati e la effettuazione della ritenuta devono essere eseguiti anche nel caso in cui l’intermediario si avvalga a sua volta di altri intermediari. È il caso, ad esempio, dell’agenzia immobiliare che, dopo aver ricevuto dal proprietario dell’immobile l’incarico di locarlo, inserisce l’offerta di locazione su una piattaforma online. Se il contratto viene concluso tramite quest’ultima, l’agenzia è tenuta a comunicare i relativi dati. In tal caso, inoltre, l’agenzia sarà tenuta a operare la ritenuta se interviene nel pagamento del contratto. Sarà cura dell’agenzia, quindi, rendere esplicito al gestore della piattaforma la veste nella quale opera, in modo che questi non effettui gli adempimenti.

Trasmissione dei dati
Come detto, i dati che gli intermediari devono trasmettere, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del contratto, sono stati individuati dal provvedimento del 12 luglio: nome, cognome e codice fiscale del locatore, durata del contratto, importo del corrispettivo lordo e indirizzo dell’immobile.
La trasmissione deve avvenire attraverso i servizi dell’Agenzia delle entrate in conformità alle specifiche tecniche che saranno successivamente pubblicate.
Per il 2017, la comunicazione deve riguardare i soli contratti conclusi a partire dal 1° giugno.

La circolare precisa che sono tenuti alla trasmissione dei dati solo gli intermediari che, oltre a favorire l’incontro tra domanda e offerta di abitazione, forniscono anche un supporto professionale o tecnico informatico nella fase del perfezionamento dell’accordo.
L’obbligo di comunicazione, quindi, sussiste se il conduttore ha accettato la proposta di locazione tramite l’intermediario o aderendo all’offerta di locazione tramite la piattaforma online.
Al contrario, nel caso in cui il locatore si avvalga dell’intermediario solo per proporre l’immobile in locazione, ma il conduttore comunichi direttamente al locatore l’accettazione della proposta, l’intermediario non è tenuto a comunicare i dati in quanto ha solo contribuito a mettere in contatto le parti, rimanendo estraneo alla conclusione dell’accordo.

In caso di recesso dal contratto di locazione breve, gli intermediari non sono tenuti a trasmettere i dati. Se il recesso interviene dopo la trasmissione, l’intermediario dovrà rettificare la comunicazione, utilizzando le modalità informatiche predisposte dall’Agenzia.

Infine, la circolare ricorda che l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati è punita con la sanzione da 250 a 2mila euro, ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i 15 giorni successivi alla scadenza ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.
Non è sanzionabile l’incompleta o errata comunicazione dei dati del contratto se causata dal comportamento del locatore.

Applicazione della ritenuta
Gli intermediari tenuti a operare la ritenuta sono quelli che intervengono nel pagamento o nella riscossione del canone.
La circolare precisa che l’obbligo scatta in tutte le ipotesi in cui l’intermediario interviene nella fase in cui è assolta l’obbligazione pecuniaria prevista dal contratto, partecipando al pagamento del corrispettivo da parte del conduttore e/o alla riscossione da parte del locatore.
In ogni caso, la materiale disposizione delle risorse finanziarie impone all’intermediario di effettuare su tali somme il prelievo del 21% a titolo di ritenuta da versare all’erario.
Sulla base di tale assunto di carattere generale, l’Agenzia chiarisce che:

  • in caso di pagamento mediante assegno bancario intestato al locatore, l’intermediario, non avendo la materiale disponibilità delle risorse finanziarie su cui operare la ritenuta, non è tenuto a tale adempimento, anche se l’assegno è consegnato al locatore per il suo tramite
  • in caso di pagamento del canone mediante carte di pagamento (carte di credito, di debito, prepagate) gli intermediari autorizzati (banche, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, Poste Italiane s.p.a.), nonché le società che offrono servizi di pagamento digitale e di trasferimento di denaro in internet (ad esempio, PayPal), non svolgendo attività di intermediazione, non sono tenuti a operare la ritenuta che deve eventualmente essere effettuata dall’intermediario che incassa il canone o interviene nel pagamento. 

