Archivi categoria: Rassegna Stampa

Gestioni speciali autonome degli artigiani e degli esercenti attività commerciali. Differimento del pagamento della rata della emissione 2021 con scadenza originaria 17 maggio 2021

Messaggio INPS N.1911 del 13-05-2021

Al fine di ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 sul reddito dei lavoratori autonomi e dei professionisti e di favorire la ripresa della loro attività, l’articolo 1, commi 20-22-bis, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni, ha disposto per l’anno 2021 l’esonero parziale della contribuzione previdenziale e assistenziale dovuta dai lavoratori autonomi e dai liberi professionisti iscritti alle gestioni autonome speciali dell’INPS e alle casse previdenziali professionali autonome, che abbiano percepito nel periodo d’imposta 2019 un reddito complessivo lordo imponibile ai fini IRPEF non superiore a 50.000 euro e abbiano subito un calo del fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33 per cento rispetto a quelli dell’anno 2019.

L’articolo 1, comma 21, della legge n. 178/2020, demanda la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dell’esonero in oggetto all’adozione di uno o più decreti da parte del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, il cui iter di pubblicazione è in corso di definizione.

Con il presente messaggio – a seguito di espresso nullaosta da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in attesa della pubblicazione del citato decreto interministeriale di cui al sopra indicato comma 21 e vista l’imminente scadenza, fissata al 17 maggio 2021, del pagamento della prima rata dei contributi richiesti con l’emissione 2021, dovuti dai soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali dell’INPS degli artigiani e degli esercenti attività commerciali – si comunica il differimento al 20 agosto 2021 del termine di pagamento della rata dei contributi oggetto di tariffazione 2021 avente scadenza originaria il 17 maggio 2021.

IVA: la distinzione tra cessioni e prestazioni torna in evidenza tra somministrazioni e vendite

La Corte di Giustizia europea mette un punto fermo sull’aliquota da applicare nelle operazioni poste in essere nei pubblici esercizi, compresa la somministrazione di alimenti e bevande, per le quali il nostro Paese ha emanato una specifica disposizione durante la pandemia.

Nell’ordinamento dell’imposta sul valore aggiunto una distinzione fondamentale riguarda la definizione del requisito oggettivo, cioè la qualificazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi.

Nell’ordinamento europeo, cioè nella Dir. 2006/112/CE, troviamo queste definizioni:

 art. 14 – costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario;

 art. 24 – costituisce “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce una cessione di beni.

Il nostro ordinamento è a dir poco datato in quanto il nostro risale al 1972, ma già allora si era discostato dalla seconda direttiva del 1967 (Dir. 1967/227/CE), la cui formulazione è stata integralmente ripresa in quella vigente.

Le definizioni della nostra legge, contenute negli artt. 2 e 3 DPR 633/72, hanno reso più complesse queste semplici nozioni, specie in merito alle prestazioni di servizi, che la norma nazionale configura in una serie di contratti tipici del codice civile, oltre alla norma di chiusura sulle obbligazioni di fare, non fare o permettere.

L’anomalia più rilevante riguarda l’inclusione nelle prestazioni di servizi di qualsiasi contratto d’opera o di appalto, come se fosse la stessa cosa costruire un edificio oppure gestire le operazioni di pulizia dei locali. Queste definizioni, sostanzialmente in deroga alla direttiva, confliggono con le operazioni transnazionali. Per fare due esempi, la costruzione di un impianto in Italia è considerata prestazione di servizi, in quanto consegue ad un appalto, mentre se è eseguita da un fornitore UE in Italia o da un fornitore italiano nella UE costituisce cessione di beni. Così il mobile costruito su misura rientra ancora nelle prestazioni di servizi, ma quando viene spedito all’estero dà luogo ad una cessione intraunionale piuttosto che ad un’esportazione.

Un tema diventato di attualità con la pandemia, in quanto i pubblici esercizi hanno dovuto limitare la propria attività all’asporto, riguarda il regime IVA di queste operazioni. L’art. 3 c. 2 n. 4) della nostra legge IVA qualifica nelle prestazioni di servizi le somministrazioni di alimenti e bevande, per le quali la voce 121 della tabella A, parte III, concede l’aliquota del 10%.

Ma quando il consumatore si reca in un pubblico esercizio, chiede una bibita e viene invitato a prelevarla nel frigorifero, siamo in presenza di una somministrazione ad aliquota 10% o ad una cessione ad aliquota ordinaria? Questo dubbio era nato nel 1973, in relazione alla prassi della Capitale, dove sia allora che adesso, molti bar hanno il frigorifero della centrale del latte. All’epoca l’aliquota del latte era l’1% e quella della somministrazione il 6% (come oggi abbiamo rispettivamente il 4% e il 10%), e la risposta fu quella di applicare l’aliquota propria del bene, in quanto il prelievo dal frigorifero (possesso vale titolo) comporta il trasferimento della proprietà.

Sorto il problema dell’asporto, per evitare ogni dubbio, l’art. 1 c. 40 Legge di bilancio 2021 (L. 178/2020) ha stabilito che la nozione di preparazioni alimentari di cui al numero 80) della tabella A, parte III, deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto. Come si vede non si parla di bevande.

Questa terminologia della norma è stata quasi integralmente mutuata dalla sentenza della C.Giust. UE 10 marzo 2011, nei procedimenti riuniti C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09  Bog e altri, in cui si afferma nel dispositivo che:

– la fornitura di vivande o di cibi appena preparati pronti per il consumo immediato in stand o chioschi bar mobili o nei foyer dei cinema costituisce una cessione di beni, qualora risulti che gli elementi di prestazione di servizi che precedono e accompagnano la fornitura dei cibi non sono preponderanti;

– di regola le attività di catering costituiscono prestazioni di servizi;

– le cessioni di alimenti preparati come sopra detto possono beneficiare dell’aliquota ridotta come prodotti alimentari agevolabili.

L’argomento torna di attualità, oltre che per la norma nata dalla pandemia, perché la Corte di Giustizia è tornata in merito con la C.Giust. UE 22 aprile 2021 C-703/19  J.K. La lite portata al Lussemburgo riguarda la legislazione della Polonia, dove abbiamo la particolarità che l’aliquota sulla cessione di prodotti alimentari è del 5%, mentre quella sulla somministrazione è dell’8%. L’amministrazione finanziaria tende pertanto a riqualificare l’operazione nelle somministrazioni per avere un maggior gettito.

La recente sentenza, che cita ben otto volte quella indicata in precedenza, perviene ad una conclusione interessante. Fermo restando che il servizio di ristorazione e catering deve essere accompagnato da servizi di supporto sufficienti per il consumo immediato da parte del consumatore, se il cliente finale sceglie di non utilizzare i mezzi materiali ed umani messi a sua disposizione (ad esempio il servizio al tavolo), la fornitura degli alimenti rientra nelle cessioni di beni.

Tornando alla normativa italiana, data l’identità di aliquota tra somministrazioni e cibi preparati, il problema resta ancora rilevante per la cessione delle bevande ad aliquota ordinaria, che non possono essere considerate come “somministrate”.

