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Le nuove scadenze introdotte dal D.L. 104/2020 “Decreto Agosto”

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2020 del DL 104/2020 (c.d. “Decreto Agosto”) sono state introdotte disposizioni rilevanti in materia di versamento della seconda o unica rata dell’acconto 2020 per i contribuenti soggetti ISA (art. 98) e di versamento dei tributi e contributi inizialmente sospesi ad opera del c.d. “Decreto Rilancio” in scadenza il 16 settembre 2020 (art. 97).

Proroga del termine di versamento secondo acconto

1) Requisiti soggettivi

In merito al primo punto il decreto dispone che per i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione, e chehanno subito una diminuzione del fatturato nel primo semestre 2020 di almeno il 33% rispetto al medesimo periodo dell’esercizio precedente, il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAPdovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (2020 nella generalità dei casi), è prorogato al 30 aprile 2021.

Sono ricompresi nella possibile proroga oltre che ai soggetti che applicano gli ISA o che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità dagli stessi:

– i contribuenti che adottano il Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità” (art. 27 c. 1 DL 98/2011);

– i contribuenti che applicano il “Regime forfetario” (art. 1 c. 54-89 L. 190/2014);

– i soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 TUIR, aventi i requisiti indicati nel medesimo c. 1, quindi collaboratori di imprese familiari, coniugi delle imprese coniugali, soci di società di persone e soci di soggetti IRES che aderiscono alla tassazione per trasparenza.

2) Requisiti oggettivi

Come sopra anticipato, la proroga in commento interessa esclusivamente i contribuenti che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Sul punto giova ricordare che la verifica della diminuzione dei corrispettivi o del fatturato deve essere eseguita prendendo a riferimento le operazioni eseguite nei periodi oggetto di confronto e fatturate o certificate, e che, conseguentemente, hanno partecipato alle liquidazioni periodiche di periodo, cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate e le operazioni fuori campo IVA, purché certifichino ricavi o compensi (Circ. AE 13 aprile 2020 n. 9/E par. 2.2.5, Circ. AE 21 luglio 2020 n. 22/E). La data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell’operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.1.3) e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.8.2).

Oltre a quanto precede devono essere considerate le operazioni di periodo relative a:

– note di variazione (art. 26 DPR 633/72);

– cessioni dei beni ammortizzabili;

– cessioni o operazioni soggette a ventilazione dei corrispettivi o al regime del margine oppure nel caso delle agenzie di viaggio riportando l’importo al lordo dell’IVA, ricordandosi di applicare la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020;

– aggi relativi alle cessioni di tabacchi e di giornali e riviste.

Proroga del termine di versamento per gli adempimenti tributari e contributivi inizialmente sospesi ad opera del c.d. “Decreto Rilancio” in scadenza il 16 settembre 2020

L’art. 97 del DL in commento introduce una ulteriore proroga per i versamenti in scadenza al 16 settembre 2020 relativi al periodo emergenziale già oggetto di proroga in base agli artt. 126 e 127 DL 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”) conv. in L. 77/2020.

Nel dettaglio viene prevista la possibilità di effettuare i suddetti versamenti, senza applicazione di sanzioni e interessi:

– per un importo pari al 50% delle somme sospese in unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o in alternativa in un massimo di 4 rate mensili di pari importo (prima rata entro il 16 settembre 2020);

– per la restante parte in un massimo di 24 rate mensili di pari importo (prima rata entro il 16 gennaio 2021).

Si precisa che la nuova disposizione agevolativa rappresenta una mera facoltà a favore dei contribuenti, rimane quindi possibile per gli stessi optare per il pagamento in unica soluzione o tramite rateazione (max quattro rate mensili) già previsto dal “Decreto Rilancio”.

Per completezza si rammenta che gli adempimenti interessati dalla disposizione in commento sono:

– i versamenti tributari e contributivi scadenti nel mese di marzo 2020 inizialmente prorogati dal DL 18/2020 (“Decreto Cura Italia”) conv. in L. 27/2020;

– i versamenti tributari, contributivi e assicurativi scadenti nei mesi di aprile e maggio 2020 inizialmente prorogati dal DL 23/2020 (“Decreto Liquidità”) conv. in L. 40/2020;

– le ritenute non operate in base al DM 24 febbraio 2020 nel periodo 21 febbraio 2020 – 31 marzo 2020 da parte dei soggetti della “zona rossa” di prima istituzione (per la Regione Lombardia: Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini; per la Regione Veneto: Vò);

– i versamenti di ritenute su redditi di lavoro dipendente e assimilati, contributi previdenziali ed assistenziali, premi INAIL e IVA scaduta nel mese di marzo per le federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche;

– i contributi previdenziali, assistenziali e premi INAIL sospesi nel periodo 2 marzo – 30 aprile 2020 per i soggetti esercenti le specifiche attività individuate dall’art. 61 DL 18/2020 conv. in L. 27/2020 (imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e turismo, tour operator, federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, soggetti che gestiscono stadi, impianti sportivi, palestre, piscine, soggetti che gestiscono attività di ristorazione, gelaterie, pasticcerie, bar).

Guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all’anno d’imposta 2019

CIRCOLARE N. 19/E del 8 luglio 2020

Guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all’anno d’imposta 2019: spese che danno diritto a deduzioni dal reddito, a detrazioni d’imposta, crediti d’imposta e altri elementi rilevanti per la compilazione della dichiarazione e per l’apposizione del visto di conformità.

La circolare richiama i documenti di prassi da ritenersi ancora attuali e fornisce nuovi chiarimenti non solo alla luce delle modifiche normative intervenute, ma anche delle risposte ai quesiti posti dai contribuenti in sede di interpello o dai CAF e dai professionisti abilitati per le questioni affrontate in sede di assistenza. La circolare contiene, inoltre, l’elencazione della documentazione, comprese le dichiarazioni sostitutive, che i contribuenti devono esibire e che il CAF o il professionista abilitato deve verificare al fine dell’apposizione del visto di conformità e conservare. Coerentemente, in sede di controllo documentale potranno essere richiesti soltanto i documenti indicati nella Circolare, salvo il verificarsi di fattispecie non previste. Tale indicazione rileva anche per la documentazione riguardante la prova del pagamento che, laddove necessaria, è specificatamente indicata nella circolare. Rimane fermo il potere di controllo dell’Agenzia nei confronti del contribuente in merito alla verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi per fruire delle diverse agevolazioni fiscali nonché il controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dal contribuente ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445 del 2000 con le modalità di cui all’art. 38 del medesimo decreto. A tal fine è allegato un elenco esemplificativo delle dichiarazioni che possono essere rese dal contribuente per attestare le condizioni soggettive rilevanti ai fini del riconoscimento di oneri deducibili, detraibili o crediti d’imposta, la cui falsità comporta responsabilità penale ai sensi dell’art. 76 del citato DPR n.445 del 2000.