Nel caso in cui l’intermediario abbia delegato un terzo all’incasso del canone e all’accredito del relativo importo al locatore, scatta comunque l’obbligo di operare la ritenuta e di effettuare gli adempimenti di versamento e di certificazione della ritenuta, nonché di comunicazione dei dati relativi al contratto.

La ritenuta del 21% deve essere applicata sull’importo del canone o corrispettivo lordo indicato nel contratto di locazione breve.
Eventuali penali o caparre o depositi cauzionali, invece, non devono essere assoggettati a ritenuta.
Nel corrispettivo lordo sono incluse anche le somme eventualmente addebitate a titolo forfettario per la fornitura di prestazioni accessorie.
Le spese per i servizi accessori non concorrono al corrispettivo lordo solo quando sono sostenute direttamente dal conduttore o sono a lui riaddebitate dal locatore sulla base dei costi e dei consumi effettivamente sostenuti.

Ci si è posti il dubbio circa l’inclusione o meno nel corrispettivo lordo della provvigione dovuta all’intermediario.
Sulla questione la circolare precisa che la provvigione:

  • non risulta compresa nel corrispettivo lordo quando è addebitata direttamente dall’intermediario al conduttore e quando l’intermediario la addebita direttamente al locatore, il quale non la ribalta sul conduttore
  • concorre, invece, alla determinazione del corrispettivo lordo da assoggettare a ritenuta se è trattenuta dall’intermediario sul canone dovuto al locatore in base al contratto. 

Da tali considerazioni è possibile trarre la regola generale secondo cui “l’intermediario opera la ritenuta sull’intero importo indicato nel contratto di locazione breve che il conduttore è tenuto a versare al locatore”.

Con riferimento all’applicazione della ritenuta, la circolare ricorda che:

  • deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è operata
  • gli intermediari sono tenuti a certificare e a dichiarare le ritenute operate
  • mediante la certificazione, gli intermediari che operano la ritenuta assolvono anche l’obbligo di comunicazione dei dati e non sono, pertanto, tenuti all’ulteriore trasmissione degli stessi
  • nel caso di recesso dal contratto, la ritenuta, se eventualmente già operata dall’intermediario, versata e certificata, è recuperata dal locatore in sede di dichiarazione dei redditi o chiesta a rimborso mentre, invece, potrà essere restituita al locatore e recuperata dall’intermediario in compensazione se la disdetta del contratto è antecedente alla certificazione
  • con la risoluzione n. 88/E del 5 luglio 2017 sono stati istituiti il codice tributo “1919”, da utilizzare per il versamento della ritenuta tramite modello F24, e codici “1628” e “6782” da utilizzare per recuperare eventuali eccedenze di versamento (vedi “Locazioni brevi: il codice tributo per versare la ritenuta sui canoni”)
  • la mancata applicazione della ritenuta da parte dell’intermediario è punita con una sanzione amministrativa pari al 20% dell’ammontare non trattenuto, ferma restando la possibilità di ricorre al ravvedimento operoso. 

La ritenuta deve essere applicata ai canoni di locazione e ai corrispettivi derivanti da contratti stipulati a partire dal 1° giugno 2017, con il conseguente obbligo di versamento entro il 16 del mese successivo.
Sul punto, però, la circolare precisa che l’amministrazione finanziaria potrà tener conto delle difficoltà di natura gestionale che gli operatori possono aver incontrato nella effettuazione degli adempimenti relativi alle ritenute, anche alla luce della circostanza che, in attesa della conversione in legge del Dl 50/2017, il provvedimento è stato emanato il 12 luglio 2017.
Pertanto, si potrà escludere l’applicazione delle sanzioni per l’omessa effettuazione delle ritenute fino all’11 settembre 2017.
Tuttavia, gli intermediari saranno comunque sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017 e da versare entro il 16 ottobre 2017.
Per gli intermediari che hanno applicato la ritenuta, pur in assenza del provvedimento, resta fermo l’obbligo di effettuare il versamento entro il 16 del mese successivo.
Altresì, resta in ogni caso fermo l’obbligo di comunicazione dei dati dei contratti stipulati a partire dal 1° giugno 2017 in quanto l’adempimento deve essere eseguito nel 2018, con un ampio margine di tempo, quindi, a disposizione degli intermediari.