Raffaele Rizzardi

ISA: l’AE conferma il regime premiale con media semplice

L’AE ha individuato i livelli di affidabilità fiscale relativi al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, confermando il criterio della media già introdotto lo scorso anno.

Laddove il risultato di “affidabilità” sia pari ad 8 per il 2020 (o 8,5 per la media semplice dei livelli 2019 e 2020) sarà possibile accedere a una serie di benefici del regime premiale. In particolare, l’esonero dall’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale sarà riconosciuto ai contribuenti che, per il periodo d’imposta 2020, presentano un livello di affidabilità almeno pari a 8, per la compensazione dei crediti di importo non superiore a:

  • € 50.000 annui relativi all’IVA, maturati nell’annualità 2021;
  • € 20.000 annui relativi alle imposte dirette e all’IRAP, maturati nel periodo d’imposta 2020.

Inoltre, con un livello pari ad almeno 8 si prevede che l’esonero dall’apposizione del visto di conformità:

  • sulla richiesta di compensazione del credito IVA infrannuale, maturato nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2022, sarà riconosciuto per crediti di importo non superiore a € 50.000 annui;
  • sulla richiesta di rimborso del credito IVA maturato per l’anno di imposta 2021, sarà riconosciuto per crediti di importo non superiore a € 50.000 annui (stesso esonero per la prestazione della garanzia);
  • sulla richiesta di rimborso del credito IVA infrannuale maturato nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2022, sarà riconosciuto per crediti di importo non superiore a € 50.000 annui (stesso esonero per la prestazione della garanzia).

L’esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative è riconosciuta per il periodo d’imposta 2020 sia:

  • ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 9 per il periodo di imposta 2020;
  • ai contribuenti con un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2019 e 2020.

L’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici, è riconosciuta per il periodo d’imposta 2020:

  • ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8,5 per il periodo di imposta 2020;
  • ai contribuenti con un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2019 e 2020.

L’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo è riconosciuta ai contribuenti ai quali è attribuito un livello di affidabilità almeno pari a 9 per il medesimo periodo di imposta, a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato. Il beneficio è riconosciuto anche ai contribuenti che presentano un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2019 e 2020.

Un’ultima casistica concerne i contribuenti che conseguono sia redditi d’impresa sia redditi di lavoro autonomo. L’accesso al regime premiale è possibile se:

  • il contribuente applica, per entrambe le categorie reddituali, i relativi ISA, ove previsti;
  • il punteggio di ogni ISA – anche sulla base di più periodi d’imposta – è pari o superiore a quello minimo individuato per l’accesso al beneficio.

Applicabilità del regime della tassazione separata al trattamento di fine mandato erogato a un amministratore con incarichi speciali ai sensi dell’articolo 2389, comma 3, del codice civile – Articolo 17 del Tuir

Ai fini dell’applicazione del regime di tassazione separata per il trattamento di fine mandato (TFM), anche con riferimento agli incarichi speciali (art. 2389, c. 3, c.c.), l’Agenzia delle Entrate afferma che è sufficiente che l’atto (avente data certa anteriore all’inizio del rapporto) che riconosce il diritto al TFM determini genericamente il diritto a tale indennità, demandando a un successivo atto del consiglio di amministrazione la specificazione dell’importo.

Il caso esaminato, in particolare, riguarda il TFM da erogare all’amministratore delegato pro-tempore nonché vicepresidente, maturato a partire dal 2000 e fino al 2017. L’indennità è stata riconosciuta dall’assemblea dei soci al momento della nomina dei nuovi amministratori, mentre la determinazione del suo ammontare è stata disposta dal consiglio di amministrazione subito dopo l’assemblea dei soci.

Risposta_292_27.04.2021

Fatture per omaggi e regalie prive di indicazione precisa

I costi sostenuti a fronte di fatture per omaggi e regalie non sono deducibili senza l’identificazione precisa della merce.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’AE avverso una società, ritenendo indeducibili i costi per carenza di motivazione. Tra i motivi esaminati, fattore di interesse è rappresentato dalla motivazione delle fatture relative alle spese per omaggi e regalie, le quali recavano una descrizione generica quanto a natura, aspetti quantitativi e qualitativi della merce oggetto di cessione. In tal modo, non era permessa la verifica del rispetto dei requisiti di certezza, precisione e determinabilità in ordine all’esistenza, all’ammontare, alla competenza temporale, nonché dell’inerenza con l’attività e la diretta correlazione con i ricavi.

Estremi: Cassazione civile, sez. VI, 29/03/2021, (ud. 21/01/2021, dep.29/03/2021), n. 8670
Fatto
RILEVATO
che:

1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento di maggiori redditi d’impresa emesso con riferimento all’anno d’imposta 2008 nei confronti della INFORTUNISTICA STRADALE s.a.s. di M.A., nonchè degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci M.A. e F.S., per i maggiori redditi di partecipazione nella predetta società, con la sentenza impugnata la CTR respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ravvisando la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per essere stato emanato l’avviso di accertamento senza la previa redazione e notifica di un processo verbale di constatazione delle violazioni tributarie con conseguente notifica ante tempus dell’atto impositivo, nonchè il difetto di motivazione del medesimo.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione sulla base di due motivi, cui replicano soltanto i soci della società contribuente.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto
CONSIDERATO
che:

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e della L. n. 4 del 1929, art. 24, nonchè dei principi comunitari in materia di contraddittorio endoprocedimentale.

1.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che nella specie era mancato il contraddittorio nella fase amministrativa dal momento che non era stato redatto il processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, obbligatorio anche in caso di accertamento a tavolino, sicchè il contribuente non era stato posto nelle condizioni di esercitare la facoltà di presentare osservazioni ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, e l’atto impositivo era stato emesso ante tempus in assenza di particolare e motivata urgenza. Sostiene la ricorrente che tale statuizione oblitera gli approdi della Cassazione in tema di accertamenti a tavolino, come quello effettuato nel caso di specie e richiama, al riguardo, Cass. n. 10452 del 2018 e n. 6219 del 2018, argomentando, quindi, circa l’assenza di un obbligo di contraddittorio generalizzato con riferimento ai tributi non armonizzati, mentre per quelli armonizzati esso è condizionato dall’obbligo del contribuente, nella specie rimasto inadempiuto, di fornire la c.d. prova di resistenza.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Nella specie, in cui è incontestato che l’amministrazione finanziaria abbia espletato un accertamento c.d. “a tavolino” e, quindi, senza procedere ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività commerciale, difetta il presupposto applicativo della L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e, quindi, della necessità di concedere al contribuente il termine dilatorio previsto dalla citata disposizione (cfr. ex multis, Cass. n. 27420 e n. 6219 del 2018, n. 3408 del 2017, n. 3142 del 2014, n. 13588 del 2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184 del 2013, p. 3.1).

