Archivi categoria: Rassegna Stampa

CONTRIBUZIONE ARTIGIANI/COMMERCIANTI

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, a seguito di alcune richieste di chiarimento pervenute dai colleghi in merito alla contribuzione per Artigiani e Commercianti, ha fornito alcune precisazioni. 

I quesiti pervenuti si sono soffermati in particolare su due aspetti. Il primo si interroga sulla possibilità di calcolare la contribuzione per Artigiani e Commercianti anche su partecipazioni in società che non svolgono attività di questa natura. Il secondo, di rilevante importanza ed interesse, si sofferma sulla normativa che permette all’Inps di decurtare le settimane accreditate ai fini pensionistici per gli anni coperti da prescrizione.

Leggi l’approfondimento

Cartella di pagamento: decadenza rateazione

 
Il contribuente che versi in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà può richiedere, presentando apposita istanza all’agente della riscossione, la rateizzazione dell’importo richiesto con una cartella di pagamento (con esclusione dei diritti di notifica), fino a un massimo di 72 rate mensili.
Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo siano di importo superiore a 60mila euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà.
In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione e l’intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente e automaticamente riscuotibile in unica soluzione (articolo 19, Dpr 602/1973).
Per ulteriori informazioni, si rinvia all’apposita sezione del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it

Con lo split payment, doppia penalizzazione per i professionisti

Dallo scorso 1° luglio sono operative le previsioni del D.L. 50/2017 che hanno ampliato la disciplina dello split payment. Tale istituto prevede che il cedente/prestatore emetta, nei confronti della pubblica Amministrazione, società da questa controllate e società quotate, una fattura che evidenzia, secondo l’ordinario meccanismo della rivalsa, l’addebito dell’imposta; il cliente, anziché pagare al proprio fornitore l’intero importo evidenziato sul documento, provvederà a pagare solo l’imponibile, mentre tratterrà l’Iva, la quale andrà versata direttamente all’Erario.

[continua…]

Antiriciclaggio: i soggetti terzi in aiuto ai professionisti

Decreto antiriciclaggio 2017. I professionisti per identificare il cliente, possono rivolgersi a soggetti terzi individuati dal D.Lgs. n. 90/2017 tra gli intermediari finanziari,bancari, professionisti

Si è già avuto modo di parlare degli obblighi di verifica preventiva cui i soggetti obbligati, ex art. 3 D.Lgs. 90/2017, sono tenuti in sede di instaurazione o prosecuzione del rapporto professionale con il cliente. Sul tema il D.Lgs. sull’antiriciclaggio emanato nel 2017 chiarisce che, fermo restando la responsabilità dei soggetti obbligati è loro consentito ricorrere a terzi per assolvere gli obblighi di adeguata verifica, circa l’identità del cliente e/o del titolare effettivo ovvero per l’acquisizione e valutazione di informazioni relative allo scopo, alla natura di rapporto e prestazione.

Ma la scelta di soggetti terzi, cui delegare i compiti di adeguata verifica, non è libera. Infatti il legislatore individua in forma chiara e specifica, coloro che possono assumere tale ruolo, ossia:

  • gli intermediari bancari e finanziari;
  • gli agenti in attività finanziaria, limitatamente alle operazioni di importo inferiore a € 15.000, relative alle prestazioni di servizi di pagamento e all’emissione e distribuzione di moneta elettronica;
  • gli intermediari bancari e finanziari aventi sede in altri Stati membri ovvero in Paesi terzi, fermo restando il divieto di avvalersi di soggetti aventi sede in Paesi terzi ad alto rischio (ex art. 29);
  • altri professionisti.

Il terzo, a seguito dell’attività di verifica svolta per conto del soggetto obbligato, dovrà trasmettere allo stesso, idonea attestazione. L’attestazione in questione dovrà:

  • essere univocamente riconducibile al terzo;
  • attestare la coincidenza tra il cliente verificato dal terzo e il soggetto cui l’attestazione si riferisce;
  • contenere la dichiarazione con cui la parte terza attesti di aver correttamente assolto il compito affidatogli dal soggetto obbligato, operando direttamente nell’ambito di un rapporto continuativo o dell’esecuzione di una prestazione professionale ovvero in occasione del compimento di un’operazione occasionale;

Si rileva che, le modalità di attestazione, potranno subire modifiche a seguito delle disposizioni fornite dalle Autorità di vigilanza di settore.

