Il meccanismo dell’inversione contabile non è applicabile all’attività di verifica degli impianti elettrici di messa a terra, svolta da organismi abilitati dal ministero delle Attività produttive, effettuati presso strutture pubbliche o private con dipendenti, che ne certificano, poi, la conformità rispetto alla normativa vigente. Si tratta, infatti, non di interventi di manutenzione, ma di “collaudi programmati” e, quindi, per il Fisco, a fatturazione ordinaria.
A chiarirlo è la risoluzione n. 111/E dell’11 agosto 2017, che condivide la soluzione proposta dall’interpellante.
A proporre il quesito è una società che utilizza il codice attività 71.20.21 Ateco 2007, “Controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi”; un codice, quindi, che non prevede alcuna attività di manutenzione o riparazione.
La precisazione è richiesta a seguito delle modifiche alla disciplina del reverse charge apportate dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 629, legge 190/2014), che ha introdotto la lettera a-ter), dell’articolo 17, sesto comma, Dpr 633/972. La nuova norma ha esteso l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, dal 1° gennaio 2015, anche alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici”.
L’Agenzia, in particolare, in merito all’estensione del reverse charge a nuove fattispecie nell’ambito del settore edile, ha fornito chiarimenti con le circolari 14/2015 e 37/2015 (vedi “Reverse charge: i nuovi confini individuati, descritti, interpretati” e “Reverse charge nel settore edile, l’Agenzia a domanda risponde”.
Per semplificare ed evitare errori di interpretazione, nella circolare 14/2017 l’amministrazione ha anche elencato le prestazioni della Tabella Ateco 2007 ammesse al meccanismo dell’inversione contabile.
Tornando alla risoluzione odierna, l’Agenzia precisa che il reverse charge è, comunque, applicato dalle ditte previste dalla nuova lettera a-ter, dell’articolo 17, Dpr 633/1972, anche se non operano nel settore edile (sezione F della classificazione Ateco).
Il documento di prassi ribadisce, inoltre, riferendosi alla già richiamata circolare 14/2015 e alla risoluzione 172/2007, che “qualora il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni Ateco relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici, ma tali attività non siano state comunicate ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, le stesse dovranno essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, con l’obbligo, da parte dello stesso prestatore di procedere all’adeguamento del codice Ateco”.
Riguardo al quesito in esame, la risoluzione ricorda che i datori di lavoro sono obbligati a effettuare verifiche degli impianti elettrici di messa a terra installati presso le proprie attività, attraverso organismi di ispezione (abilitati dal ministero delle Attività produttive sulla base della normativa tecnica europea Uni Cei o, in alternativa, dall’Asl/Arpa) e non collegati a installatori, progettisti, manutentori e consulenti di impiantistica.
In pratica, il compito delle ditte incaricate è accertare e attestare che gli impianti siano stati realizzati a “regola d’arte” in base ai requisiti tecnici richiesti.
In conclusione, considerato che il codice 71.20.21 Ateco 2007, utilizzato dalla società interpellante, non compare nell’elenco della circolare 14/2015, l’Agenzia, condividendo la soluzione proposta dalla ditta istante, esclude l’applicazione dell’inversione contabile al caso di specie, nella misura in cui l’attività svolta si limiti a certificare la corrispondenza degli impianti elettrici alle specifica normativa, prescindendo da qualsiasi intervento di manutenzione sugli impianti.
A chiarirlo è la risoluzione n. 111/E dell’11 agosto 2017, che condivide la soluzione proposta dall’interpellante.
A proporre il quesito è una società che utilizza il codice attività 71.20.21 Ateco 2007, “Controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi”; un codice, quindi, che non prevede alcuna attività di manutenzione o riparazione.
La precisazione è richiesta a seguito delle modifiche alla disciplina del reverse charge apportate dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 629, legge 190/2014), che ha introdotto la lettera a-ter), dell’articolo 17, sesto comma, Dpr 633/972. La nuova norma ha esteso l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, dal 1° gennaio 2015, anche alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici”.
L’Agenzia, in particolare, in merito all’estensione del reverse charge a nuove fattispecie nell’ambito del settore edile, ha fornito chiarimenti con le circolari 14/2015 e 37/2015 (vedi “Reverse charge: i nuovi confini individuati, descritti, interpretati” e “Reverse charge nel settore edile, l’Agenzia a domanda risponde”.
Per semplificare ed evitare errori di interpretazione, nella circolare 14/2017 l’amministrazione ha anche elencato le prestazioni della Tabella Ateco 2007 ammesse al meccanismo dell’inversione contabile.
Tornando alla risoluzione odierna, l’Agenzia precisa che il reverse charge è, comunque, applicato dalle ditte previste dalla nuova lettera a-ter, dell’articolo 17, Dpr 633/1972, anche se non operano nel settore edile (sezione F della classificazione Ateco).
Il documento di prassi ribadisce, inoltre, riferendosi alla già richiamata circolare 14/2015 e alla risoluzione 172/2007, che “qualora il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni Ateco relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici, ma tali attività non siano state comunicate ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, le stesse dovranno essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, con l’obbligo, da parte dello stesso prestatore di procedere all’adeguamento del codice Ateco”.
Riguardo al quesito in esame, la risoluzione ricorda che i datori di lavoro sono obbligati a effettuare verifiche degli impianti elettrici di messa a terra installati presso le proprie attività, attraverso organismi di ispezione (abilitati dal ministero delle Attività produttive sulla base della normativa tecnica europea Uni Cei o, in alternativa, dall’Asl/Arpa) e non collegati a installatori, progettisti, manutentori e consulenti di impiantistica.
In pratica, il compito delle ditte incaricate è accertare e attestare che gli impianti siano stati realizzati a “regola d’arte” in base ai requisiti tecnici richiesti.
In conclusione, considerato che il codice 71.20.21 Ateco 2007, utilizzato dalla società interpellante, non compare nell’elenco della circolare 14/2015, l’Agenzia, condividendo la soluzione proposta dalla ditta istante, esclude l’applicazione dell’inversione contabile al caso di specie, nella misura in cui l’attività svolta si limiti a certificare la corrispondenza degli impianti elettrici alle specifica normativa, prescindendo da qualsiasi intervento di manutenzione sugli impianti.