4. La sentenza impugnata ha quindi erroneamente applicato il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, che, sempre in tema di contraddittorio, ha ribadito che l’applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto ai soli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente, non essendo espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario e non trovando quindi applicazione al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste.

4.1. Infatti, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, l’Ufficio, al di fuori delle ipotesi sopra indicate, “può emettere l’avviso di accertamento anche in assenza di un processo verbale che attesti la chiusura dell’attività istruttoria, in difetto di norme che impongano un obbligo di verbalizzazione e laddove sia prevista una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento” (cfr. anche, tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10904; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2016, n. 8000; Cass. sez. sez. 6-5, ord. 15 aprile 2016, n. 7600; Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20849).

4.2. Al riguardo va ricordato che “In tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo delle operazioni è richiesta dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, (applicabile non solo in materia di IVA ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, comma 1), esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali cd. a tavolino, espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8246 del 04/04/2018) e che la redazione di un processo verbale di constatazione non è necessario “per rendere legittimo un successivo avviso di accertamento, perchè è in esso che si esterna ciò che si è constatato” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31120 del 29/12/2017, Rv. n. 646575, in motivazione).

4.3. Da quanto detto discende che l’amministrazione finanziaria non era tenuta a redigere un processo verbale di constatazione e, conseguentemente, neppure poteva attendere il decorso del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 12, in assenza di un dies a quo.

5. Quanto poi all’obbligo del preventivo contraddittorio nella fase amministrativa, le Sezioni Unite di questa Corte hanno posto la basilare distinzione, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione Europea, chiarendo che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071).

5.1. Ne consegue, da un lato, che con riferimento ai tributi non armonizzati (ad esempio l’IRPEF, che pure viene in rilevo nel caso di specie), l’amministrazione finanziaria non aveva nessun obbligo di attivare il contraddittorio nella fase amministrativa, e dall’altro, che, con riferimento all’IVA, l’invalidità dell’atto impositivo è condizionato alla avvenuta prospettazione da parte della società contribuente nel ricorso introduttivo delle ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (in tal senso Cass. Sez. U. citate; sulla questione della c.d. prova di resistenza e del suo esito negativo, cfr., ex multis, Cass. n. 1969 e n. 3408 del 2017, n. 3142 del 2014, n. 13588 del 2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184 del 2013). Nello stesso senso si era anche pronunciata la Corte di Giustizia UE, nella sentenza del 3 luglio 2014, in causa C-129/13 e C-130/13, Kamino, affermando che “Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”).

5.2. Pertanto la causa va rimessa al giudice d’appello per l’accertamento in fatto al medesimo spettante circa l’assolvimento da parte della società contribuente dell’onere su di essa incombente.

6. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè artt. 112 e 115 c.p.c..

6.1. Con il motivo in esame la ricorrente, oltre a censurare la statuizione impugnata nella parte in cui fa discendere la nullità dell’avviso di accertamento societario dal rilevato difetto di motivazione dello stesso, deduce, nel corpo del motivo, anche la nullità della sentenza per motivazione apparente affermando che “appare evidente come la motivazione della sentenza si riveli quantomeno “contraddittoria, perplessa o apparente”” (ricorso, pag. 13).

7. Con riferimento a tale ultima censura, occorre ribadire che il vizio denunciato ricorre quando il giudice, in violazione dell’onere motivazionale della sentenza che impone di esporre concisamente i motivi della decisione, omette di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione, chiarendo le prove utilizzate per addivenire alla propria decisione, così impedendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; tale difetto si ravvisa anche nei casi in cui la motivazione risulta “meramente apparente”, poichè benchè graficamente esistente non rende percepibile il fondamento della decisione dal momento che dietro la parvenza di giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta è tale da non consentire di comprendere le ragioni, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito (cfr., ex multis, Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016, Cass. n. 20414 del 2018 e n. 13977 del 2019).

7.1. In tal caso, il vizio dedotto non è ravvisabile in quanto la CTR, seppur concisamente, ha riportato le ragioni del decidere, fondate sull’analisi dell’accertamento stesso, parametrandone la motivazione all’obbligo sancito dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, e dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42.

8. Merita invece accoglimento la censura della statuizione impugnata che ha rilevato un inesistente difetto di motivazione dell’avviso di accertamento societario.

9. Questa Corte ha precisato che il requisito motivazionale dell’accertamento, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano al contribuente di conoscere nel modo più compiuto i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste dall’ufficio finanziario a fondamento dell’atto impositivo, e dunque di porlo in condizioni di apprestare un’adeguata difesa, restando poi affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass. n. 23615 del 2011, Cass. n. 5645 del 2020).

10. La decisione della CTR, che ha ritenuto il provvedimento impositivo emesso nei confronti della società contribuente carente di motivazione nella parte relativa al disconoscimento dei costi, ritenuti indeducibili, e, per derivazione, quelli emessi nei confronti dei soci, è smentita dal contenuto dell’atto impugnato, fotograficamente riprodotto per autosufficienza nel ricorso, dal quale si possono evincere con chiarezza i fatti e le violazioni contestate. Invero, con riferimento ai componenti negativi nell’avviso di accertamento societario, è chiaramente spiegato che le fatture relative alle spese per “omaggi e regalie”, recavano una descrizione generica quanto a natura, aspetti quantitativi e qualitativi della merce oggetto di cessione, non permettendo di verificare il rispetto dei requisiti di certezza, precisione e determinabilità in ordine all’esistenza, all’ammontare, alla competenza temporale, nonchè l’inerenza con l’attività e la diretta correlazione con i ricavi; ancora, circa i costi per canoni di locazione fabbricati, l’Ufficio evidenziava nell’avviso di accertamento la mancanza del relativo contratto di locazione registrato e di documenti certi comprovanti l’effettivo pagamento degli oneri in questione; circa i costi del personale, contestava la deduzione delle indennità chilometriche rimborsate dalla società contribuente all’amministratore M. per l’utilizzo del mezzo proprio per trasferte, per difetto di idonea documentazione atteso che da quella prodotta dalla parte emergeva che l’autovettura utilizzata era nella disponibilità della società e non del M., in forza di un contratto di leasing finanziario da quella stipulato.

10.1. Risulta dunque chiaro come la CTR abbia errato nel ritenere carente di motivazione il contenuto dell’avviso di accertamento societario.

11. Da quanto detto consegue l’accoglimento del ricorso con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla competente Commissione Tributaria Regionale per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

Avvisi bonari senza sanzioni in caso di riduzione del 30% del volume di affari

Definizione agevolata degli avvisi bonari relativi alle dichiarazioni 2017 e 2018 senza pagamento di sanzioni ma, poiché si tratta di una sanatoria non generalizzata, i beneficiari saranno individuati, sulla base dei parametri previsti dalla norma, a cura dell’AE. A prevederlo è l’art. 5 DL 41/2021 (c.d. Decreto Sostegni).

