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Rinuncia indennità di fine mandato, rilevante la qualifica di “socio”

Se l’amministratore è interno alla Srl, il compenso accantonato non è tassabile in quanto la mancata fruizione è finalizzata a incrementare il patrimonio della partecipata

Il regime fiscale applicabile alla rinuncia al trattamento di fine mandato (Tfm) da parte di quattro amministratori di una Srl, due soci e due “estranei”. Di questo si è occupata la risoluzione n. 124/E del 13 ottobre 2017, spiegando che le modalità di tassazione sono differenti a secondo che si tratti di soci o di soggetti esterni alla compagine sociale.

L’Agenzia delle entrate, ricorda in via generale che il comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir, inserito dal decreto internazionalizzazione, prevede che “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero”. In assenza di tale comunicazione, quindi, il debitore è tenuto ad assoggettare a tassazione tutta la sopravvenienza attiva.
L’eccedenza, invece, costituisce per il debitore partecipato una sopravvenienza imponibile, a prescindere dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare un fenomeno di tassazione da gestire con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.

L’irrilevanza fiscale della rinuncia e della relativa sopravvenienza attiva, rileva la risoluzione, è dovuta alla volontà del socio di incrementare il patrimonio della società partecipata.
Con riferimento al la risoluzione in esame, l’Agenzia chiarisce che, nel caso di rinuncia al trattamento di fine mandato operata da amministratori soci, la società non dovrà tassare alcuna sopravvenienza attiva (articolo 88, comma 4-bis del Tuir), non essendo ravvisabile alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale. Allo stesso modo, non è richiesta la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia, non potendo verificarsi, in assenza di un’attività di impresa, quelle distorsioni che il legislatore ha inteso scongiurare attraverso l’introduzione del citato comma 4-bis.

Se la rinuncia al Tfm riguarda amministratori esterni alla società, invece, mancando la qualifica di socio, troverà applicazione l’articolo 88, comma 1, del Tuir, con la conseguenza che la società dovrà tassare una sopravvenienza attiva nei limiti delle quote di trattamento di fine mandato accantonate e dedotte.

La risoluzione precisa, infine, che, in capo agli amministratori soci, i crediti rinunciati, avendo patrimonializzato la società, dovranno essere tassati in virtù dell’incasso giuridico. Gli amministratori non soci, invece, non avendo conseguito nessuna contropartita non saranno assoggettati a imposizione fiscale.

INAIL | Rivalutazione del minimale e del massimale di rendita con decorrenza 1° luglio 2017 – Limiti di retribuzione imponibile per il calcolo dei premi assicurativi.

Circolare n. 44 del 13 ottobre 2017

Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 19 luglio 2017 ha confermato, con decorrenza 1° luglio 2017, gli importi del minimale e del massimale di rendita vigenti già dal 1° luglio 2016 pari a euro 16.195,20 e a euro 30.076,80, di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2016.

Si confermano, pertanto, i limiti di retribuzione imponibile ai fini del calcolo del premio assicurativo che variano secondo la rivalutazione delle rendite erogate dall’Inail, riportati nelle circolari 11 ottobre 2016, n. 36 e 18 aprile 2017, n. 17.

Regime delle locazioni brevi: arriva la circolare esplicativa

Dall’Agenzia delle entrate arrivano i chiarimenti interpretativi sul regime fiscale delle locazioni brevi, introdotto dal “decreto conti pubblici” (cfr articolo 4, Dl 50/2017).
Con la circolare 24/E del 12 ottobre 2017, infatti, l’amministrazione illustra il contenuto della nuova disciplina alla luce delle questioni emerse nel corso del confronto avuto negli ultimi mesi con le associazioni di categoria e i principali operatori del settore.
L’Agenzia sottolinea, peraltro, che le indicazioni contenute nel documento di prassi riguardano solo l’applicazione dei tributi rientranti nella sua competenza, quindi non anche l’imposta di soggiorno.

Contratto di locazione breve: definizione
La circolare prende avvio dalla definizione di contratti di locazione breve allo scopo di delimitare l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni.
Sono tali i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa. A questi ultimi sono equiparati i contratti di sublocazione e quelli di concessione in godimento dell’immobile stipulati dal comodatario, aventi medesima durata.
Rientrano nel campo applicativo della disciplina in esame sia i contratti stipulati direttamente tra locatore e conduttore sia quelli stipulati con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.
Dalla definizione appena riporta si evince che si tratta di figure contrattuali tese a soddisfare “esigenze abitative transitorie, anche per finalità turistiche”.