I terzi sono inoltre tenuti a trasmettere senza ritardo, agli obbligati che ne abbiano fatto richiesta, copia dei documenti acquisiti, anche al fine di porre i richiedenti nella condizione di poter accedere alle informazioni utili ad adempiere gli obblighi previsti dall’ art.18 del D.Lgs sull’antiriciclaggio, rubricato “Contenuto degli obblighi di adeguata verifica”. 

Ai soggetti obbligati, invece, spetterà successivamente il compito di:

  • verificare la veridicità dei documenti ricevuti, ovviamente nei limiti della diligenza professionale;
  • valutare se gli elementi raccolti e le verifiche effettuate dai terzi siano idonei e sufficienti, ai fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dal presente decreto.

In caso di dubbi circa l’identità del cliente, dell’esecutore e del titolare effettivo, gli obbligati provvedono (in proprio) all’identificazione e all’adeguata verifica. Nel caso di rapporti continuativi relativi all’erogazione di credito al consumo, leasing o di altre tipologie operative indicate dalla Banca d’Italia, l’identificazione potrà essere effettuata anche da collaboratori esterni, appositamente convenzionati con l’intermediario. 

Liquidazioni Iva 2017: gli avvisi bonari del primo trimestre escludono il ravvedimento operoso.

Le nuove regole sugli avvisi bonari in caso di Iva non versata sono contenute nella norma istitutiva delle nuove comunicazioni Iva trimestrali: al fine di recuperare l’imposta non versata si applica quanto previsto dall’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, “indipendentemente dalle regole ivi previste”.

L’art. 54-bis si applica, in via ordinaria e sulla base di quanto previsto dal Decreto Iva, in caso di pericolo per la riscossione. Una disposizione che, tuttavia, non si applica alle nuove lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate.

Con l’introduzione delle LiPe trimestrali e con l’approvazione del DL 193/2016, introdotto al fine di contrastare l’evasione Iva, è stata prevista una deroga alla disciplina ordinaria, autorizzando l’Agenzia delle Entrate ad inviare avvisi bonari sprint ai contribuenti e di fatto escludendo la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso in caso di Iva non versata.

In sostanza, grazie all’incrocio dei dati tra quanto contenuto nella comunicazione delle liquidazioni Iva del primo trimestre 2017 e i versamenti effettuati, l’Agenzia delle Entrate sta procedendo al recupero dell’Iva omessa. Prima le lettere di compliance inviate a luglio e ora gli avvisi bonari, ai quali bisognerà rispondere entro 30 giorni per poter pagare la sanzione in misura ridotta al 10%.

 

Liquidazioni Iva 2017: avvisi bonari in arrivo, ravvedimento escluso

Gli avvisi bonari, elaborati a seguito dell’incrocio dei dati contenuti nelle LIPE rispetto ai versamenti effettuati, sono stati recapitati in tutti quei casi in cui l’Agenzia delle Entrate ha riscontrato uno scostamento tra Iva a debito e imposta versata.

Iva omessa da versare entro 30 giorni per beneficiare della riduzione delle sanzioni al 10%, possibilità concessa anche a chi sceglie di pagare l’importo in modalità dilazionata secondo quanto previsto dall’art. 36-bis del DPR 600/1973 sulla rateizzazione dell’avviso bonario.

Non soltanto la beffa di non poter ricorrere al ravvedimento operoso in caso di Iva omessa: si ricorda che in caso di mancato versamento delle somme imputate dall’avviso bonario, ovvero di contestazione dell’esito dei controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate, il D.Lgs. n.159/2015 ha modificato la procedura di riscossione delle imposte non versate.

La norma prevede che il compito di recupero della somma evasa passi all’Ente di riscossione, ovvero all’Agenzia Entrate Riscossione, con un ulteriore aggravio di sanzioni, interessi e aggi a seguito dell’iscrizione a ruolo della somma.

 

Iva non versata, per gli avvisi bonari risposte entro 30 giorni

Risposte agli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate entro il termine perentorio di 30 giorni, sia in caso di effettivo mancato versamento dell’Iva del primo trimestre 2017 sia in caso di errori da parte del Fisco. Ovviamente in questo caso la scadenza dipenderà dalla data in cui è stata recapitata la lettera telematica dell’Agenzia delle Entrate.