Vediamo in dettaglio le caratteristiche di questa misura introdotta dichiaratamente per sostenere gli operatori economici che hanno subito consistenti riduzioni del volume d’affari nell’anno 2020 in conseguenza degli effetti economici derivanti dal perdurare dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Gli atti interessati

Si tratta delle comunicazioni previste dagli artt. 36-bis DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72:

  • elaborate entro il 31 dicembre 2020 e non inviate per effetto della sospensione disposta dall’art. 157 DL 34/2020 con riferimento alle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
  • elaborate entro il 31 dicembre 2021, relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, con riferimento alle relative dichiarazioni.

Come noto gli atti citati sono i c.d. avvisi bonari, cioè la richiesta agevolata di somme dovute a seguito del controllo automatizzato, volto ad individuare eventuali errori materiali o di calcolo commessi dai contribuenti, in relazione alle dichiarazioni relative ai periodi di imposta 2017 e 2018.

I soggetti interessati

La misura non è generalizzata e quindi non possono usufruirne tutti i contribuenti ma soltanto coloro che hanno specifici requisiti. Tale scelta selettiva, verosimilmente, è stata determinata dalla finalità della norma volta, come detto in precedenza, a sostenere i soli operatori economici che hanno subito consistenti riduzioni del volume d’affari nel 2020 (nella specie superiore al 30%) a seguito degli effetti economici derivanti dal perdurare dell’emergenza sanitaria.

In dettaglio la misura interessa i soggetti con partita IVA attiva alla data del 23/3/2021 (entrata in vigore del DL 41/2021) che hanno subito una riduzione maggiore del 30% del volume d’affari del 2020 rispetto al volume d’affari dell’anno precedente.

La riduzione del fatturato deve emergere rispetto all’anno precedente (2019):

  • dalla dichiarazione annuale IVA relativa al periodo d’imposta 2020, la cui presentazione è fissata al momento entro il 30 aprile;
  • per i soggetti non tenuti alla presentazione, considerando l’ammontare dei ricavi e/o compensi risultante dalle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2020.

L’agevolazione

La definizione consiste nell’abbattimento delle sanzioni e delle somme aggiuntive richieste con le comunicazioni di irregolarità elaborate dall’AE per il periodo d’imposta 2017 entro il 31 dicembre 2020 ma non inviate, per effetto della sospensione disposta dall’art. 157 del decreto Rilancio (DL 34/2020), e per il periodo d’imposta 2018 da elaborare entro il 31 dicembre 2021.

Modalità

La procedura è rimessa all’AE e non prevede alcuna istanza del contribuente interessato il quale, peraltro, non ha neanche conoscenza della data di elaborazione degli avvisi bonari. Così l’AE, sulla base delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, individua i soggetti per cui si è verificata la riduzione del volume d’affari o dei ricavi o compensi e procede all’invio delle proposte di definizione degli avvisi bonari unitamente alle ordinarie comunicazioni di irregolarità.

Ne consegue che gli interessati riceveranno due comunicazioni da parte dell’AE:

  • una relativa alla liquidazione ordinaria delle somme dovute in base agli avvisi bonari;
  • l’altra sulla definizione.

Quest’ultima consisterà, con ogni probabilità, in un prospetto di pagamento nel quale saranno espunte le sanzioni ordinariamente previste per queste irregolarità.

Le comunicazioni e le proposte sono inviate mediante posta elettronica certificata o raccomandata con avviso di ricevimento.

Da evidenziare che per espressa previsione legislativa (art. 5 c. 11 DL 41/2021) potranno essere individuate dall’AE, in occasione dell’emanazione di provvedimenti attuativi, ulteriori modalità per mettere a disposizione del contribuente il contenuto informativo delle comunicazioni e delle proposte di definizione.

In caso di adesione, è previsto il versamento secondo le ordinarie modalità di riscossione delle somme dovute in seguito a controlli automatici, vale a dire entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme dovute, la definizione non produce effetti e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione.

L’esclusione errata

Poiché non è prevista alcuna istanza di parte per beneficiare della sanatoria potrebbe verificarsi che il contribuente, pur ritenendo di avere tutti requisiti per fruire del beneficio, venga escluso.

In concreto ciò comporterà che al contribuente sia notificato:

  • avviso bonario con il prospetto delle imposte da corrispondere dal quale non risultano espunte le sanzioni;
  • in alternativa, anche se trattasi di ipotesi abbastanza isolata, direttamente la cartella di pagamento.

Ove ciò si verifichi, e il contribuente ritenga, al contrario, di poter beneficiare della sanatoria, esperiti inutilmente eventuali tentativi di chiarimenti diretti con l’AE e di conseguenti correzioni, è necessario che venga presentato ricorso avverso uno dei due atti notificati (avviso bonario o cartella) eccependo l’erronea pretesa rispetto alle sanzioni, in quanto sussistono i requisiti per beneficiare del loro abbattimento.

Proroga termini notifica

In considerazione delle tempistiche necessarie per elaborare le comunicazioni e gestire le proposte di definizione per le annualità interessate, il legislatore ha ritenuto di prorogare di un anno i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all’art. 25 c. 1 lett. a DPR 602/73, per le dichiarazioni presentate nel 2019 (ordinariamente prevista entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione).

(Antonio Iorio)

Tributi locali: proroghe di versamenti e adempimenti nel DL Sostegni

In data 23 marzo 2021 è entrato in vigore il Decreto Sostegni (DL 41/2021) che introduce nuove misure urgenti al fine di arginare l’impatto negativo che l’emergenza epidemiologica ha avuto sugli operatori economici nell’ultimo anno.

Tra le molte misure introdotte dal Governo, quali nuovi contributi a fondo perduto, stralcio delle cartelle esattoriali e varie proroghe fiscali, figurano anche proroghe e agevolazioni connesse a versamenti dei tributi locali.

Disposizioni per il sostegno delle imprese di pubblico esercizio

A supporto delle imprese esercenti l’attività di pubblico esercizio, indubbiamente tra le più colpite a causa delle varie restrizioni alla mobilità delle persone disposte dal Governo, sono state estese le disposizioni agevolative introdotte dal DL 34/2020 e successivamente prorogate dal DL 137/2020 fino al 31 marzo 2021.

In particolare, fino al 30 giugno 2021 per:

– bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie e altri esercizi di somministrazioni di pasti e bevande di cui all’art. 5 L. 287/91, che siano titolari di concessioni o autorizzazioni concernenti l’uso del suolo pubblico;

– commercianti titolari di concessioni o di autorizzazioni per l’utilizzo temporaneo di aree pubbliche (di cui al D.Lgs. 114/98);

viene sospeso il versamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, di cui all’art. 1 c. 816 e 837 L. 160/2019.

Sul punto si ricorda che, a decorrere dal 2021, tale canone va a razionalizzare l’imposizione in materia di occupazione del suolo pubblico e concessione pubblicitaria sostituendo:

– la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al Capo II del D.Lgs. 507/93;

– il canone per l’occupazione di spazi ed areepubbliche di cui all’art. 63 D.Lgs. 446/97;

– l’imposta comunale sulla pubblicità;

– il diritto sulle pubbliche affissioni e il canone per l’istallazione dei mezzi pubblicitari.