Il legislatore ha espressamente previsto che il contratto non deve essere concluso nell’esercizio di un’attività commerciale (la condizione riguarda entrambe le parti del rapporto). Pertanto, dall’ambito di applicazione del nuovo regime sono escluse le locazioni brevi stipulate nell’esercizio di un’attività organizzata in forma d’impresa.
L’applicazione della nuova disciplina, inoltre, è esclusa anche nel caso di attività commerciale non esercitata abitualmente, i cui redditi sono compresi tra i redditi occasionali (ex articolo 67, comma 1, lett. i, Tuir).

Come già anticipato, la nuova disciplina si applica anche ai contratti di sublocazione e a quelli stipulati dal comodatario che concede a terzi la disponibilità dell’immobile a titolo oneroso. Il legislatore, quindi, ha delineato l’ambito applicativo in base alla causa del contratto e non in base al diritto che ha sull’immobile colui che lo mette a disposizione.

I contratti in esame devono avere a oggetto immobili aventi destinazione residenziale situati in Italia (categorie catastali da A1 a A11, esclusa A10) e le relative pertinenze (box, posti auto, cantine, soffitte, ecc.) nonché singole stanze dell’abitazione.
Oltre alla messa a disposizione dell’abitazione, il contratto può avere a oggetto la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali (servizi strettamente funzionali alle esigenze abitative di breve periodo).
Sul punto la circolare precisa che tra i servizi rilevanti ai fini dell’applicazione del nuovo regime devono essere inclusi anche altri servizi come, ad esempio, la fornitura di utenze, wi-fi, aria condizionata.

Al contrario, la disciplina in esame non è applicabile se, insieme alla messa a disposizione dell’abitazione, sono forniti servizi aggiuntivi che non presentano una necessaria connessione con la finalità residenziale dell’immobile, quali, ad esempio, la fornitura della colazione, la somministrazione di pasti, la messa a disposizione di auto a noleggio o di guide turistiche o di interpreti, essendo in tal caso richiesto un livello seppur minimo di organizzazione, non compatibile con il semplice contratto di locazione, come nel caso della attività di bed and breakfast occasionale.

La locazione breve non deve avere una durata superiore a 30 giorni. Il termine deve essere considerato in relazione a ogni contratto. Quindi, se nel corso dello stesso anno tra le stesse parti vengono stipulate più locazioni brevi, il termine va riferito a ogni singolo contratto.
In ogni caso, se la durata delle locazioni che in un anno intervengono tra le medesime parti è complessivamente superiore a 30 giorni, è necessario provvedere alla registrazione del contratto.

Gli adempimenti a carico degli intermediari
Nell’ambito della nuova normativa, un ruolo significativo viene attribuito a coloro che agiscono da intermediari (sia essi residenti o non residenti) per la conclusione del contratto di locazione breve o che intervengono nel pagamento del corrispettivo.
Peraltro, sono coinvolti anche coloro che, attraverso la gestione di portali online, mettono in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che hanno unità immobiliari da locare.
Ne deriva che la nozione di intermediario rilevante per l’applicazione del regime è molto ampia. Sono, quindi, tenuti al rispetto degli obblighi introdotti dalla disciplina in esame sia coloro che esercitano la professione di mediatore (cfr legge 39/1989) sia tutti coloro attraverso i quali vengono stipulati contratti di locazione breve come, ad esempio, quei soggetti che, in via abituale anche se non esclusiva, offrono strumenti tecnici e informatici per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di locazioni brevi e, pertanto, intervengono nella conclusione del contratto tra locatore e conduttore.
Sono interessati sia gli intermediari che operano in forma individuale sia quelli che agiscono in forma associata, che agiscono per la conclusione di contratti di locazione breve stipulati online o offline.

In relazione ai contratti di locazione breve stipulati a partire dal 1° giugno 2017, gli intermediari devono effettuare i seguenti adempimenti (allo scopo di facilitare l’assoggettamento a tassazione dei redditi prodotti dal locatore persona fisica):

  • se intervengono nella stipula, devono comunicare i dati relativi ai contratti (si ricorda che i dati da trasmettere sono stati individuati con il provvedimento 12 luglio 2017 – vedi “Locazioni brevi: modalità operative per comunicare i dati dei contratti”) e conservare gli elementi posti a base delle informazioni comunicate
  • se incassano o intervengono nel pagamento del canone di locazione o dei corrispettivi lordi, devono operare una ritenuta nella misura del 21% sul relativo ammontare, provvedendo al versamento e alla relativa certificazione, nonché a conservare i dati dei pagamenti o dei corrispettivi.