Come già ricordato, in caso di Iva omessa, il versamento potrà essere effettuato entro 30 giorni beneficiando della riduzione delle sanzioni ad 1/3 di quella ordinaria, ovvero rateizzando l’importo dovuto. In caso di mancata regolarizzazione entro 30 giorni, la somma sarà iscritta a ruolo e il recupero dell’Iva evasa passerà di competenza all’Agenzia Entrate Riscossione.

Qualora, invece, i controlli automatizzati e l’incrocio dei dati tra liquidazioni iva trimestrali e versamenti effettuati dovessero contenere errori e quindi qualora non fosse dovuto alcun ulteriore versamento Iva, bisognerà rispondere all’avviso bonario dell’Agenzia delle Entrate tramite il canale online Civis, a mezzo PEC, contattando i centri di assistenza multicanale o rivolgendosi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

 

Ennesima proroga per lo spesometro 2017

Elenchi Intrastat più semplici

Prevista la soppressione dei modelli trimestrali relativi agli acquisti di beni e servizi; diminuisce il numero dei contribuenti soggetti all’obbligo di comunicazione all’Amministrazione

Arrivano semplificazioni e minori adempimenti per i soggetti passivi Iva tenuti all’invio degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie (modelli Intrastat).
Con il provvedimento 25 settembre 2017, adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e d’intesa con l’Istat, infatti, sono stati alleggeriti gli obblighi comunicativi dei contribuenti attraverso la razionalizzazione dei flussi informativi. 
 

Elenchi Intrastat più semplici e snelli
L’ultimo “decreto milleproroghe” ha previsto l’adozione di “significative misure di semplificazione” in materia di elenchi Intrastat (cfr articolo 50, comma 6, terzo periodo, Dl 331/1993, come modificato dall’articolo 13, comma 4-quater, Dl 244/2016) con un duplice obiettivo:

  • evitare duplicazioni di adempimenti comunicativi a carico dei contribuenti Iva
  • ridurre, nel rispetto della normativa Ue, le informazioni fiscali e statistiche da trasmettere all’amministrazione.

Il provvedimento in esame è stato emanato proprio in applicazione di quanto previsto dall’articolo 50, comma 6.
Le semplificazioni riguardano i seguenti elenchi riepilogativi:

  • modello INTRA 2bis, relativo agli acquisti di beni
  • modello INTRA 2quater, relativo agli acquisti di servizi
  • modello INTRA 1bis, relativo alle cessioni di beni
  • modello INTRA 1quater, relativo ai servizi resi.

In sintesi, queste le misure previste:

  • abolizione dei modelli Intra trimestrali relativi agli acquisti di beni e servizi
  • attribuzione di una valenza esclusivamente statistica ai modelli Intra mensili relativi agli acquisti di beni e servizi
  • innalzamento della soglia dell’ammontare delle operazioni (da 50mila a 200mila euro trimestrali per gli acquisti di beni e da 50mila a 100mila euro trimestrali per gli acquisti di servizi) per l’individuazione dei soggetti obbligati a presentare i relativi elenchi riepilogativi
  • mantenimento degli attuali modelli Intra previsti per le cessioni di beni e di servizi (per queste operazioni la presentazione, con periodicità mensile o trimestrale, resta ancorata alla soglia di 50mila euro)
  • innalzamento della soglia “statistica” per gli elenchi relativi alle cessioni di beni. Infatti, la compilazione dei dati statistici negli elenchi mensili relativi a queste operazioni è opzionale per i soggetti che non superano i 100mila euro di operazioni trimestrali
  • semplificazione della compilazione del campo “Codice Servizio”, nei modelli in cui è presente, attraverso il ridimensionamento del livello di dettaglio richiesto. Si passa, infatti, dal Cpa a 6 cifre al Cpa a 5 cifre. In tal modo, si determina una riduzione di circa il 50% dei codici Cpa da selezionare.