Inoltre, al fine di facilitare la presentazione delle domande e l’ottenimento in tempi brevi di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico o di ampliamento delle superfici già concesse, fino al 31 dicembre 2021 le domande dovranno essere inviate telematicamente all’ufficio competente allegando la sola planimetria e senza l’applicazione dell’imposta di bollo, in deroga alle modalità classiche di presentazione previste dal regolamento di cui al DPR 160/2010.

Per assicurare il rispetto delle misure di distanziamento interpersonale e favorire la somministrazione di cibi e bevande all’esterno, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade ed altri spazi aperti di strutture amovibili funzionali all’esercizio dell’attività, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, ecc…, fino al 31 dicembre 2021 non è subordinata alle autorizzazioni speciali, di cui agli artt. 21 e 146 D.Lgs. 42/2004, e ai limiti temporali di 180 giorni di avvenuta cessazione di necessità (art. 6 c. 1 lett. e bis DPR 380/2001).

Disposizioni in ambito Tassa Rifiuti

Differentemente a quanto previsto nel primo “bollinato” del Decreto, che prevedeva la scadenza al 30 settembre 2021, la versione definitiva pubblicata in GU in data 22 marzo 2021 dispone la proroga dei termini per l’approvazione delle tariffe TARI alla data del 30 giugno 2021.

Entro questa data, infatti, i comuni dovranno approvare i piani economico-finanziari del servizio rifiuti, le tariffe e i regolamenti della Tassa Rifiuti (e della tariffa corrispettiva). In caso di approvazione in data successiva a quella di approvazione del proprio bilancio di previsione il comune potrà comunque effettuare modifiche in occasione della prima variazione utile.

Le imprese (utenze non domestiche) che intendono optare per l’uscita dal servizio pubblico per il trattamento dei rifiuti urbani, ovvero che vogliono conferire i propri rifiuti al di fuori dell’esercizio pubblico dimostrando di averli avviati al recupero per essere escluse dall’obbligo di corresponsione degli importi previsti dalla tariffa in base all’art. 3 c. 12 D.Lgs. 116/2020, dovranno comunicarlo al comune (o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva) entro il 31 maggio di ciascun anno.

Lorenzo Meroni

Il Decreto Sostegni in vigore dal 23 marzo 2021

DECRETO-LEGGE 22 marzo 2021, n. 41 (GU n.70 del 22-3-2021)

 

Argomento Descrizione Art.
Blocco dei licenziamenti

Proroga:

• al 30 giugno 2021 per le procedure di licenziamento collettivo e i licenziamenti per GMO;

• al 31 ottobre 2021 sempre con riferimento ai licenziamenti collettivi e ai licenziamenti per GMO, per i datori di lavoro che utilizzano le nuove 28 settimane di assegno ordinario, cassa in deroga e per il settore agricolo (CISOA).

Sono previste deroghe al divieto: per cessazione definitiva dell’impresa; cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società; accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo; fallimento, quando non è previsto l’esercizio provvisorio.

8
CIGO senza contributi addizionali Prorogata di altre 13 settimane da utilizzare dal 1° aprile al 30 giugno 2021. Dal 1° luglio azzeramento del contatore per la CIGO. 8
Cassa integrazione in deroga e assegno ordinario legati all’emergenza «COVID»

Prorogata di altre 28 settimane, tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.

Semplificata la procedura: tutto transiterà attraverso “UniEmens-Cig”, mediante il quale si trasmetteranno all’INPS tutti i dati necessari al calcolo e alla liquidazione della prestazione.

8
Cassa integrazione salariale per operai agricoli (CISOA)

Prorogata di 120 giorni per il periodo compreso tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.

 

8
Indennità lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo È riconosciuta un’ulteriore indennità di € 2.400 ai lavoratori, anche in somministrazione, stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo già indennizzati con il Decreto Ristori (artt. 15 e 15-bis DL 137/2020 conv. in L. 176/2020), che abbiano continuato a soffrire delle conseguenze economiche del perdurare del periodo pandemico.

È, inoltre, riconosciuta un’indennità omnicomprensiva pari a € 2.400 ai seguenti lavoratori dipendenti autonomi che, in conseguenza dell’emergenza COVID-19, hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, da erogarsi previa nuova domanda da presentare entro il 30 aprile 2021:

·         dipendenti stagionali, o in somministrazione del turismo e degli stabilimenti termali nel turismo o negli stabilimenti termali che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno 30 giornate nel periodo tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del Decreto Sostegni;

·         dipendenti stagionali e in somministrazione in altri settori diversi da quelli di cui sopra che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno 30 giornate nel periodo tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del Decreto Sostegni;

·         intermittenti che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno 30 giornate nel periodo tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del Decreto Sostegni;

·         autonomi privi di partita IVA con contratti occasionali;

·         incaricati alle vendite a domicilio.

La medesima indennità è riconosciuta ai lavoratori dipendenti a tempo determinato del settore del turismo e degli stabilimenti termali in possesso di specifici requisiti.

È, infine, riconosciuta un’indennità pari a € 2.400 agli iscritti al Fondo pensione lavoratori spettacolo in possesso di specifici requisiti.

10
Indennità lavoratori sportivi È riconosciuta un’indennità di importo variabile tra i € 1.200 e i € 3.600. 10
Proroghe e rinnovi dei contratti a termine

 

È prorogata la deroga in materia di causale dei contratti a termine: fermo restando la durata massima complessiva di 24 mesi, fino al 31 dicembre 2021 sarà possibile per le imprese rinnovare e prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti a tempo determinato in deroga alle condizioni previste.

La novità ha efficacia a far data dall’entrata in vigore del Decreto Sostegni e nella sua applicazione non si tiene conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti.

17
NASPI Dall’entrata in vigore del decreto Sostegni e fino al 31 dicembre 2021, è previsto che l’indennità di disoccupazione potrà essere concessa a prescindere dalla sussistenza, in capo al lavoratore, del requisito dei 30 giorni di effettivo impiego nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. 16
Esonero contributivo filiere agricole pesca e acquacoltura

 

L’esonero, già previsto per il mese di dicembre 2020, è riconosciuto anche per il mese di gennaio 2021. 19
Lavoratori in condizioni di fragilità Proroga delle tutele fino al 30 giugno 2021. 15
Fondo esonero contributi previdenziali autonomi e professionisti Incremento del Fondo per l’esonero dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti che abbiano:

• percepito nel periodo di imposta 2019 un reddito complessivo non superiore a € 50.000;

• abbiano subìto un calo del fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33% rispetto a quelli dell’anno 2019.