Senza dichiarazione dei redditi non c’è impresa familiare

È necessario che ciascun partecipante attesti di aver prestato la propria attività lavorativa in modo continuativo e prevalente, altrimenti la società è considerata mera ditta individuale

Il regime fiscale di imputazione del reddito dell’impresa familiare si applica a condizione che siano rispettati tutti i presupposti giuridici previsti dalla legge, compresa l’attestazione, nella dichiarazione annuale di ciascuno dei partecipanti, di aver lavorato per l’impresa familiare. Di conseguenza, se uno dei partecipanti all’impresa omette di presentare la dichiarazione dei redditi, l’impresa non sarà più qualificata fiscalmente come “impresa familiare”, con l’attribuzione dell’intero reddito accertato al titolare.
Sono questi i temi trattati dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 9506 del 22 maggio 2020.

I fatti
La vicenda trae spunto da un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette notificato a un imprenditore per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Con l’atto impositivo de qua l’Agenzia delle entrate aveva imputato per intero in capo al titolare il maggior reddito derivante dall’attività di farmacista, esercitata in forma di impresa familiare, unitamente al fratello. Avverso il summenzionato avviso di accertamento l’imprenditore aveva proposto ricorso, chiedendo che il reddito accertato non gli fosse attribuito integralmente, ma imputato pro-quota tra i partecipanti dell’impresa familiare secondo il regime previsto dall’articolo 5 del Tuir.

Il ricorso è stato rigettato sia dalla Commissione tributaria provinciale sia da quella regionale.
I giudici d’appello hanno ritenuto infondata la doglianza di parte perché, ai fini dell’imputazione in capo a ciascun familiare del reddito derivante dalle imprese familiari è necessario che ciascuno di essi attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente. Avendo il contribuente omesso di presentare la propria dichiarazione dei redditi non è applicabile il meccanismo di imputazione previsto per le imprese familiari e, di conseguenza, è da ritenersi legittimo l’operato dell’ufficio che ha accertato per intero in capo al titolare il maggior reddito d’impresa.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 5, comma 4 del Tuir, avendo la sentenza di appello omesso ogni valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti previsti dal citato articolo 5, rappresentati e documentati nel corso del giudizio, quali: la scrittura privata recante l’indicazione nominativa dei partecipanti all’impresa familiare e delle quote attribuite ad ognuno nonché l’attestazione di ciascun partecipante di avere lavorato per l’impresa familiare.
I giudici della Suprema corte hanno ritenuto inammissibili i motivi di doglianza e rigettato il ricorso proposto dal contribuente.

La decisione della Corte
Con la decisione in commento la Corte di cassazione ha fornito indicazioni in merito al regime di imputazione del reddito nell’impresa familiare, disciplinata dal punto di vista civilistico dall’articolo 230-bis cc, che considera tale l’impresa nella quale collaborano i componenti della famiglia, che prestano in modo continuativo la propria attività lavorativa.
La disciplina fiscale dell’impresa familiare è contenuta al comma 4 dell’articolo 5 del Tuir che, oltre a stabilire l’imputabilità dei redditi, nei limiti del 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, a ciascun familiare proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, elenca i requisiti affinché si possa applicare lo speciale regime.
In particolare, le disposizioni in materia di tassazione dei redditi dell’impresa familiare si applicano a condizione che:

  1. i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti
  2. la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente, nel periodo d’imposta
  3. ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.

Uniformandosi all’orientamento prevalente, la Corte di cassazione ha ancora una volta ribadito che “i proventi derivanti dall’esercizio di un’impresa familiare vanno imputati ai singoli partecipanti a condizione che sussistano i presupposti giuridici indicato dall’art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 917 del 1986 per la qualifica di questi ultimi come collaboratori familiari, ossia l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa, le quote loro attribuite nonché l’attestazione, nella dichiarazione annuale di ciascuno dei partecipanti, di aver lavorato per l’impresa familiare”.

Considerando che, nel caso di specie, il contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, manca proprio l’attestazione di aver prestato la propria attività lavorativa nell’impresa in modo continuativo e prevalente. Tale omissione evidentemente non consente di qualificare fiscalmente l’impresa come “impresa familiare” ma come mera ditta individuale a cui non può farsi applicazione il regime previsto dal citato articolo 5.
Di conseguenza i familiari collaboratori non possono essere considerati contitolari dell’impresa familiare e i redditi a loro imputati sono “redditi di puro lavoro, non assimilabili a quello di impresa” (cfr Cassazione n. 2472/2017), e ciò nonostante i partecipanti siano stati indicati come tali nella scrittura privata tra loro sottoscritta.

Rinvio ufficiale al 20 luglio dei versamenti fiscali

L’allungamento dei termini riguarda anche i contribuenti a regime forfetario, chi applica il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile, le società che hanno optato per la trasparenza fiscale

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri, 29 giugno, il Dpcm 27 giugno 2020, che fa slittare al prossimo 20 luglio i versamenti fiscali dei contribuenti soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), in scadenza oggi, 30 giugno. Rinviato, di conseguenza, al prossimo 20 agosto anche il termine dei pagamenti con maggiorazione dello 0,40% a titolo di interessi, fissato, ordinariamente, al 30 luglio. L’ampliamento della finestra temporale è stato disposto, come precisato nel comunicato Mef del 22 giugno che ha anticipato la proroga, in considerazione delle esigenze generali rappresentate dagli intermediari e dai contribuenti in relazione agli adempimenti fiscali e del perdurare della situazione emergenziale dovuta al Covid-19.

Il differimento è previsto per quest’anno per i contribuenti sottoposti a Isa, anche forfetari, che dichiarano ricavi e compensi non superiori al limite stabilito per lo specifico indice sintetico di affidabilità fiscale dal decreto Mef di approvazione e riguarda le imposte emerse dalla dichiarazione dei redditi, l’Iva connessa agli ulteriori componenti positivi dichiarati per migliorare il profilo di affidabilità, l’Irap e le altre imposte che seguono le scadenze delle imposte sui redditi, altrimenti in scadenza al 30 giugno. In pratica, sono stati rinviati il saldo 2019 e il primo acconto 2020.
Nel dettaglio, il decreto prevede senza maggiorazioni i suddetti pagamenti effettuati entro il 20 luglio, dovuti ordinariamente a fine giugno, con maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse quelli eseguiti dal 21 luglio al 20 agosto 2020.