Grazie a queste semplificazioni, si registra una sensibile riduzione del numero dei contribuenti soggetti all’obbligo di comunicazione degli elenchi riepilogativi per gli acquisiti di beni e servizi.
Inoltre, si prevede che le informazioni di rilievo statistico connesse agli acquisti intracomunitari di beni e servizi da parte dei soggetti trimestrali, per i quali è stato eliminato l’obbligo di presentazione degli Intrastat, sono ricavate dalla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ovvero dalle fatture elettroniche trasmesse telematicamente.
Il provvedimento precisa che, alla luce del nuovo meccanismo, la verifica relativa al superamento della “soglia statistica” andrà eseguita distintamente per ogni categoria di operazione. In ogni caso, le soglie operano in maniera indipendente e, quindi, il superamento del limite per una singola categoria di operazioni non incide sulla periodicità relativa alle altre tre categorie.
Esemplificando, se durante un trimestre un soggetto passivo ha realizzato acquisti intracomunitari di beni pari a 300mila euro e, nello stesso periodo, ha ricevuto servizi intracomunitari per 10mila euro, sarà tenuto a presentare mensilmente l’elenco riepilogativo dei soli acquisti intracomunitari di beni e non quello dei servizi intracomunitari ricevuti.
Le misure di semplificazione adottate con il provvedimento in esame si applicano agli elenchi riepilogativi aventi periodi di riferimento decorrenti dal mese di gennaio 2018.

Bonus ristrutturazioni edilizie: nuovo aggiornamento della guida

A completare il quadro delle agevolazioni fiscali previste quando sugli edifici si effettuano interventi che comportano una riduzione del rischio sismico, arrivano le detrazioni maggiorate per l’acquisto di immobili nei comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”.
Questa è la principale novità contenuta nella nuova edizione della guida “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali”.
Come è ormai noto, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità di usufruire di detrazioni più elevate quando alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione consegua una riduzione del rischio sismico dell’edificio. In particolare, per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 si può contare:

  • su una detrazione del 70% della spesa sostenuta, su un ammontare complessivo di 96mila euro per unità immobiliare, qualora l’esecuzione dei lavori abbia prodotto una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a una classe di rischio inferiore
  • su una detrazione dell’80%, se dall’intervento deriva il passaggio a due classi di rischio inferiori. 

La legge ha anche disposto che l’agevolazione riguarda non soltanto i lavori eseguiti su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) ma anche su quelli situati nelle zone a minor rischio (zona sismica 3). Inoltre, può essere usufruita per tutti gli immobili abitativi, e non soltanto quelli adibiti ad abitazione principale, e per quelli destinati ad attività produttive.

Le nuove detrazioni per gli interventi di demolizione e ricostruzione
Per le stesse categorie di interventi che danno diritto alle detrazioni sopra ricordate, ed è proprio questa la novità contenuta nel decreto legge n. 50/2017 e recepita nella guida, quando sono realizzati nei Comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”, chi compra un immobile facente parte di un edificio demolito e ricostruito può usufruire di una detrazione pari al 75% del prezzo di acquisto (se i lavori hanno ridotto di una classe il rischio sismico dell’edificio) o all’85% (se si passa a due classi di rischio inferiori).
Il prezzo di acquisto sul quale calcolare la detrazione è quello riportato nell’atto pubblico di compravendita. In ogni caso, la detrazione spetta entro l’ammontare massimo di 96mila euro per ogni unità immobiliare acquistata.

Per l’individuazione delle zone classificate a rischio sismico 1, bisogna far riferimento all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell’11 maggio 2006.

L’agevolazione è riconosciuta anche quando la ricostruzione dell’edificio abbia determinato una variazione di volume, rispetto alla costruzione preesistente, sempre che le norme urbanistiche vigenti lo consentano.
Altra condizione dettata dalla norma, infine, è quella che gli interventi devono essere stati eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che vendono l’immobile entro 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori.

Via libera alla cessione del credito
La guida ricorda, infine, la possibilità per i contribuenti che beneficiano dell’agevolazione di cedere il credito pari alla detrazione spettante. La cessione può avvenire a favore delle imprese che hanno effettuato gli interventi o di altri soggetti privati. Non è possibile farlo, invece, nei confronti di istituti di credito e degli intermediari finanziari.

Antiriciclaggio: Obblighi di adeguata identificazione del titolare effettivo

Gli obblighi di adeguata verifica, prescritti dal D.Lgs n.231/2007 come modificato dal D.Lgs. n.90/2017, impongono a commercialisti, notai, avvocati, associazioni di categoria, patronati, CAF e altri soggetti obbligati ex art. 3, di procedere all’identificazione del cliente o del titolare effettivo. Il titolare effettivo è la persona fisica, diversa dal cliente, nel cui interesse la prestazione professionale è resa o l’operazione è effettuata.