3
Reddito di cittadinanza

 

Per l’anno 2021, qualora la stipula di uno o più contratti di lavoro subordinato a termine comporti un aumento del valore del reddito familiare fino al limite massimo di € 10.000 annui, il beneficio economico è sospeso per la durata dell’attività lavorativa che ha prodotto l’aumento del reddito familiare fino a un massimo di 6 mesi. 11
Reddito di emergenza

 

Rinnovo per ulteriori 3 mensilità (marzo, aprile, maggio 2021) e ampliamento della platea dei potenziali beneficiari. 12
Fondo reddito ultima istanza Incremento di € 10.000.000 ai fini del riconoscimento delle indennità relative al mese di maggio 2020. 13

Decreto Sostegni 2021: sintesi delle novità fiscali

DL SOSTEGNI BOLLINATO

È stata “bollinata” dalla Ragioneria generale la bozza del Decreto Sostegni: le novità sono organizzate in 5 titoli e 41 articoli. Sul piatto sono stati stanziati ben 32 milioni €, strutturati in cinque ambiti d’intervento:

  • sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore: con ridefinizione del contributo a fondo perduto e importanti per l’accesso e l’erogazione;
  • lavoro e contrasto alla povertà: tra le misure, il sostegno al reddito dei lavoratori e il blocco dei licenziamenti; indennità ai lavoratori stagionali del turismo; il rifinanziamento del Reddito di Cittadinanza e l’estensione del Reddito di emergenza, con 3 nuove mensilità;
  • salute e sicurezza: con importanti interventi a supporto della campagna vaccinale, tra le misure il coinvolgimento delle strutture alberghiere e ricettive fino al 31 maggio 2021;
  • sostegno agli enti territoriali: con ristori a favore dei comuni, province e enti territoriali per le minori entrate;
  • ulteriori interventi settoriali: con importanti misure e stanziamento a favore di alcuni settori tra cui istruzione, cultura, spettacolo, filiere agricole e ambito fieristico.

Sotto un profilo meramente fiscale le misure disposte definiscono un nuovo ambito applicativo del contributo a fondo perduto, l’adozione di misure per favorire la ripresa rallentando le attività legate alla riscossione coatta, l’introduzione della cancellazione dei debiti e le nuove proroghe dei termini legati ai principali adempimenti.

Il nuovo contributo a fondo perduto

Il contributo a fondo perduto per imprese e professionisti è definito all’art. 1 del Decreto Sostegni in commento. Il meccanismo è stato ottimizzato, da un lato eliminando il riferimento ai codici ATECO, dall’altro alzando la soglia massima del fatturato per poter accedere. È stato eliminato il limite di 5 milioni € e non è prevista più alcuna limitazione correlata all’attività esercitata o all’ordine professionale di apparenza e alla relativa Cassa di previdenza.

Soggetti beneficiari: sono i titolari di partita IVA residenti o stabiliti nel territorio dello Stato che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario (art. 32 TUIR), nonché gli enti non commerciali e del terzo settore.

Soggetti esclusi:

– i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del Decreto Sostegni;

– i soggetti che hanno attivato la partita IVA dopo l’entrata in vigore del decreto;

– gli enti pubblici di cui all’art. 74 TUIR e gli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis TUIR.

La condizione da soddisfare per richiedere il nuovo contributo è aver subito perdite di fatturato e dei corrispettivi, tra il 2019 e il 2020, pari ad almeno il 30%, calcolato sul valore medio mensile.

Per determinare tale ammontare occorre fa riferimento, come espressamente indicato all’art.1 c.4 del citato decreto, alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

Chi ha attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019 il contributo spetta anche in assenza dei requisiti legati al calo del fatturato.

Il contributo prevede cinque fasce di ristoro basate sul fatturato 2019, il parametro di calcolo è il calo medio mensile a cui si applica una percentuale che decresce all’aumentare del fatturato. In pratica il contributo si calcola applicando la percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 e l’ammontare medio mensile del medesimo parametro relativo all’anno 2019.

La percentuale si applica sulla differenza di ammontare medio mensile fatturato-corrispettivi 2020 e 2019

I limiti del contributo a fondo perduto riguardano:

il fatturato: possono fruire del contributo le imprese con ricavi o compensi non superiori a 10 milioni € nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del decreto in commento;
l’importo del contributo: l’ammontare del contributo non può essere inferiore:
– a 1.000 € per le persone fisiche;

– a 2.000 € per gli altri soggetti

e al contempo non può superare 150.000 €.

Il contributo a fondo perduto non concorre alla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e Irap, né del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 c. 5 TUIR.

Il contributo spettante potrà essere fruito, a scelta del contribuente, in due modalità:

– direttamente come “liquidità”, ricevendo l’ammontare spettante tramite bonifico bancario nel proprio conto corrente intestato al beneficiario;

– credito d’imposta, cioè utilizzandolo in compensazione in via telematica mediante il modello F24, in tal caso non si applicheranno i limiti fissati dall’art. 31 c. 1 DL 78/2010.

Per fruire del contributo occorre presentare – direttamente o tramite intermediario, dando evidenza del possesso dei requisiti richiesti – istanza entro 60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione. Le modalità e i termini di presentazione saranno oggetto di un provvedimento di prossima emanazione da parte dell’AE. I pagamenti partiranno già il prossimo 8 aprile 2021.

Ai fini del regime sanzionatorio, dell’attività di controllo, e delle modalità di erogazione si rendono applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 25 c. 6-14 DL 34/2020.

Sempre in tema di contributo a fondo perduto, si segnala infine che:

– è abrogato quello a favore degli operatori con sede operativa nei centri commerciali e degli operatori delle produzioni industriali (comparto alimentare e bevande);

– viene circoscritto quello riservato alle attività nei centri storici: spetta solo alle attività svolte nei comuni in cui sono situati santuari religiosi, se la popolazione è superiore a 10.000 abitanti.

Altre misure a favore di imprese e lavoratori autonomi

Tra le diverse misure inserite nel decreto in commento evidenziamo che è stato aumentato di 1,5 miliardi il Fondo per l’esonero dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti che nel 2020 hanno subito un calo del reddito superiore al 33% rispetto al 2019.

Il Fondo per il turismo invernale risulta incrementato grazie agli stanziamenti per supportare la filiera della montagna, con una quota specifica destinata ai maestri di sci.

Interventi per ridurre i costi delle bollette elettriche e nuove misure per sostenere i settori:

– fiere, manifestazioni fieristiche internazionali e congressi;

– cultura e spettacolo, mostre e musei;

– eventi privati e matrimoni;

– attività commerciali o di ristorazione nei centri storici;

– filiere dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura.

Lo stand-by della riscossione

Il decreto in commento dispone all’art. 4 la proroga del periodo di sospensione delle attività dell’agente della riscossione e annullamento dei carichi.

Ecco le principali novità:

La proroga della sospensione delle attività di riscossione coattiva fino al 30 aprile: slitta, infatti, dal 28 febbraio al 30 aprile 2021 la data finale del periodo di sospensione dei termini di versamento, derivanti da cartelle di pagamento, nonché dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge relativi alle entrate tributarie e non. Con riferimento al termine di sospensione ora prorogato al 30 aprile per la regolarizzazione delle cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento, si segnala anche il termine del 31 maggio 2021 quale data in cui effettuare in unica soluzione i versamenti oggetto di sospensione.