Tali adempimenti non devono essere eseguiti per i contratti di locazione breve rispetto ai quali le trattative si sono concluse prima del 1° giugno 2017, anche se il pagamento del corrispettivo o la data di utilizzo dell’immobile sono successivi.
Inoltre, per i contratti di locazione breve stipulati attraverso intermediari è rilevante il momento in cui il conduttore ha ricevuto conferma della prenotazione.

La circolare ricorda che, come previsto dal provvedimento dello scorso luglio, gli intermediari assolvono gli adempimenti sulla base dei dati comunicati dal locatore. Pertanto, essi sono tenuti a richiedere i dati, ma non a verificarne l’autenticità. La responsabilità circa la veridicità dei dati, quindi, ricade sul locatore il quale è comunque responsabile della corretta tassazione del reddito e del corretto adempimento di altri eventuali obblighi tributari connessi al contratto nonché della mendacità delle proprie dichiarazioni.

Tuttavia, gli intermediari potranno tener conto anche di altre informazioni in loro possesso, rilevanti ai fini fiscali. Essi, ad esempio, potranno non effettuare gli adempimenti, ritenendo che la locazione sia riconducibile all’esercizio di una attività d’impresa, qualora il locatore abbia comunicato loro il numero di partita Iva per la compilazione della fattura relativa alla prestazione di intermediazione.

La comunicazione dei dati e la effettuazione della ritenuta devono essere eseguiti anche nel caso in cui l’intermediario si avvalga a sua volta di altri intermediari. È il caso, ad esempio, dell’agenzia immobiliare che, dopo aver ricevuto dal proprietario dell’immobile l’incarico di locarlo, inserisce l’offerta di locazione su una piattaforma online. Se il contratto viene concluso tramite quest’ultima, l’agenzia è tenuta a comunicare i relativi dati. In tal caso, inoltre, l’agenzia sarà tenuta a operare la ritenuta se interviene nel pagamento del contratto. Sarà cura dell’agenzia, quindi, rendere esplicito al gestore della piattaforma la veste nella quale opera, in modo che questi non effettui gli adempimenti.

Trasmissione dei dati
Come detto, i dati che gli intermediari devono trasmettere, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del contratto, sono stati individuati dal provvedimento del 12 luglio: nome, cognome e codice fiscale del locatore, durata del contratto, importo del corrispettivo lordo e indirizzo dell’immobile.
La trasmissione deve avvenire attraverso i servizi dell’Agenzia delle entrate in conformità alle specifiche tecniche che saranno successivamente pubblicate.
Per il 2017, la comunicazione deve riguardare i soli contratti conclusi a partire dal 1° giugno.

La circolare precisa che sono tenuti alla trasmissione dei dati solo gli intermediari che, oltre a favorire l’incontro tra domanda e offerta di abitazione, forniscono anche un supporto professionale o tecnico informatico nella fase del perfezionamento dell’accordo.
L’obbligo di comunicazione, quindi, sussiste se il conduttore ha accettato la proposta di locazione tramite l’intermediario o aderendo all’offerta di locazione tramite la piattaforma online.
Al contrario, nel caso in cui il locatore si avvalga dell’intermediario solo per proporre l’immobile in locazione, ma il conduttore comunichi direttamente al locatore l’accettazione della proposta, l’intermediario non è tenuto a comunicare i dati in quanto ha solo contribuito a mettere in contatto le parti, rimanendo estraneo alla conclusione dell’accordo.

In caso di recesso dal contratto di locazione breve, gli intermediari non sono tenuti a trasmettere i dati. Se il recesso interviene dopo la trasmissione, l’intermediario dovrà rettificare la comunicazione, utilizzando le modalità informatiche predisposte dall’Agenzia.

Infine, la circolare ricorda che l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati è punita con la sanzione da 250 a 2mila euro, ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i 15 giorni successivi alla scadenza ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.
Non è sanzionabile l’incompleta o errata comunicazione dei dati del contratto se causata dal comportamento del locatore.