Premesso che l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo è realizzabile anche in sua assenza, contestualmente all’identificazione del cliente, osserviamo che la procedura di identificazione cui sono tenuti i soggetti obbligati, può essere realizzata:

– sia in presenza di una persona fisica (effettivo cliente ovvero soggetto esecutore, dipendenti o collaboratori del soggetto obbligato) e consiste nell’acquisizione dei dati identificativi forniti dal cliente.

– sia in assenza di una persona fisica:

  • per i clienti i cui dati identificativi risultino da atti pubblici, scritture private autenticate o da certificati qualificati utili per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici;
  • per i clienti in possesso di un’identità digitale, di livello massimo di sicurezza, nonché di un’identità digitale o di un certificato per la generazione di firma digitale;
  • per i clienti i cui dati identificativi risultino da una dichiarazione della rappresentanza e dell’autorità consolare italiana;
  • per i clienti già identificati, a causa dell’esistenza di un pregresso rapporto o prestazione professionale prestata dal soggetto obbligato;
  • per i clienti i cui dati identificativi siano acquisiti attraverso idonee forme e modalità, individuate dalle Autorità di vigilanza di settore;

In particolare si rileva che:

– quando il cliente è una persona fisica, i dati identificativi saranno reperiti mediante:

  • documento d’identità o altro documento di riconoscimento equipollente, ai sensi della normativa vigente;
  • documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;
  • titolo di rappresentanza, nel caso di esecutori mandatari.

– quando il cliente non è una persona fisica, l’art. 20 del D.Lgs 231/2007 chiarisce che: il titolare effettivo sarà la persona fisica (o persone fisiche) cui, in ultima istanza, è attribuita la proprietà diretta o indiretta ovvero il controllo. La norma richiama, in modo specifico, il caso in cui il cliente sia una società di capitali. In tal caso:

  • costituisce indicazione di proprietà diretta, la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica;
  • costituisce indicazione di proprietà indiretta, la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25% del capitale del cliente, posseduto tramite società controllate, fiduciarie o per interposta persona.

Ove, dall’esame dell’assetto proprietario non sia possibile risalire in maniera univoca all’identità di colui cui è attribuita la proprietà diretta o indiretta dell’ente, dovrà intendersi quale titolare effettivo, la persona o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo:

  • della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria;
  • dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria;
  • di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.

Tuttavia, ove dall’applicazione dei criteri su indicati non sia comunque possibile risalire in maniera univoca all’identità dei titolari effettivi, costoro saranno fatti coincidere con la persona o le persone fisiche titolari di poteri di amministrazione o direzione della società.

– nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata, di cui al D.P.R. n. 361/2000, sono cumulativamente individuati come titolari effettivi:

  • i fondatori, ove in vita;
  • i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili;
  • i titolari di funzioni di direzione e amministrazione.

Insieme con i documenti utili all’identificazione, il soggetto cliente dovrà anche fornire una dichiarazione antiriciclaggio da lui sottoscritta, ex art. 22, D.Lgs. 231/2007.

L’eventuale violazione degli obblighi di adeguata verifica da parte dei soggetti obbligati ex art.3, comporta per gli stessi l’applicazione delle sanzioni ex. 56 commi 1 e 2, ossia:

  • la sanzione amministrativa  pari a € 2.000, in caso di violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, omettono di acquisire e verificare i dati identificativi e le informazioni sul cliente, sul titolare effettivo, sull’esecutore;
  • la sanzione amministrativa pecuniaria € 2.500 a € 50.000, fuori dei casi di cui al comma 1, nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime.

Come regolarizzare la dichiarazione Iva omessa

Per l’invio della dichiarazione Iva tardiva si applica la sanzione fissa di euro 250,00 ridotta a 1/10 se non sono dovute imposte; nel caso vi siano imposte da corrispondere a queste verranno applicati la sanzione per omesso versamento e gli interessi dovuti.

Pertanto, in caso di tardiva dichiarazione (entro i 90 giorni):

  • se non sono dovute le imposte, si applica la sanzione ridotta pari a euro 25,00
  • se sono dovute le imposte, si applica la sanzione ridotta pari a euro 25,00, più la sanzione ridotta del ravvedimento operoso per omesso versamento:
    • entro 14 giorni dalla scadenza, dello 0,2% per ogni giorno di ritardo
    • entro 30 giorni dalla scadenza, dell’1,5%
    • entro 90 giorni dalla scadenza, dell’1,67%
    • entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale la violazione è stata commessa, del 3,75%
    • entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale la violazione è stata commessa, del 4,2857%
    • oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale la violazione è stata commessa, del 5%.