Possono usufruire dell’agevolazione anche gli operatori che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità degli Isa, compresi i contribuenti che adottano il regime di vantaggio previsto per incentivare l’imprenditoria giovanile (articolo 27, comma 1, del decreto legge n. 98/2011), i forfetari (articolo 1, commi da 54 a 89, legge 190/2014) e i componenti delle società, associazioni e imprese appartenenti alle ipotesi previste dagli articoli 5 (redditi prodotti in forma associata), 115 (opzione per la trasparenza fiscale) e 116 (opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria) del Tuir.

Invariati, invece, i termini di pagamento per i soggetti Ires con versamenti in scadenza non al 30 giugno, in relazione alla data di approvazione del bilancio o del rendiconto o che hanno dichiarato ricavi superiori a quelli previsti dagli indici di affidabilità.

Bonus vacanze: in arrivo dall’Agenzia le istruzioni e le modalità di fruizione

Il provvedimento del 17 giugno 2020, firmato oggi dal direttore Ernesto Maria Ruffini, sentito l’Inps e acquisito il parere favorevole dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, fornisce le indicazioni operative sugli aventi diritto, le modalità di fruizione e tutti i passi da compiere per richiedere, attivare e utilizzare il bonus vacanze previsto dall’articolo 176 decreto “Rilancio” (Dl n. 34/2020) per famiglie e imprese turistiche che effettuano servizi sul territorio nazionale. Inoltre è già consultabile una guida dell’Agenzia, “Bonus vacanze”, disponibile online nell’area del sito web istituzionale che ospita le guide fiscali “L’Agenzia informa” e nella sezione dedicata di FiscoOggi, che illustra tutti i passaggi per richiedere l’agevolazione, ricorda le date da segnare e definisce gli importi di cui possono fruire le famiglie, in base al numero dei componenti. Infine, un pratico vademecum richiama in moduli schematici i principali dettagli del beneficio.

Come chiarisce il provvedimento di oggi, l’agevolazione è rivolta spetta ai nuclei familiari con un reddito Isee non superiore a 40mila euro ed è destinata al pagamento di servizi offerti in Italia da imprese turistico-ricettive, agriturismi e bed&breakfast. Il beneficio consiste in un bonus massimo di 150 euro per nuclei familiari composti da una persona, 300 euro per nuclei di due persone e 500 euro per nuclei di tre o più persone. Il bonus può essere può essere richiesto e utilizzato sul territorio nazionale dal 1° luglio al 31 dicembre 2020 da uno dei componenti del nucleo familiare, anche diverso dal soggetto che lo richiede. Per fruire dell’agevolazione, ricordiamo, le spese devono essere sostenute in un’unica soluzione per i servizi resi da una sola struttura ricettiva e vanno documentate con fattura o documento commerciale o scontrino/ricevuta fiscale, con indicazione del codice fiscale di chi intende fruire del bonus.
L’agevolazione può essere utilizzata da uno dei componenti della famiglia per l’80% – a partire del 1° luglio e fino al 31 dicembre 2020 – sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore del servizio turistico e per il 20% come detrazione dalle imposte dovute nella dichiarazione dei redditi da presentare nel 2021.

Per l’attuazione delle fasi di richiesta e di fruizione del bonus vacanze è stata attivata una cooperazione tra Agenzia delle entrate, PagoPa Spa e Inps.
Il provvedimento odierno prevede che un componente per ciascun nucleo familiare potrà richiedere il bonus, a partire dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, attraverso l’applicazione per dispositivi mobili IO, l’app dei servizi pubblici resa disponibile da PagoPa Spa e accessibile mediante identità digitale Spid o Carta di identità elettronica (Cie 3.0), dopo aver verificato di averne  diritto (se ha, cioè, una Dichiarazione sostitutiva unica – Dsu – in corso di validità, da cui risulti un indicatore Isee sotto la soglia di 40mila euro).
Verificati i requisiti, l’app IO confermerà l’attivazione del bonus vacanze e il richiedente riceverà, a conferma, il codice univoco e il QR-code identificativi dell’incentivo spettante.
Per poter accedere al bonus è quindi importante, anche prima del 1° luglio 2020:

  • assicurarsi di avere presentato una Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) per il calcolo dell’Isee
  • dotarsi di una identità digitale Spid, se non si è già in possesso di una Carta d’identità elettronica abilitata per l’accesso all’app IO (versione Cie 3.0)
  • installare sul proprio smartphone IO – l’app dei servizi pubblici.

Il provvedimento illustra i vari passi da seguire per la fruizione dello sconto sul corrispettivo: uno dei componenti del nucleo familiare dovrà comunicare al momento del pagamento all’operatore turistico il codice univoco o il QR-code ottenuti e, dopo verifica da parte del fornitore – effettuata in tempo reale nella procedura web dedicata, disponibile nell’area riservata del sito internet delle Entrate, accessibile con le ordinarie modalità di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia (Spid, CIE, credenziali Entratel/Fisconline) – si vedrà riconosciuto lo sconto sull’ammontare del corrispettivo dovuto per il servizio turistico. Oltre al codice, il bonus visualizzato nell’app include anche il riepilogo dei seguenti dati: l’importo dello sconto e quello del beneficio fiscale, l’elenco di tutti i componenti del nucleo familiare a cui è attribuito il bonus e il periodo entro cui è possibile utilizzarlo.

A perfezionamento della fruizione, l’operatore turistico emetterà fattura o documento commerciale o scontrino/ricevuta fiscale intestati al componente del nucleo familiare che fruisce dello sconto.

L’operatore turistico potrà recuperare il credito d’imposta derivante dagli sconti praticati utilizzandolo in compensazione delle imposte, mediante indicazione sul modello F24 dell’importo spettante e del codice tributo che verrà istituito da una prossima risoluzione.
Vengono inoltre fissate le modalità per la cessione di tale credito d’imposta a soggetti terzi, tra i quali anche banche e intermediari finanziari: a tal fine, viene prevista un’apposita procedura web sul sito dell’Agenzia, mediante la quale l’operatore turistico potrà comunicare la cessione totale o parziale del suo credito d’imposta.

Il documento si conclude con il riferimento alle rigorose regole per il trattamento dei dati personali da parte dell’Agenzia e di PagoPa Spa, definite previo parere favorevole dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.

Isa: la circolare con i chiarimenti per il secondo anno di applicazione

 

Dall’analisi degli Isa evoluti con il Dm 24 dicembre 2019 alle recenti novità del decreto “Rilancio”, passando per le modalità applicative previste per il periodo d’imposta. 2019 e le risposte fornite in relazione alle richieste di chiarimento in merito all’applicazione degli Indici stessi. Sono questi i temi principali su cui si sofferma la circolare n. 16/E del 16 giugno 2020, con la quale l’Agenzia delle entrate fornisce i chiarimenti relativi al secondo anno di applicazione degli Isa.