Applicazione della ritenuta
Gli intermediari tenuti a operare la ritenuta sono quelli che intervengono nel pagamento o nella riscossione del canone.
La circolare precisa che l’obbligo scatta in tutte le ipotesi in cui l’intermediario interviene nella fase in cui è assolta l’obbligazione pecuniaria prevista dal contratto, partecipando al pagamento del corrispettivo da parte del conduttore e/o alla riscossione da parte del locatore.
In ogni caso, la materiale disposizione delle risorse finanziarie impone all’intermediario di effettuare su tali somme il prelievo del 21% a titolo di ritenuta da versare all’erario.
Sulla base di tale assunto di carattere generale, l’Agenzia chiarisce che:

  • in caso di pagamento mediante assegno bancario intestato al locatore, l’intermediario, non avendo la materiale disponibilità delle risorse finanziarie su cui operare la ritenuta, non è tenuto a tale adempimento, anche se l’assegno è consegnato al locatore per il suo tramite
  • in caso di pagamento del canone mediante carte di pagamento (carte di credito, di debito, prepagate) gli intermediari autorizzati (banche, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, Poste Italiane s.p.a.), nonché le società che offrono servizi di pagamento digitale e di trasferimento di denaro in internet (ad esempio, PayPal), non svolgendo attività di intermediazione, non sono tenuti a operare la ritenuta che deve eventualmente essere effettuata dall’intermediario che incassa il canone o interviene nel pagamento. 

Nel caso in cui l’intermediario abbia delegato un terzo all’incasso del canone e all’accredito del relativo importo al locatore, scatta comunque l’obbligo di operare la ritenuta e di effettuare gli adempimenti di versamento e di certificazione della ritenuta, nonché di comunicazione dei dati relativi al contratto.

La ritenuta del 21% deve essere applicata sull’importo del canone o corrispettivo lordo indicato nel contratto di locazione breve.
Eventuali penali o caparre o depositi cauzionali, invece, non devono essere assoggettati a ritenuta.
Nel corrispettivo lordo sono incluse anche le somme eventualmente addebitate a titolo forfettario per la fornitura di prestazioni accessorie.
Le spese per i servizi accessori non concorrono al corrispettivo lordo solo quando sono sostenute direttamente dal conduttore o sono a lui riaddebitate dal locatore sulla base dei costi e dei consumi effettivamente sostenuti.

Ci si è posti il dubbio circa l’inclusione o meno nel corrispettivo lordo della provvigione dovuta all’intermediario.
Sulla questione la circolare precisa che la provvigione:

  • non risulta compresa nel corrispettivo lordo quando è addebitata direttamente dall’intermediario al conduttore e quando l’intermediario la addebita direttamente al locatore, il quale non la ribalta sul conduttore
  • concorre, invece, alla determinazione del corrispettivo lordo da assoggettare a ritenuta se è trattenuta dall’intermediario sul canone dovuto al locatore in base al contratto. 

Da tali considerazioni è possibile trarre la regola generale secondo cui “l’intermediario opera la ritenuta sull’intero importo indicato nel contratto di locazione breve che il conduttore è tenuto a versare al locatore”.

Con riferimento all’applicazione della ritenuta, la circolare ricorda che:

  • deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è operata
  • gli intermediari sono tenuti a certificare e a dichiarare le ritenute operate
  • mediante la certificazione, gli intermediari che operano la ritenuta assolvono anche l’obbligo di comunicazione dei dati e non sono, pertanto, tenuti all’ulteriore trasmissione degli stessi
  • nel caso di recesso dal contratto, la ritenuta, se eventualmente già operata dall’intermediario, versata e certificata, è recuperata dal locatore in sede di dichiarazione dei redditi o chiesta a rimborso mentre, invece, potrà essere restituita al locatore e recuperata dall’intermediario in compensazione se la disdetta del contratto è antecedente alla certificazione
  • con la risoluzione n. 88/E del 5 luglio 2017 sono stati istituiti il codice tributo “1919”, da utilizzare per il versamento della ritenuta tramite modello F24, e codici “1628” e “6782” da utilizzare per recuperare eventuali eccedenze di versamento (vedi “Locazioni brevi: il codice tributo per versare la ritenuta sui canoni”)
  • la mancata applicazione della ritenuta da parte dell’intermediario è punita con una sanzione amministrativa pari al 20% dell’ammontare non trattenuto, ferma restando la possibilità di ricorre al ravvedimento operoso. 