La sanzione ridotta va versata con il codice tributo 8911.

Se la dichiarazione non è presentata entro i 90 giorni dalla sua scadenza ordinaria, essa è considerata omessa.

L’omessa presentazione della dichiarazione Iva comporta l’applicazione di:

  • una sanzione dal 120 al 240% dell’imposta dovuta, per cui da 250 euro a 2.000 euro
  • una sanzione da 250 a 1.000 euro se non ci sono imposte dovute.

Nel caso in cui la dichiarazione Iva venga presentata entro il termine per l’invio di quella relativa al periodo d’imposta successivo, per cui entro la scadenza della dichiarazione Iva 2018, ovvero, dal 1° febbraio al 30 aprile, si applica una sanzione amministrativa:

  • da 60% al 120% delle imposte dovute, con un minimo di euro 200,00. La riduzione delle sanzioni è ammessa soltanto a condizione che non abbia avuto inizio qualunque attività accertativa di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza
  • da euro 150,00 a euro 500,00 se non sono dovute imposte.

La dichiarazione Iva presentata in ritardo oltre 90 giorni dalla scadenza del 28 febbraio, considerata omessa, è soggetta a sanzioni erogate direttamente da parte dell’Amministrazione Finanziaria; non è pertanto ammesso il ravvedimento operoso.

(Rita Martin – Fisco 7)

Scissione dei pagamenti: nuovi elenchi definitivi

Alla luce delle ulteriori segnalazioni pervenute successivamente alla pubblicazione dello scorso 4 agosto 2017, relativa agli elenchi definitivi rettificati dei soggetti tenuti nell’anno 2017 all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti, il Dipartimento delle finanze ha provveduto a escludere dai medesimi elenchi n. 2 società per le quali è stato accertato, sulla base della documentazione pervenuta, la mancanza dei requisiti per l’applicazione della normativa sulla scissione dei pagamenti e a includere n. 8 società per le quali è stata invece accertata la sussistenza  di detti requisiti.

Si rendono quindi disponibili i seguenti nuovi elenchi definitivi rettificati:
– elenco definitivo rettificato delle società controllate di diritto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri e delle società controllate da queste ultime;
– elenco definitivo rettificato delle società controllate di diritto dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni e delle società controllate da queste ultime.
Oltre a detti elenchi rettificati, si riconfermano invariati gli altri elenchi definitivi già divulgati lo scorso 26 luglio 2017:
– elenco definitivo delle società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri e delle società controllate da queste ultime;
– elenco definitivo delle società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.

Spesometro e ravvedimento operoso

In caso di spesometro non trasmesso, ovvero trasmesso in ritardo o contenente dati incompleti o non veritieri, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’art. 11, comma 1, lettera a) d.lgs 471/1997, che, tenendo conto delle modifiche apportate dal D.lgs. n. 158/2015 al regime sanzionatorio (in vigore dal 1/1/2016), vanno da 250 euro a 2.000 euro.
Tuttavia per rimediare agli errori o omissioni è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, previsto dall’art. 13 del DLgs.472/97.
In tal caso si può beneficiare di sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie, e più precisamente:

  • 1/9 del minimo se la presentazione avviene entro 90 giorni dalla scadenza
  • 1/8 del minimo se la presentazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione
  • 1/7 del minimo se la presentazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione
  • 1/6 del minimo se la presentazione avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione
  • 1/5 del minimo se la presentazione avviene a seguito di processo verbale di constatazione della violazione e prima che sia notificato il susseguente atto dall’Ufficio.

Non si ritiene applicabile la disposizione di cui all’art. 13, comma 1, lett. c) del DLgs.472/97 (riduzione a 1/10) poiché espressamente riferito a dichiarazioni: già con la Risoluzione 20 del 16 febbraio 2005 l’Agenzia Entrate (in relazione ad una casistica “elenchi Intrastat”) aveva precisato che tale ipotesi fosse riconducibile esclusivamente alle “dichiarazioni”, cioè agli atti, comunque denominati, in base ai quali si liquida imposta.
La sanzione deve essere versata attraverso il modello F24, indicando il codice tributo 8911.