La circolare è composta da una parte generale e da due allegati.
Nel corpo sono illustrate le novità degli Isa per il periodo d’imposta 2019, mentre gli allegati contengono:

  • uno schema di sintesi degli Isa interessati dalle prossime evoluzioni, con le informazioni richieste a tal fine nei modelli di quest’anno
  • l’elenco degli ISA evoluti con il Dm 24 dicembre 2019.

Di seguito, evidenziamo, in sintesi, le questioni più rilevanti affrontate nel documento di prassi.

Le novità Isa
Le novità relative agli Isa, per il periodo d’imposta 2019, hanno riguardato sia gli aspetti di normazione secondaria che quelli relativi alle modalità di elaborazione e applicazione degli Indici stessi.

Quelle introdotte con i  decreti 24 dicembre 2019 e 28 febbraio 2020
Nella circolare sono illustrate le novità inserite nel decreto di fine 2019, con il quale sono stati evoluti 89 Isa e in quello di febbraio 2020, con cui gli indici sintetici di affidabilità fiscale sono stati integrati per tenere conto, come stabilisce il comma 2 dell’articolo 9-bis del Dl n. 50/2017, “di situazioni di natura straordinaria, anche correlate a modifiche normative e ad andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinate attività economiche o aree territoriali”.
In particolare, le innovazioni introdotte con il Dm del 2019  hanno riguardato:

  • l’approvazione di 89 evoluzioni, comprensive di 20 Isa per cui è stata anticipata l’evoluzione, e di 3 specifici indicatori territoriali per tenere conto del luogo in cui viene svolta l’attività economica
  • la modifica della formula degli indicatori “Incidenza dei costi residuali di gestione”, applicabile alle attività d’impresa, “Incidenza delle altre componenti negative sulle spese” applicabile alle attività di lavoro autonomo, in modo che il calcolo sia effettuato al netto degli oneri per imposte e tasse
  • la modifica della metodologia di stima dei ricavi operata ai fini dell’attribuzione del punteggio riguardante gli indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, relativa alle diverse basi imponibili; tale stima, ad eccezione di alcuni specifici Isa, è ora comprensiva dei proventi delle attività per le quali si percepiscono aggi o ricavi fissi
  • la metodologia per il trattamento dei passaggi competenza-cassa e viceversa per il periodo d’imposta 2019
  • la soppressione di alcuni “Indicatori di anomalia”, cui consegue la semplificazione delle correlate variabili “precalcolate” per il periodo d’imposta 2019,

e quelle arrivate con il Dm del 2020, invece, hanno prodotto:

  • l’aggiornamento delle analisi territoriali a seguito dell’istituzione dei nuovi comuni nel 2019
  • l’individuazione degli indici di concentrazione della domanda e dell’offerta per area territoriale, al fine tener conto di possibili situazioni di vantaggio o svantaggio competitivo derivante dalla particolare collocazione territoriale
  • l’individuazione delle misure di ciclo settoriale, per tener conto, in fase di applicazione degli Isa, dell’andamento di eventuali variazioni congiunturali verificatesi nei settori e nei territori
  • la modifica del coefficiente individuale che partecipa al calcolo della stima dei ricavi/compensi e del valore aggiunto
  • l’esclusione dall’applicazione degli Isa, per il periodo d’imposta 2019, dei soggetti che partecipano a un gruppo Iva di cui al Titolo V-bis del Dpr n. 633/1972.

Rispetto a tutti questi temi, il documento di prassi si sofferma, in particolare, sulla modifica del coefficiente individuale che partecipa al calcolo della stima dei ricavi/compensi e del valore aggiunto; tale modifica, infatti, opera in modo da tenere conto dell’entità della flessione dei ricavi/compensi dichiarati nell’anno di riferimento rispetto al passato e dell’apporto del coefficiente individuale nella stima dei ricavi/compensi e del valore aggiunto.
Al riguardo, dunque evidenzia che, quanto maggiore è la flessione dei ricavi/compensi dichiarati dal contribuente nell’anno di applicazione rispetto al passato e quanto maggiore è il contributo del coefficiente individuale nelle stime dei ricavi/compensi e/o del valore aggiunto, tanto maggiore sarà la riduzione prodotta dal correttivo nelle stime stesse.
La circolare rivolge particolare attenzione anche alla nuova ipotesi di esclusione dall’applicazione degli Isa, introdotta con il Dm di febbraio, che riguarda i soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione e partecipano a un gruppo Iva, precisando che l’esclusione, limitata al solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, deve ritenersi finalizzata all’acquisizione degli elementi conoscitivi indispensabili per poter valutare la possibilità di applicare correttamente gli Isa ai soggetti interessati dall’istituto “gruppo Iva”.

Altro tema su cui la circolare si sofferma, riguarda la modifica del criterio con cui sono confrontati i ricavi/compensi dichiarati, con quelli presunti in base agli indicatori elementari di affidabilità. In particolare, sottolinea che, attraverso tale modifica, la stima dei ricavi operata ai fini dell’attribuzione del punteggio relativo agli indicatori elementari di affidabilità, sarà comprensiva dei proventi delle attività per le quali si percepiscono aggi o ricavi fissi, con l’abbandono (a esclusione di taluni Isa) del meccanismo utilizzato in passato, per la neutralizzazione della componente relativa all’attività di vendita di generi soggetti ad aggio o ricavo fisso, che consentiva di escludere dalla stima i proventi derivanti da tali attività.

Le novità della modulistica
In conseguenza delle modifiche al criterio di confronto dei ricavi/compensi dichiarati con quelli stimati, sono stati quindi rivisitati anche i criteri di compilazione del quadro contabile per le imprese dei modelli Isa. Questa novità, insieme alle altre relative alla modulistica, sono state affrontate in uno specifico paragrafo.
Nel dettaglio, i temi relativi alla modulistica Isa riguardano:

  • il quadro F degli elementi contabili d’impresa, in cui le componenti positive e negative di reddito dovranno essere indicate facendo riferimento, in maniera indistinta, sia ai beni ad aggio o ricavo fisso che a tutti gli altri beni
  • il nuovo quadro H degli elementi contabili di lavoro autonomo predisposto per gli Isa delle attività professionali approvati nel 2019. L’introduzione del nuovo quadro H è correlata al processo di omogeneizzazione delle informazioni richieste ai fini dell’applicazione degli Indici e delle informazioni necessarie per la determinazione del reddito di lavoro autonomo presenti all’interno del quadro RE dei modelli Redditi, di cui il quadro H eredita sostanzialmente la struttura e la composizione dei righi
  • il quadro E – Dati per la revisione, previsto per alcuni modelli Isa approvati per il periodo d’imposta 2019, con il quale vengono chieste ulteriori informazioni utili per le future attività di analisi correlate all’elaborazione degli Isa per le prossime annualità.