La ritenuta deve essere applicata ai canoni di locazione e ai corrispettivi derivanti da contratti stipulati a partire dal 1° giugno 2017, con il conseguente obbligo di versamento entro il 16 del mese successivo.
Sul punto, però, la circolare precisa che l’amministrazione finanziaria potrà tener conto delle difficoltà di natura gestionale che gli operatori possono aver incontrato nella effettuazione degli adempimenti relativi alle ritenute, anche alla luce della circostanza che, in attesa della conversione in legge del Dl 50/2017, il provvedimento è stato emanato il 12 luglio 2017.
Pertanto, si potrà escludere l’applicazione delle sanzioni per l’omessa effettuazione delle ritenute fino all’11 settembre 2017.
Tuttavia, gli intermediari saranno comunque sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017 e da versare entro il 16 ottobre 2017.
Per gli intermediari che hanno applicato la ritenuta, pur in assenza del provvedimento, resta fermo l’obbligo di effettuare il versamento entro il 16 del mese successivo.
Altresì, resta in ogni caso fermo l’obbligo di comunicazione dei dati dei contratti stipulati a partire dal 1° giugno 2017 in quanto l’adempimento deve essere eseguito nel 2018, con un ampio margine di tempo, quindi, a disposizione degli intermediari.

Conservazione dei dati
Il terzo adempimento in capo agli intermediari che intervengono nella stipula del contratto e/o nell’incasso dei canoni o corrispettivi è la conservazione degli elementi posti a base delle informazioni da comunicare e dei dati dei pagamenti in cui sono intervenuti o dei corrispettivi incassati.
Tali dati devono essere conservati per il periodo previsto per la notifica degli avvisi di accertamento, quindi fino al 31 dicembre del quinto anno successivo (cfr articolo 43, Dpr 600/1973).

Intermediari non residenti
Si è già detto che gli adempimenti sopra descritti devono essere effettuati da tutti gli intermediari, compresi quelli fiscalmente non residenti in Italia.
A tal proposito, la circolare, richiamando il provvedimento del 12 luglio, ricorda che gli intermediari non residenti:

  • se sono in possesso di una stabile organizzazione in Italia, adempiono gli obblighi di comunicazione per il tramite della stessa
  • se, invece, sono privi di stabile organizzazione, si avvalgono di un rappresentante fiscale, in qualità di responsabile d’imposta (da individuare tra i soggetti indicati dall’articolo 23, Dpr 600/1973), che provvede anche alla richiesta di attribuzione del codice fiscale dei soggetti rappresentati qualora non ne siano in possesso. 

Regime fiscale: base imponibile
Per espressa previsione normativa, il reddito derivante dai contratti di locazione breve può essere assoggettato, su opzione del locatore, al regime della cedolare secca.
Sul punto, la circolare ricorda che il regime dell’imposta sostitutiva era già applicabile ai redditi fondiari derivanti dalle locazioni anche di breve durata. La novità, quindi, consiste nel fatto che lo stesso risulta ora esteso ai redditi diversi derivanti dai contratti di sublocazione e ai contratti stipulati dal comodatario per la concessione a terzi del godimento dell’immobile abitativo.

Per quanto riguarda la sublocazione, l’applicazione della cedolare secca non modifica la qualificazione reddituale dei proventi derivanti da tale contratto.

Per quanto concerne, invece, la concessone in godimento dell’immobile da parte del comodatario, la circolare chiarisce che, per effetto delle nuove disposizioni che prevedono l’applicazione della ritenuta in capo al comodatario, il comodante resta titolare del reddito fondiario derivante dal possesso dell’immobile oggetto di comodato, mentre il comodatario/locatore diventa titolare del reddito derivante dal contratto di concessione in godimento, qualificabile come reddito diverso assimilabile alla sublocazione.

Quindi, per le locazioni brevi vengono superati i precedenti orientamenti di prassi che attribuivano al comodante la titolarità del reddito fondiario determinato tenendo conto anche dei corrispettivi derivanti dal contratto di locazione stipulato dal comodatario/locatore (cfr risoluzione n. 381/E e risoluzione n. 394/E del 2008).

La qualificazione reddituale dei proventi derivanti dal contratto di locazione non cambia anche nel caso in cui il contratto preveda la fornitura di servizi accessori strettamente connessi alla funzionalità dell’immobile.

Tutti i titolari dei redditi derivanti dai contratti di locazione breve possono optare per l’applicazione della cedolare secca sui corrispettivi riscossi ovvero scegliere di assoggettarli alla tassazione Irpef ordinaria.

Regime fiscale: dichiarazione e versamento
Il richiamo alla disciplina della cedolare secca implica che ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve si applicano le stesse disposizioni previste con riguardo al regime sostitutivo in materia di dichiarazione, liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso.

Ne deriva che la scelta per il regime agevolato si effettua con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i canoni di locazione sono maturati o i corrispettivi sono riscossi ovvero, nell’ipotesi di eventuale registrazione del contratto, in tale sede.