Proroga per la rottamazione: nuovo termine per le somme dovute per le definizioni relative alla rottamazione-ter, rottamazione risorse proprie UE e “saldo e stralcio”. È previsto che sarà considerato tempestivo e non determina l’inefficacia delle stesse definizioni il versamento eseguito integralmente, con applicazione delle disposizioni di cui all’art. 3 c. 14-bis DL 119/2018, effettuato entro:

il 31 luglio 2021: per le rate in scadenza nell’anno 2020;
il 30 novembre 2021: per le rate 2021 e precisamente quelle in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021.
In deroga alle disposizioni di cui all’art. 19 c. 1 D.Lgs. 112/99, le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell’anno 2018, 2019, 2020 e 2021 sono presentate rispettivamente entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024, entro il 31 dicembre 2025 e entro il 31 dicembre 2026.

Con riferimento ai carichi relativi alle entrate tributarie e non tributarie affidati all’agente della riscossione durante il periodo di sospensione e successivamente fino alla data del 31/12/2021, nonché affidati dopo lo stesso 31/12/2021, a quelli relativi alle dichiarazioni di cui all’art. 157 c. 3 lett. a), b) e c) DL 34/2020 è disposta una proroga di:

– 12 mesi per il termine del termine di notifica della cartella di pagamento di cui all’art. 19 c. 2 lett.a) D.Lgs. 112/99;

– 24 mesi per i termini di decadenza e prescrizione riguardanti le suddette entrate.

Si differisce, inoltre, dal 28 febbraio al 30 aprile 2021 il termine relativo alle sospensioni dei pignoramenti dell’Agente della riscossione su stipendi e pensioni, di cui all’art. 152 c. 1 DL 34/2020.

Si dispone un nuovo condono: vale a dire l’annullamento dei debiti per gli atti emessi da Agenzia delle entrate-Riscossione dal 2000 al 2011 e, quindi, non più quindi il periodo preannunciato che andava dal 2000 al 2015. È disposta la cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 5.000 €– considerando la sorte capitale, gli interessi e le sanzioni a periodo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

La cancellazione è ammessa per i soggetti con reddito inferiore a 30.000 € e precisamente:

– per le persone fisiche, il reddito percepito nell’anno 2019;

– per i soggetti diversi, quello percepito nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019.

Le modalità e le date di annullamento dei debiti saranno oggetto di prossimo decreto del MEF.

Dalla data di entrata in vigore del decreto sostegno e fino alla data stabilita dal suddetto DM sono sospesi:

– la riscossione di tutti i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore fino a 5.000 € risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010;

– i relativi termini di prescrizione.

Pace e ulteriori interventi fiscali di agevolazione

L’art. 5 Decreto Sostegni contiene tra le altre novità il nuovo calendario delle scadenze fiscali e la pace fiscale per le somme dovute nel biennio 2017 e 2018.

Arriva la “Definizione agevolata” pergli avvisi bonari per le somme dovute a seguito del controllo automatizzato relative alle dichiarazioni del 2017 e 2018 a favore dei titolari di partita Iva che hanno subito nel 2020 un calo del volume d’affari del 30% rispetto al 2019.

Tali soggetti potranno fruire della “proposta di definizione” che l’AE invierà loro, unitamente alla comunicazione di irregolarità, direttamente nella posta certificata o con raccomandata. La regolarizzazione riguarderà i tributi, gli interessi e i contributi, ma non saranno dovuti sanzioni o somme aggiuntive.

Oggetto della definizione sono i tributi e contributi non pagati o pagati parzialmente che risultano dalle comunicazioni di irregolarità per il periodo d’imposta:

2017, vale a dire quelle elaborate entro il 31 dicembre 2020, ma non inviate in quanto sospese ai sensi del DL 34/2020;
2018, ovvero quelle elaborate entro il 31 dicembre 2021.
Conseguentemente si dispone anche che i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all’art. 25 c. 1 lett. a) DPR 602/73 sono prorogate di un anno per le dichiarazioni presentate nel 2019.

Sono moltissime le proroghe disposte dal decreto sostegno, alcune delle quali già oggetto di anticipazione da parte del MEF.

Nuovo calendario delle scadenze fiscali:

  • 30 aprile 2021 (art. 5 c. 12): la sospensione della compensazione tra credito d’imposta e debito iscritto a ruolo, già prevista per il 2020 dall’art. 145 DL 34/2020;
  • 31 gennaio 2022: il termine finale della sospensione disposta dall’art. 67 c. 1 DL 18/2020;
  • 16 maggio di ciascun anno il versamento dell’imposta sui servizi digitali, per l’ammontare dovuto per il 2020 il termine per il pagamento è fissato entro il 16 maggio 2021 (non più il 16 marzo 2021);
  • 30 giugno di ciascun anno la presentazione della dichiarazione annuale sui servizi digitali, la presentazione della dichiarazione per il 2020 entro il 30 giugno 2021 (anziché entro il 30 aprile 2021);
  • 10 giugno 2021: il nuovo termine è fissato nei 3 mesi tre mesi successivi al termine di cui all’art. 7 c. 4-ter DL 357/94 per la conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche relative al 2019 e, in generale, ai fini della loro rilevanza fiscale di tutti i documenti informatici di cui all’art. 3 DM 17 giugno 2014 relativi al 2019;
  • 31 marzo 2021: il termine per l’invio da parte dei sostituti delle certificazioni uniche 2021;
  • 31 marzo 2021: il termine per la trasmissione telematica all’AE, da parte dei soggetti terzi, dei dati relativi a oneri e spese sostenuti dai contribuenti nell’anno precedente, delle spese sanitarie rimborsate, nonché degli altri dati riguardanti deduzioni o detrazioni;
  • 10 maggio 2021: il termine entro cui l’AE mette a disposizione dei contribuenti la dichiarazione dei redditi precompilata.

Autore: Monica Greco

Il ravvedimento parziale è applicabile retroattivamente

Il ravvedimento operoso parziale, introdotto dal 2019, è norma di interpretazione autentica e vale anche per il passato. Inoltre, trattandosi di favor rei, si applica anche di ufficio, all’unica condizione che si dia conto della correttezza dei calcoli e dell’effettività dei versamenti.

Il “nuovo” ravvedimento operoso parziale

Introducendo una norma di sicuro favore nell’ottica della compliance e, allo stesso tempo, ponendo la parola fine a una prassi degli uffici spesso contrastante, il legislatore tributario ha previsto, a decorrere dal 30 giugno 2019, l’istituto del ravvedimento parziale di cui all’art. 13 bis D.Lgs. 472/97, il quale consente di beneficiare della “tradizionale” riduzione della sanzione, derivante da versamenti omessi o carenti, anche solo in parte.

La norma, a ben guardare, esordisce affermando che “l’art. 13 si interpreta”, in tal modo dimostrando, anche sotto il profilo lessicale, che l’intento del legislatore sia stato proprio quello di stabilire un principio generale, valido anche per le fattispecie verificatesi in precedenza, purché non divenute definitive. Il principio, pertanto, si applica anche ai giudizi in corso come quello in argomento (a condizione, dunque, che non si sia concluso con sentenza passata in giudicato) e ne consente l’applicazione anche di ufficio da parte del giudice, trattandosi di una ipotesi di favor rei.