Gli ulteriori dati dell’Agenzia delle entrate

Con riferimento agli ulteriori dati forniti dall’Agenzia per consentire l’applicazione degli Isa, la circolare evidenzia che, nell’ottica di rendere l’adempimento quanto più possibile agile, il “pacchetto” di informazioni “precalcolate” risulta molto ridotto rispetto a quello fornito per la precedente annualità. Sono state, infatti, eliminate numerose variabili precalcolate che hanno comportato anche la conseguente eliminazione degli indicatori di anomalia a esse correlati.
In relazione alle modalità con cui l’Agenzia delle entrate rende disponibili ai contribuenti, ovvero ai soggetti incaricati della trasmissione telematica, tali ulteriori dati, la circolare segnala che non c’è alcun elemento di novità rispetto alla precedente annualità.

Gli Isa evoluti e il software “Il tuo Isa 2020”
Per quanto riguarda i nuovi Isa evoluti per il periodo d’imposta 2019 e il relativo software di applicazione, la circolare illustra gli elementi di maggiore approfondimento relativi ad alcuni specifici Indici, divisi per macrocomparto economico di appartenenza, interessati da interventi più rilevanti o particolari e fornisce le indicazioni operative relative al funzionamento del software per il periodo d’imposta 2019 (sostanzialmente uguale a quello dell’anno scorso), evidenziando le novità riguardanti la sezione dell’esito dell’applicazione.

I benefici premiali

Nella circolare vengono forniti anche alcuni chiarimenti in relazione ai benefici premiali correlabili ai diversi livelli di affidabilità fiscale, conseguenti all’applicazione degli Isa al periodo d’imposta 2019, individuati con il provvedimento del 30 aprile 2020.
Nel merito, la circolare si sofferma, in particolare, a osservare che l’individuazione, per tale annualità, dei criteri di accesso ai diversi benefici tiene conto di una duplice esigenza:

  • da un lato definire dei punteggi idonei a individuare situazioni di affidabilità fiscale rispetto al periodo di imposta a cui gli Isa sono stati applicati ( nel caso di specie il 2019)
  • dall’altro, contestualmente, in modo coerente con la filosofia degli Isa, provare a individuare, al fine di premiarle, situazioni di affidabilità fiscale ripetute nel tempo (nel caso di specie i periodi di imposta 2018 e 2019).

Il meccanismo, predisposto con il provvedimento del 30 aprile 2020, infatti, consente di accedere ai benefici sia, ovviamente, ottenendo un punteggio idoneo nell’annualità di applicazione sia, ove ciò non accada, valutando il punteggio dell’anno di applicazione congiuntamente a quello dell’anno precedente, in coerenza con quanto previsto dal comma 12 dell’articolo 9-bis del Dl n. 50/2017, laddove prevede che i livelli di affidabilità per poter accedere ai benefici siano individuati “anche con riferimento alle annualità pregresse”.
Particolarmente utile risulta la tabella contenente alcune esemplificazioni che chiariscono meglio le modalità con cui applicare i nuovi criteri per l’individuazione, in relazione al periodo d’imposta 2019, del punteggio utile ai fini della fruizione dei benefici fiscali.

L’articolo 148 del decreto “Rilancio”
Infine, nella circolare sono stati forniti i primi chiarimenti riguardanti le ultime disposizioni attinenti agli Isa e, in particolare, quelle contenute nell’articolo 148 del decreto legge n. 34/2020, il “Rilancio”.
Queste ultime disposizioni riguardano:
l’intervento, limitato ai soli periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021, finalizzato a tenere conto degli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente all’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19
l’intervento, limitato ai soli periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e 2020, finalizzato alla individuazione di particolari modalità di svolgimento delle attività di analisi del rischio basate sull’esito della applicazione degli Isa.
Le disposizioni contenute nel decreto “Rilancio” hanno rappresentato l’occasione per trattare le questioni relative all’attività di analisi del rischio e agli effetti dell’epidemia coronavirus.
In particolare, in relazione al periodo d’imposta 2020, la circolare ha evidenziato che “Nello specifico, la capacità degli ISA di rappresentare le realtà dei singoli contribuenti anche a seguito delle ricadute sul periodo d’imposta 2020 del fenomeno COVID-19, dovrà essere valutata, una volta effettuati i necessari interventi di adeguamento dello strumento, in fase di applicazione basandosi sulle specificità di ciascun contribuente e non aprioristicamente ex ante in modo generale ed astratto”.
Tale chiarimento, come emerge dallo stesso documento di prassi, è fondato sulla base del principio secondo cui le situazioni di natura straordinaria, che causano mutamenti imprevedibili nelle condizioni di svolgimento delle attività economiche o delle aree territoriali, rappresentano un elemento di cui gli Isa dovrebbero essere in grado “sempre” di tenere conto, ai fini della capacità degli stessi a rappresentare la realtà delle attività economiche cui si riferiscono, come prevede il comma 2 dell’articolo 9-bis del Dl n. 50/2017.
La circolare precisa anche che gli interventi prescritti dall’articolo 148 “dovranno essere idonei a rendere rappresentativi gli ISA per il “campione di riferimento” individuando gli effetti della crisi epidemiologica”. Allo stesso tempo, aggiunge anche che “viceversa laddove le specifiche modalità di svolgimento dell’attività del singolo contribuente siano profondamente diverse da quelle del campione riferibile alla gran parte dei soggetti che svolgono la specifica attività utilizzato nella fase di aggiornamento degli ISA il contribuente, come di consueto, potrà dichiarare la presenza di una ipotesi di non normale svolgimento della attività”.

Ulteriori contenuti 
La circolare fornisce, da ultimo, gli ulteriori chiarimenti in merito all’applicazione degli Indici, sulla base di una ricognizione e conseguente raccolta sistematica delle risposte ai quesiti formulati dopo l’ultima circolare in tema di Isa, la n. 20/2019.
I chiarimenti hanno riguardato:

  • gli effetti dell’applicazione degli Isa in particolari situazioni di non normale svolgimento dell’attività
  • la corretta compilazione dei modelli Isa 2020
  • i termini di presentazione della dichiarazione e punteggio Isa
  • il regime premiale.