Conservazione dei dati
Il terzo adempimento in capo agli intermediari che intervengono nella stipula del contratto e/o nell’incasso dei canoni o corrispettivi è la conservazione degli elementi posti a base delle informazioni da comunicare e dei dati dei pagamenti in cui sono intervenuti o dei corrispettivi incassati.
Tali dati devono essere conservati per il periodo previsto per la notifica degli avvisi di accertamento, quindi fino al 31 dicembre del quinto anno successivo (cfr articolo 43, Dpr 600/1973).

Intermediari non residenti
Si è già detto che gli adempimenti sopra descritti devono essere effettuati da tutti gli intermediari, compresi quelli fiscalmente non residenti in Italia.
A tal proposito, la circolare, richiamando il provvedimento del 12 luglio, ricorda che gli intermediari non residenti:

  • se sono in possesso di una stabile organizzazione in Italia, adempiono gli obblighi di comunicazione per il tramite della stessa
  • se, invece, sono privi di stabile organizzazione, si avvalgono di un rappresentante fiscale, in qualità di responsabile d’imposta (da individuare tra i soggetti indicati dall’articolo 23, Dpr 600/1973), che provvede anche alla richiesta di attribuzione del codice fiscale dei soggetti rappresentati qualora non ne siano in possesso. 

Regime fiscale: base imponibile
Per espressa previsione normativa, il reddito derivante dai contratti di locazione breve può essere assoggettato, su opzione del locatore, al regime della cedolare secca.
Sul punto, la circolare ricorda che il regime dell’imposta sostitutiva era già applicabile ai redditi fondiari derivanti dalle locazioni anche di breve durata. La novità, quindi, consiste nel fatto che lo stesso risulta ora esteso ai redditi diversi derivanti dai contratti di sublocazione e ai contratti stipulati dal comodatario per la concessione a terzi del godimento dell’immobile abitativo.

Per quanto riguarda la sublocazione, l’applicazione della cedolare secca non modifica la qualificazione reddituale dei proventi derivanti da tale contratto.

Per quanto concerne, invece, la concessone in godimento dell’immobile da parte del comodatario, la circolare chiarisce che, per effetto delle nuove disposizioni che prevedono l’applicazione della ritenuta in capo al comodatario, il comodante resta titolare del reddito fondiario derivante dal possesso dell’immobile oggetto di comodato, mentre il comodatario/locatore diventa titolare del reddito derivante dal contratto di concessione in godimento, qualificabile come reddito diverso assimilabile alla sublocazione.

Quindi, per le locazioni brevi vengono superati i precedenti orientamenti di prassi che attribuivano al comodante la titolarità del reddito fondiario determinato tenendo conto anche dei corrispettivi derivanti dal contratto di locazione stipulato dal comodatario/locatore (cfr risoluzione n. 381/E e risoluzione n. 394/E del 2008).

La qualificazione reddituale dei proventi derivanti dal contratto di locazione non cambia anche nel caso in cui il contratto preveda la fornitura di servizi accessori strettamente connessi alla funzionalità dell’immobile.

Tutti i titolari dei redditi derivanti dai contratti di locazione breve possono optare per l’applicazione della cedolare secca sui corrispettivi riscossi ovvero scegliere di assoggettarli alla tassazione Irpef ordinaria.

Regime fiscale: dichiarazione e versamento
Il richiamo alla disciplina della cedolare secca implica che ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve si applicano le stesse disposizioni previste con riguardo al regime sostitutivo in materia di dichiarazione, liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso.

Ne deriva che la scelta per il regime agevolato si effettua con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i canoni di locazione sono maturati o i corrispettivi sono riscossi ovvero, nell’ipotesi di eventuale registrazione del contratto, in tale sede.

Il locatore può esercitare l’opzione per ciascuno dei contratti stipulati, salvo il caso in cui siano locate singole porzioni della stessa abitazione per periodi in tutto o in parte coincidenti. In tal caso, infatti, l’esercizio dell’opzione per il primo contratto vincola anche il regime del contratto successivo.

