Il ruolo riconosciuto, da sempre, a tali principi è quello di essere la guida per la corretta rilevazione e rappresentazione contabile dei fatti gestionali.
Il loro scopo principale, quindi, è consentire la redazione di un bilancio d’esercizio rispettoso dei principi e delle norme di riferimento, al fine di ottenere un documento in grado di rappresentare imparzialmente l’entità economica e quindi di essere un veicolo informativo per gli stakeholder che a vario titolo lo utilizzano.
Tuttavia, i richiami alle corrette tecniche di rappresentazione contabile, effettuati da ogni autorevole dottrina, erano privi di un esplicito riconoscimento “legale”, arrivato, infine, il 20 agosto 2014, con la pubblicazione sulla GU della legge 116 dell’11 agosto 2014, che ha convertito il Dl 91/2014.
Infatti, con l’articolo 20, Dl 91/2014, è stato aggiunto al Dlgs 38/2005 – che disciplina l’adozione dei principi contabili internazionali – l’articolo 9-bis “Ruolo e funzioni dell’Organismo italiano di contabilità.
In particolare, al comma 1, lettera a) dell’articolo 9-bis del Dlgs 38/2005, si legge che “L’Organismo italiano di contabilità, istituto nazionale per i principi contabili emana i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione dei bilanci secondo le disposizioni del codice civile”.
Orbene, tale riconoscimento normativo, arriva immediatamente dopo la divulgazione della quasi totalità dei principi contabili rinnovati e pubblicati con la seguente sequenza:
- principi contabili Oic 15, 20 e 21, pubblicati in data 26 giungo 2014, utilizzabili a partire dai bilanci chiusi al 31 dicembre 2013
- principi contabili Oic 9, 10, 12, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 22, 23, 25, 26, 28, 29, 31, pubblicati il 5 agosto 2014 e in vigore per i bilanci chiusi dal 31 dicembre 2014
- principio contabile Oic 24, pubblicato il 28 gennaio 2015, in vigore per i bilanci chiusi dal 31 dicembre 2014.
Tra gli altri, si segnala che resta ancora da aggiornare il principio Oic 11, “Bilancio di Esercizio: finalità e postulati” la cui funzione, fondamentale, è quella di fornire “indicazioni di base” sull’applicazione degli stessi principi contabili.
La funzione di “standard setter” attribuita all’Oic e il ruolo di “migliore prassi operativa” riconosciuta ai principi contabili, lasciano ormai pochi dubbi (resta per esempio aperta ancora la questione dei derivati Oic 3) sull’interpretazione e rilevazione dei fatti gestionali nonché sul procedimento da seguire nella redazione del bilancio.
Il bilancio, così redatto, è fondamentale per poter applicare l’articolo 83 del Tuir, il quale sancisce che “Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”.
Dalla lettura delle norme citate, risulta evidente che una errata applicazione dei principi contabili può implicare conseguenze anche di carattere fiscale nella determinazione del reddito di società ed enti, ma non solo. Infatti, il principio contabile Oic 12 precisa che la sua applicazione è raccomandata anche nella redazione del bilancio delle società di persone e delle imprese individuali che svolgono attività commerciale. Restano, pertanto, pochi dubbi sulla portata generale dei principi contabili e, quindi, della loro applicabilità.
A questo punto, i contribuenti (ditte individuali, società, enti, eccetera) sono tenuti a effettuare, se non già fatta, una verifica sulla congruità delle scelte operate in sede di rilevazione delle operazioni di gestione e di redazione del bilancio, con i chiarimenti giunti dai principi contabili rinnovati, al fine di vedere riconosciute anche ai fini fiscali le loro scelte.
Infatti, per la determinazione della base imponibile, ai fini delle imposte dirette, non sempre sono previste norme tributarie che derogano ai principi contabili e alle norme di redazione di bilancio.
Pertanto, in base al principio di derivazione del reddito complessivo dal bilancio, sarà la corretta applicazione di tali norme (del codice civile) e principi contabili (Oic) a quantificare, in relazione a talune fattispecie, la parte di base imponibile che parteciperà alla determinazione del reddito complessivo da assoggettare a tassazione.
Un esempio, che poi è anche uno dei casi più frequenti, riguarda le migliorie su beni di terzi, argomento trattato dal nuovo Oic 24. Tale principio prevede che le spese incrementative e le migliorie su beni di terzi non aventi autonoma funzionalità, sono capitalizzate e ammortizzate nel periodo minore tra quello di utilità futura e quello residuo di locazione, tenendo conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore.
Inoltre, viene precisato che tali costi sono cancellati dal bilancio nel caso in cui il contratto di locazione cui si riferiscono cessi prima della scadenza originariamente pattuita.
Un’altra tipologia di casi potrebbe essere quella in cui una errata interpretazione/applicazione dei principi contabili porta a un “involontario” aggiramento di disposizioni prettamente tributarie, tali da implicare conseguenze “negative” da un punto di vista fiscale, come nel caso degli interessi passivi e quindi del rol previsto dall’articolo 96 del Tuir.
Come è noto, gli interessi passivi, nel rispetto delle condizioni esposte dal codice civile e dai principi contabili, possono essere imputati alle rimanenze (si veda l’Oic 13) oppure “capitalizzati” in caso di immobilizzazioni materiali (Oic 16) o immobilizzazioni immateriali (Oic 24).
Pertanto, nel caso in cui l’imputazione o la capitalizzazione di detti interessi passivi avvenga nel rispetto dei requisiti richiesti dalle norme e principi qui enunciati, tali interessi non concorreranno alla quantificazione del “limite del 30%” del rol.
Al contrario, nel caso in cui tali interessi passivi fossero sprovvisti dei requisiti per la deducibilità (requisiti che spesso non si limitano a quelli che consentono la capitalizzazione), si potrebbe verificare un disconoscimento o rinvio, ai fini fiscali, della deducibilità di tali componenti negativi.