 

“Contributo a fondo perduto”: la circolare con i chiarimenti

Gli inclusi e gli esclusi, i requisiti per ottenere il beneficio, le modalità di calcolo e di fruizione dell’importo spettante, la natura reddituale della somma e altro ancora

Il tempo stringe, i gravi effetti economici della pandemia che ha colpito il nostro Paese e il resto del mondo, abbattutisi su molteplici categorie di operatori, vanno compensati in fretta. E così, dopo il modello, le istruzioni operative e la guida (vedi articolo “Contributo a fondo perduto: siamo ai blocchi di partenza”), con la circolare n. 15/E del 13 giugno 2020, firmata dal direttore Ernesto Maria Ruffini, l’Agenzia fornisce precisi dettagli a 360° sull’ “aiuto”, delineando requisiti e condizioni da rispettare per accedere al contributo. In particolare, il documento di prassi analizza in modo puntuale i passi da compiere per richiedere e ottenere il beneficio, fornendo, anche, tutte le indicazioni per consentire ai contribuenti la regolarizzazione spontanea, nel caso rilevino di aver erroneamente percepito il bonus.

Ricordiamo che l’agevolazione, introdotta dal decreto “Rilancio”, spetta esclusivamente agli esercenti attività d’impresa, di lavoro autonomo o reddito agrario, titolari di partita Iva con ricavi e/o compensi non superiori a 5milioni di euro nel periodo d’imposta 2019, per un ammontare determinato applicando una specifica percentuale a un importo calcolato, quando il soggetto riscontra che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 è inferiore ai 2/3 di quello registrato nello stesso mese 2019.

Il documento di prassi, nel fornire chiarimenti di carattere interpretativo e di indirizzo operativo, ripercorre la noma madre del “Contributo” (articolo 25, Dl n. 34/2020 – il “Rilancio”), soffermandosi innanzitutto sull’ambito soggettivo e inquadrando, in maniera puntuale, gli inclusi e gli esclusi dal beneficio.
In particolare, riguardo agli ammessi, che, in generale, sono i titolari di partita Iva, fornisce un elenco esauriente degli stessi, precisando alla fine, che tra questi rientrano “le imprese esercenti attività agricola  o commerciale, anche se svolte in forma di impresa cooperativa”. Il contributo è erogato all’imprenditore agricolo e può essere fruito anche dalle società tra professionisti, poiché il reddito dalle stesse prodotto si qualifica come reddito d’impresa.
Poi, considerato che la norma non si occupa del regime fiscale adottato dai beneficiari, via libera anche ai forfettari (legge n. 190/2014).
La circolare, inoltre, chiarisce che la fruizione del beneficio è destinata al singolo contribuente, a prescindere dalla circostanza che eserciti contestualmente più di un’attività ammissibile alla fruizione del contributo, ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti. Il documento di prassi precisa che l’agevolazione spetta anche a chi esercita attività d’impresa o di lavoro autonomo (o sia titolare di reddito agrario) anche se lavoratore dipendente o pensionato, in relazione alle attività ammesse al contributo stesso.

La circolare n. 15/2020 continua con una lista dettagliata e motivata delle esclusioni, individuate dal Dl “Rilancio” in quei “soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza di cui al comma 8, agli enti pubblici di cui all’articolo 74, ai soggetti di cui all’articolo 162-bis del testo unico delle imposte sui redditi e ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27, e 38 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, nonché ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103”.
Specifiche esclusioni sono connesse alla natura dell’attività svolta (si tratta, ad esempio, degli organi e delle amministrazioni dello Stato, degli intermediari finanziari, delle società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione non finanziaria e assimilati, degli enti e delle persone fisiche che producono redditi non inclusi tra i quelli d’impresa o agrario).
Tra gli estromessi figurano i fruitori delle indennità previste dal “Cura Italia”. A tal proposito, l’Agenzia spiega che altrimenti, per le categorie individuate dal decreto di marzo scorso, si sarebbe verificata una sovrapposizione di agevolazioni In particolare, si tratta dei:

  • liberi professionisti con partita Iva attiva al 23 febbraio 2020 e dei collaboratori coordinati e continuativi attivi alla stessa data, iscritti alla gestione separata (articolo 27, Dl n. 18/2020)
  • lavoratori dello spettacolo iscritti al fondo pensioni dello spettacolo, che abbiano  almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 abbiano prodotto nel medesimo anno un reddito non superiore a 50mila euro (articolo 38, Dl n. 18/2020).

Sono, in ogni caso, esclusi i contribuenti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza: in altri termini, non è consentito presentare la richiesta di accesso per soggetti per i quali la relativa partita Iva è stata cessata.

Le condizioni
Il contributo a fondo perduto spetta solo se l’ammontare dei ricavi e dei compensi, conseguiti nel periodo d’imposta 2019, non superi i 5milioni di euro e l’importo del fatturato e dei corrispettivi di aprile 2020 sia inferiore ai 2/3 terzi di quello relativo al mese di aprile 2019. Detto ciò, la circolare odierna indica come individuare la soglia massima di ricavi e compensi, in un’analisi particolareggiata delle diverse casistiche. fermo restando che la soglia dei ricavi va determinata, per ciascuna tipologia di soggetto, tenendo conto delle proprie regole di determinazione (cfr circolare n. 8/E del 3 aprile 2020).

Le deroghe
Del beneficio a fondo perduto possono fruire anche coloro che hanno iniziato l’attività dal 1° gennaio 2019 per un importo almeno pari alla soglia minima di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Tra i destinatari, poi, rientrano anche i soggetti che hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni che già versavano in uno stato di emergenza per eventi calamitosi alla data di insorgenza della pandemia. Per questi, infatti, date le difficoltà economiche, non è necessaria la verifica del calo di fatturato, a prescindere dal suo effettivo realizzarsi.
In sostanza, in tali casi, il contributo a fondo perduto spetta anche se, ad esempio, l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi di aprile 2020 fosse pari a zero. Pertanto, in questo caso spetterà il contributo minimo. Sono invece esclusi, come sopra richiamato, i contribuenti la cui attività sia cessata alla data di presentazione della domanda di accesso al contributo.

Natura del contributo e concorso alla formazione del reddito
Precisazioni arrivano anche dal punto di vista contabile: il contributo a fondo perduto costituisce un contributo in conto esercizio, in quanto erogato a integrazione di mancati ricavi registrati dal contribuente a causa della crisi causata dalla diffusione del Covid-19. Pertanto, in applicazione del principio contabile OIC 12, il contributo sarà rilevato nella voce A5 del conto economico.
Tale contributo non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette dei soggetti beneficiari, non assume rilevanza nella determinazione della base imponibile Irap, non incide sul calcolo degli interessi passivi deducibili ai sensi dell’articolo 61 del Tuir e non incide sulla deducibilità dei costi diversi dagli interessi passivi di cui all’articolo 109, comma 5 del Tuir. Ne consegue, pertanto, che tale contributo non è assoggettato alla ritenuta a titolo d’acconto di cui all’articolo 28, comma 2, del Dpr n. 600/1973.