Nell’ipotesi in cui il contratto di locazione sia stipulato da uno solo dei comproprietari, solo quest’ultimo può scomputare la ritenuta subita dal proprio reddito complessivo o chiedere il rimborso della maggior ritenuta subita sulla quota di reddito a lui non imputabile, qualora non abbia capienza per scomputarla dall’imposta dovuta sul reddito complessivo.
Gli altri comproprietari, invece, devono assoggettare a tassazione il reddito a essi imputabile pro-quota in sede di dichiarazione, applicando la cedolare secca o il regime ordinario di tassazione.

In sintesi, quindi, il locatore deve riliquidare l’imposta dovuta sul canone di locazione:

  • se non sceglie il regime sostitutivo della cedolare secca
  • se non ha subito la ritenuta (ad esempio, per i canoni incassati dagli intermediari prima del 12 settembre 2017)
  • se l’intermediario ha effettuato la ritenuta in assenza dei presupposti
  • nel caso in cui la ritenuta subita è maggiore dell’imposta dovuta. 

Infine, la circolare sottolinea che anche con riferimento ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve trova applicazione la disposizione secondo cui per il riconoscimento di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, nonché ai fini dell’Isee, si deve comunque tener conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.

Bonus ristrutturazioni edilizie: nuovo aggiornamento della guida

A completare il quadro delle agevolazioni fiscali previste quando sugli edifici si effettuano interventi che comportano una riduzione del rischio sismico, arrivano le detrazioni maggiorate per l’acquisto di immobili nei comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”.
Questa è la principale novità contenuta nella nuova edizione della guida “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali”.
Come è ormai noto, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità di usufruire di detrazioni più elevate quando alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione consegua una riduzione del rischio sismico dell’edificio. In particolare, per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 si può contare:

  • su una detrazione del 70% della spesa sostenuta, su un ammontare complessivo di 96mila euro per unità immobiliare, qualora l’esecuzione dei lavori abbia prodotto una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a una classe di rischio inferiore
  • su una detrazione dell’80%, se dall’intervento deriva il passaggio a due classi di rischio inferiori. 

La legge ha anche disposto che l’agevolazione riguarda non soltanto i lavori eseguiti su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) ma anche su quelli situati nelle zone a minor rischio (zona sismica 3). Inoltre, può essere usufruita per tutti gli immobili abitativi, e non soltanto quelli adibiti ad abitazione principale, e per quelli destinati ad attività produttive.

Le nuove detrazioni per gli interventi di demolizione e ricostruzione
Per le stesse categorie di interventi che danno diritto alle detrazioni sopra ricordate, ed è proprio questa la novità contenuta nel decreto legge n. 50/2017 e recepita nella guida, quando sono realizzati nei Comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”, chi compra un immobile facente parte di un edificio demolito e ricostruito può usufruire di una detrazione pari al 75% del prezzo di acquisto (se i lavori hanno ridotto di una classe il rischio sismico dell’edificio) o all’85% (se si passa a due classi di rischio inferiori).
Il prezzo di acquisto sul quale calcolare la detrazione è quello riportato nell’atto pubblico di compravendita. In ogni caso, la detrazione spetta entro l’ammontare massimo di 96mila euro per ogni unità immobiliare acquistata.

Per l’individuazione delle zone classificate a rischio sismico 1, bisogna far riferimento all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell’11 maggio 2006.

L’agevolazione è riconosciuta anche quando la ricostruzione dell’edificio abbia determinato una variazione di volume, rispetto alla costruzione preesistente, sempre che le norme urbanistiche vigenti lo consentano.
Altra condizione dettata dalla norma, infine, è quella che gli interventi devono essere stati eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che vendono l’immobile entro 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori.

Via libera alla cessione del credito
La guida ricorda, infine, la possibilità per i contribuenti che beneficiano dell’agevolazione di cedere il credito pari alla detrazione spettante. La cessione può avvenire a favore delle imprese che hanno effettuato gli interventi o di altri soggetti privati. Non è possibile farlo, invece, nei confronti di istituti di credito e degli intermediari finanziari.