In questa direzione si colloca la recente sentenza della Cassazione, con la quale i giudici, nel rimettere la questione al giudice di appello proprio perché verificasse l’applicazione concreta dal principio, hanno stabilito la natura e gli effetti della norma contenuta nell’art. 13 bis, fissando – come unica condizione – che il contribuente alleghi i conteggi e la documentazione comprovante il versamento ridotto.
La vicenda

Il giudizio nasce con l’impugnazione, da parte di una società per azioni, di una cartella di pagamento emessa a seguito del mancato riconoscimento di un ravvedimento operoso parziale, in epoca precedente al 30 giugno 2019 (data di entrata in vigore dell’art. 13 bis), seguito alla presentazione di una dichiarazione integrativa.

A detta dell’Ufficio, la fattispecie non era regolarizzabile con il ravvedimento e, per questo, risultava corretta la liquidazione automatica effettuata, che aveva tenuto conto della sola prima – e originaria – dichiarazione.

Di qui l’impugnazione da parte della s.p.a., che trovava il favore dei giudici sia di primo che di secondo grado. La commissione tributaria regionale, in particolare, aveva posto l’accento (nel 2012 e, dunque, quando l’istituto del ravvedimento parziale era ancora lontano dall’essere introdotto) sulla buona fede della società, alla quale, a fronte dell’incertezza normativa concernente il profilo del calcolo degli acconti a seguito di dichiarazione integrativa, spettava la sanzione (e gli interessi) in misura ridotta.

L’AE proponeva ricorso in Cassazione e la società vi aveva resistito.

Nelle more del giudizio, la s.p.a., con apposita memoria ex art. 378 c.p.c., aveva insistito per l’accoglimento delle proprie ragioni anche in virtù dell’entrata in vigore dell’art. 13 bis sul ravvedimento parziale, invocandone la portata retroattiva quale norma di natura interpretativa.

La Cassazione, prima di riconoscere come valida la tesi della società, ha escluso l’applicabilità della buona fede, come ritenuto, in un primo momento, dal giudice di appello.

Quanto alla validità retroattiva del ravvedimento parziale, invece, i giudici pur accogliendo parzialmente il ricorso delle entrate, hanno dimostrato di condividere la tesi della società, valorizzando la produzione documentale concernente i versamenti effettuati in misura ridotta.
L’efficacia retroattiva della norma e la sua natura di favor rei

Il ragionamento seguito dalla Corte ha preso le mosse dalla lettera dell’art. 13 bis, il quale, esordendo con la locuzione “si interpreta”, chiarisce la sua natura di norma di interpretazione autentica, in quanto tale dotata di efficacia retroattiva.

Tuttavia, sotto il profilo processuale, l’applicazione dello ius superveniens sarebbe stata impedita se non fossex. che ad essere richiamato, nel caso di specie, è stato il superiore principio del favor rei, la cui portata investe ogni stato e grado del giudizio.

In particolare, i giudici hanno premesso che, nonostante la sopravvenienza della norma risultasse successiva all’introduzione del giudizio di cassazione e, al contempo, nonostante la questione fosse pertinente rispetto al tema decisorio, la nuova questione, normalmente, non avrebbe potuto essere sollevata a mezzo di una “semplice” memoria, ex art. 378 c.p.c.

A fare la differenza, dunque, è stato il principio del favor rei, di cui all’art. 3 D.Lgs. 472/97, il quale è dotato di forza espansiva e, dunque, da applicarsi anche d’ufficio da parte del giudice, in ogni stato e grado del procedimento.
La prova del versamento ridotto

Consentito, in questo modo, l’accesso del principio anche alla controversia in argomento, la Corte ha preso atto che la società, in allegato alle memorie, aveva fornito la dimostrazione del pagamento delle sanzioni in misura ridotta, avvalendosi del ravvedimento parziale, in uno con lo sviluppo dei calcoli che ne erano a monte.

Questa dell’allegazione ha rappresentato condizione sostanziale perché il principio venisse effettivamente applicato; infatti, nonostante la sua natura di favor rei, la Cassazione ha ribadito come non sia sufficiente la mera deduzione dello ius superveniens, ma occorre la specifica allegazione delle prove della sua applicazione.

Al riguardo, la società, nella memoria difensiva (per questo risultata, comunque, decisiva), aveva precisato quale fosse stato il procedimento di calcolo seguito nella quantificazione delle sanzioni, fornendo, al contempo, copia dei modelli F24 con cui era stato eseguito il pagamento.

Solo così, dunque, si è dato il via libera all’applicazione, al caso di specie, della novella del 2019, dando così ufficialmente ingresso, nel panorama della giurisprudenza di legittimità, al principio innovativo e, al contempo, rispettoso della stessa ratio che ne è alla base.

  • Cassazione 10 marzo 2021 n. 6593, Art. 13 bis D.Lgs. 472/97

(Marco Ligrani)

Accesso ai servizi in rete tramite SPID: memo dal CNDCEC

Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti invita ogni Ordine a comunicare ai propri iscritti lo switch-off delle credenziali utilizzate per l’accesso ai propri servizi digitali in favore del Sistema pubblico di identità digitale.

Infatti, come noto, a decorrere dal 1° marzo 2021 tutte le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di consentire l’accesso ai propri servizi online esclusivamente mediante identificazione SPID.

Dal 28 febbraio scorso, dunque, le amministrazioni non rilasciano più autonome credenziali di accreditamento, anche se quelle non ancora scadute a tale data potranno essere utilizzate fino alla loro scadenza o fino al 30 settembre 2021 (qualora scadano successivamente).

Il legislatore ha inoltre previsto che le amministrazioni debbano rendere fruibili i propri servizi in rete attraverso l’app IO, con la possibilità di presentare istanze, dichiarazioni e autocertificazioni. A tale fine, le amministrazioni devono aver avviato i progetti di trasformazione digitale entro il 18 febbraio 2021.

Inf. CNDCEC 15 marzo-2021-n.-3

Proroga CU 2021, 730 precompilato e conservazione fatture 2019

Slitta al 10 giugno il termine ultimo per la conservazione delle fatture elettroniche relative all’annualità 2019 ed al 31 marzo la scadenza per la trasmissione telematica delle certificazioni uniche. In proroga anche l’intero pacchetto di adempimenti legati alla dichiarazione precompilata: differito al 31 marzo il termine per l’invio dei dati degli enti esterni (banche, assicurazioni, amministratori di condominio, università, asili nido); passa dal 30 aprile al 10 maggio 2021 il giorno in cui i cittadini avranno a disposizione le dichiarazioni online sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Queste sono le novità annunciate con il Com. Stampa MEF 13 marzo 2021 n. 49.

Diritto e Fisco, Giuliano Mandolesi, pag. 27.