La fruizione
Gli interessati al contributo devono presentare, esclusivamente in via telematica, un’istanza all’Agenzia delle entrate, con l’indicazione della sussistenza di tutti i requisiti, entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura. In caso di contributo di importo superiore a 150mila euro, il modello deve essere firmato digitalmente dal soggetto richiedente e inviato esclusivamente tramite posta elettronica certificata all’indirizzo Istanza-CFP150milaeuro@pec.agenziaentrate.it, insieme all’autocertificazione che il soggetto richiedente, nonché tutti i soggetti a esso collegati tenuti a verifica (articolo 85, commi 1 e 2, Dlgs n. 159/2011, “Documentazione antimafia”) non si trovano nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 dello stesso decreto legislativo. L’Agenzia delle entrate, sulla base delle informazioni contenute nell’istanza, eroga il contributo mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.
La circolare, inoltre, fornisce tutte le indicazioni per consentire ai contribuenti la regolarizzazione spontanea, nel caso rilevino di aver erroneamente percepito il contributo.

 

Guida fiscale “Contributo a fondo perduto”

Guida fiscale "Contributo a fondo perduto" - pdf

Il decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cosiddetto decreto “Rilancio”) ha introdotto numerose disposizioni destinate a sostenere gli operatori economici danneggiati dalla crisi sanitaria dovuta alla diffusione del “Coronavirus”.
Tra queste, il contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 25 del decreto. Esso consiste in una somma di denaro della quale può usufruire una vasta platea di beneficiari, senza alcun obbligo di restituzione.
In particolare, il contributo spetta ai titolari di partita Iva, che esercitano attività d’impresa e di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario, ed è commisurato alla diminuzione di fatturato subita a causa dell’emergenza epidemiologica.
La presente guida intende fornire le indicazioni utili per richiedere il contributo a fondo perduto, illustrando le condizioni per usufruirne e le modalità di predisposizione e di trasmissione dell’istanza, che sono stati definiti dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 10 giugno 2020.
Il modello e le istruzioni di compilazione sono stati approvati con lo stesso provvedimento e sono consultabili e scaricabili dal sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Dl “Rilancio”, cancellazione Irap valida se l’esercizio è “a cavallo”

L’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 28/E del 29 maggio 2020 fornisce delle precisazioni sulla cancellazione dei versamenti Irap introdotta dal decreto “Rilancio” (articolo 24 del Dl n. 34/2020), con particolare riguardo ai soggetti che esercitano la propria attività in periodi d’imposta non coincidenti con l’anno solare.

Tale disposizione prevede espressamente che “non è dovuto il versamento del saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento dell’acconto dovuto per il medesimo periodo di imposta. Non è altresì dovuto il versamento della prima rata dell’acconto dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, nella misura prevista dall’articolo 17, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, ovvero dall’articolo 58 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157; l’importo di tale versamento è comunque escluso dal calcolo dell’imposta da versare a saldo per lo stesso periodo d’imposta”. In sostanza la norma abroga il saldo Irap 2019 e la prima rata dell’acconto 2020.
L’Agenzia ricorda che la norma, inoltre, non trova applicazione per alcune categorie individuate nel successivo comma 2. Si tratta, in particolare, dei soggetti:

  • che determinano il valore della produzione netta secondo gli articoli 7 e 10-bis del Dlgs n. 446/1997
  • indicati nell’articolo 162-bis del Tuir
  • con volume di ricavi o compensi superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del Dl Rilancio.

In sintesi, l’agevolazione Irap prevede che:

  1. il saldo relativo al periodo d’imposta 2019 non è dovuto. È invece dovuto il relativo acconto, suddiviso nelle rate legislativamente previste
  2. l’acconto per il periodo d’imposta 2020 è dovuto al netto della prima rata, ossia costituiscono oggetto di versamento soltanto la seconda rata dell’acconto e il saldo
  3. le disposizioni in commento hanno applicazione generalizzata, con esclusione dei soli soggetti espressamente individuati.

Di conseguenza, l’articolo 24 del Dl n. 34/2020, salvo eventuali modifiche in sede di conversione, esplica i propri effetti anche nei confronti di tutti i soggetti per i quali il periodo d’imposta non coincide con l’anno solare (esercizi “a cavallo”).
Restano, ovviamente, le peculiarità legate a tale circostanza e ai corrispondenti termini di versamento. La risoluzione in esame, quindi, ricorda che come indicato dall’articolo 17 del Dpr n. 435/2001:

  • per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il versamento sub a) deve avvenire entro il 30 giugno e quello sub b) entro il medesimo termine (prima rata dell’acconto) ovvero entro il 30 novembre (seconda rata dell’acconto). In pratica, tali soggetti non sono tenuti a effettuare i versamenti di giugno 2020
  • per i contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, invece, i versamenti devono avvenire entro l’”ultimo giorno del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta” (saldo periodo precedente e prima rata dell’acconto) e l’”ultimo giorno dell’undicesimo mese dello stesso periodo d’imposta” (seconda rata dell’acconto).

La risoluzione n. 28/2020, quindi, evidenziando l’importanza di individuare il “periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019”, fornisce la seguente tabella con alcune esemplificazioni:

Contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare
Periodo d’imposta I° acconto entro dovuto II° acconto entro dovuto Saldo entro dovuto
1.01.2019

31.12.2019
30.06.2019 30.11.2019 30.06.2020 no
1.01.2020

31.12.2020
30.06.2020 no 30.11.2020 30.06.2021

Contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare
Periodo d’imposta in corso al 31.12.2019 I° acconto entro dovuto II° acconto entro dovuto Saldo entro dovuto
1.07.2019

30.06.2020
31.12.2019 31.05.2020 31.12.2020 no
Periodo d’imposta in corso al 31.12.2020 I° acconto entro dovuto II° acconto entro dovuto Saldo entro dovuto
1.07.2020

30.06.2021
31.12.2020 no 31.05.2021 31.12.2021

Coeredi e bonus ristrutturazione: possibile il trasferimento di quote

L’utilizzo delle rimanenti rate del bonus ristrutturazione su beni divisi per successione è possibile, nel caso di cessione della quota da parte dell’erede che ha sostenuto la spesa, che permette agli altri comproprietari di divenire titolari esclusivi dei fabbricati, legittimati a fruire delle quote residue di detrazione nei successivi periodi d’imposta. Stessa circostanza si avrebbe nell’ipotesi, alternativa, di divisione notarile della sola nuda proprietà tra tutti gli eredi del de cuius. Questa, in sintesi, la risposta fornita dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 142 del 22 maggio 2020 ad un dubbio sollevato da una dei tre figli del de cuius.

Il caso riguarda una comunione ereditaria relativa a due fabbricati, ad oggi concessi in locazione a terzi, che dal 2000 appartengono, a seguito di successione, alla moglie del de cuius, che detiene il 33,33% della nuda proprietà, e ai tre figli titolari del 66,66% della proprietà (22,22% per uno) e dell’usufrutto della parte della madre, nella misura dell’11,11% ciascuno.
Sulla proprietà sono stati eseguiti, nel corso degli anni 2013, 2014 e 2017, interventi di ristrutturazione edilizia la cui spesa è stata sostenuta interamente dalla madre,in qualità, rispettivamente, di proprietaria e nuda proprietaria che, di conseguenza, ha maturato il diritto alla detrazione del 50% della spesa effettuata. Come previsto dall’articolo 16-bis del Tuir il rimborso delle spese documentate, fino a un ammontare di 96mila euro, per gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, è ripartito in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

La richiesta alla base dell’interpello riguarda la possibilità di trasferire le quote della detrazione ancora non fruite dalla madre che ha sostenuto la spesa ai figli: l’istante chiede, al fine di fruire  unitamente ai due fratelli, delle residue quote di detrazione, quale comportamento la madre dovrà adottare, o meglio se vendere o donare loro la sua quota di nuda proprietà o, in alternativa, procedere alla divisione notarile del suddetto diritto reale solo tra loro.

L’Agenzia delle entrate, entrando nel merito della risposta, ricorda che tra i soggetti che hanno diritto alla detrazione rientrano, nel caso abbiano sostenuto la spesa e questa sia effettivamente rimasta a loro carico, non solo il proprietario o il nudo proprietario dell’immobile, ma anche chi fruisce dei diritti reali di godimento di uso, usufrutto e abitazione.
Il comma 8 dell’articolo 16-bis del Tuir, inoltre, dispone che in caso di vendita dell’unità immobiliare su cui sono stati effettuati i lavori di ristrutturazione, il diritto alla detrazione non ancora utilizzata viene trasferito, nella misura delle rate ancora da rivendicare e salvo diversi espliciti accordi delle parti in fase di stipula del contratto di compravendita, all’acquirente persona fisica. I tecnici dell’Agenzia ricordano anche che, nonostante il legislatore nella norma abbia utilizzato il termine “vendita”, la cessione del credito trova applicazione anche per tutte le altre forme di cessione dell’immobile, anche in quelle a titolo gratuito, come per esempio la donazione (circolare n. 13/E del 31 maggio 2013).

In caso di costituzione del diritto di usufrutto, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, invece, le quote della detrazione non fruite non si trasferiscono all’usufruttuario e rimangono di spettanza del nudo proprietario, in quanto questa specifica circostanza non soddisfa l’ipotesi di trasferimento di proprietà del bene e, anzi, costituisce più diritti reali sullo stesso.

L’alienazione di una quota della proprietà non sancisce il trasferimento del diritto alla detrazione residua, infine, perché la norma prevede che ciò avvenga solo nel caso di cessione dell’intero immobile. Unica eccezione a quest’ultima disposizione è che la cessione della quota determini che la parte acquirente, con la porzione conseguita, diventi proprietaria esclusiva dell’immobile, come esposto nella stessa circolare n. 13/2013.

Delineato il quadro completo, nel caso oggetto dell’interpello, l’Agenzia conclude che nell’ipotesi di cessione da parte dalla madre, a titolo gratuito o oneroso, questa perderà l’intera titolarità degli immobili a favore dei figli, i quali, consolidando l’usufrutto e la nuda proprietà, sarebbero legittimati a fruire delle quote residue di detrazione Irpef nei successivi periodi d’imposta. Stessa circostanza si avrebbe qualora dovesse privilegiarsi l’ipotesi, alternativa, di divisione notarile della sola nuda proprietà tra tutti gli eredi del de cuius, posto che il diritto reale (nuda proprietà) sarà attribuito a favore dei figli.

Invio tardivo fatture immediate: festa o non festa è sanzionato

La trasmissione al sistema d’interscambio (Sdi) della fattura immediata, eseguita oltre il dodicesimo giorno dall’effettuazione dell’operazione – come stabilisce l’articolo 21 del decreto Iva – ma comunque entro i termini della liquidazione periodica, è punibile con la sanzione da 250 a 2mila euro per ciascuna operazione tardivamente documentata. Un po’ meno se si sfruttano gli sconti del ravvedimento operoso.

È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 129 del 14 maggio 2020, arrivando alla conclusione che, a tale tipologia di adempimento, non è possibile applicare la disposizione normativa, secondo cui “i versamenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo” (articolo 7, lettera h), Dl n. 70/2011).
L’istante, infatti, avendo inviato in ritardo tramite Sdi fatture immediate del 31 dicembre 2019, e precisamente il giorno successivo allo scadere del dodicesimo, in quanto il 12 gennaio era festivo, riteneva possibile “emendare” l’intempestività senza sanzioni, applicando la norma del 2011.

Come in sintesi anticipato, per l’Agenzia non è così, perché la disposizione in argomento riguarda solo gli adempimenti che il contribuente deve assolvere nei confronti dell’amministrazione finanziaria, mentre la fattura (analogica o elettronica) è destinata alla controparte contrattuale, affinché quest’ultima possa esercitare alcuni diritti fiscalmente riconosciuti (detrazione dell’Iva e deduzione del costo). Pertanto, ai tempi di trasmissione dei documenti contabili in questione, si applica il comma 4 dell’articolo 21 del decreto Iva.
In particolare, da questa disposizione si ricava che la fattura deve riportare la data di effettuazione delle operazioni ed essere emessa entro dodici giorni da questa.

Nel caso di fatture elettroniche, attratte nel perimetro dell’articolo 21, il chiarimento è contenuto nella circolare n. 14/2019, nella quale è stato precisato che “la facoltà di emettere la fattura entro dodici giorni riguarda tutte le fatture, comprese quelle elettroniche veicolate tramite Sdi”. In tale circostanza nel documento deve essere indicata la data dell’operazione mentre la data di emissione è valorizzata direttamente dallo Sdi all’atto della trasmissione del file al sistema.

Tanto premesso, è evidente che al caso prospettato, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 6 del Dlgs n. 471/1997. Per la precisione, quella stabilita nel comma 1, ultimo periodo stesso articolo, fissata tra i 250 e i 2mila euro quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

Il contribuente, comunque, potrà ridurre la penalità avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, regolato dall’articolo 13, del Dlgs n. 472/1997.

COMMERCIALISTA E REVISORE CONTABILE

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