Il locatore può esercitare l’opzione per ciascuno dei contratti stipulati, salvo il caso in cui siano locate singole porzioni della stessa abitazione per periodi in tutto o in parte coincidenti. In tal caso, infatti, l’esercizio dell’opzione per il primo contratto vincola anche il regime del contratto successivo.

Nell’ipotesi in cui il contratto di locazione sia stipulato da uno solo dei comproprietari, solo quest’ultimo può scomputare la ritenuta subita dal proprio reddito complessivo o chiedere il rimborso della maggior ritenuta subita sulla quota di reddito a lui non imputabile, qualora non abbia capienza per scomputarla dall’imposta dovuta sul reddito complessivo.
Gli altri comproprietari, invece, devono assoggettare a tassazione il reddito a essi imputabile pro-quota in sede di dichiarazione, applicando la cedolare secca o il regime ordinario di tassazione.

In sintesi, quindi, il locatore deve riliquidare l’imposta dovuta sul canone di locazione:

  • se non sceglie il regime sostitutivo della cedolare secca
  • se non ha subito la ritenuta (ad esempio, per i canoni incassati dagli intermediari prima del 12 settembre 2017)
  • se l’intermediario ha effettuato la ritenuta in assenza dei presupposti
  • nel caso in cui la ritenuta subita è maggiore dell’imposta dovuta. 

Infine, la circolare sottolinea che anche con riferimento ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve trova applicazione la disposizione secondo cui per il riconoscimento di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, nonché ai fini dell’Isee, si deve comunque tener conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.

CONTRIBUZIONE ARTIGIANI/COMMERCIANTI

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, a seguito di alcune richieste di chiarimento pervenute dai colleghi in merito alla contribuzione per Artigiani e Commercianti, ha fornito alcune precisazioni. 

I quesiti pervenuti si sono soffermati in particolare su due aspetti. Il primo si interroga sulla possibilità di calcolare la contribuzione per Artigiani e Commercianti anche su partecipazioni in società che non svolgono attività di questa natura. Il secondo, di rilevante importanza ed interesse, si sofferma sulla normativa che permette all’Inps di decurtare le settimane accreditate ai fini pensionistici per gli anni coperti da prescrizione.

Leggi l’approfondimento

Cartella di pagamento: decadenza rateazione

 
Il contribuente che versi in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà può richiedere, presentando apposita istanza all’agente della riscossione, la rateizzazione dell’importo richiesto con una cartella di pagamento (con esclusione dei diritti di notifica), fino a un massimo di 72 rate mensili.
Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo siano di importo superiore a 60mila euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà.
In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione e l’intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente e automaticamente riscuotibile in unica soluzione (articolo 19, Dpr 602/1973).
Per ulteriori informazioni, si rinvia all’apposita sezione del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it

Con lo split payment, doppia penalizzazione per i professionisti

Dallo scorso 1° luglio sono operative le previsioni del D.L. 50/2017 che hanno ampliato la disciplina dello split payment. Tale istituto prevede che il cedente/prestatore emetta, nei confronti della pubblica Amministrazione, società da questa controllate e società quotate, una fattura che evidenzia, secondo l’ordinario meccanismo della rivalsa, l’addebito dell’imposta; il cliente, anziché pagare al proprio fornitore l’intero importo evidenziato sul documento, provvederà a pagare solo l’imponibile, mentre tratterrà l’Iva, la quale andrà versata direttamente all’Erario.

[continua…]

Antiriciclaggio: i soggetti terzi in aiuto ai professionisti

Decreto antiriciclaggio 2017. I professionisti per identificare il cliente, possono rivolgersi a soggetti terzi individuati dal D.Lgs. n. 90/2017 tra gli intermediari finanziari,bancari, professionisti

Si è già avuto modo di parlare degli obblighi di verifica preventiva cui i soggetti obbligati, ex art. 3 D.Lgs. 90/2017, sono tenuti in sede di instaurazione o prosecuzione del rapporto professionale con il cliente. Sul tema il D.Lgs. sull’antiriciclaggio emanato nel 2017 chiarisce che, fermo restando la responsabilità dei soggetti obbligati è loro consentito ricorrere a terzi per assolvere gli obblighi di adeguata verifica, circa l’identità del cliente e/o del titolare effettivo ovvero per l’acquisizione e valutazione di informazioni relative allo scopo, alla natura di rapporto e prestazione.

Ma la scelta di soggetti terzi, cui delegare i compiti di adeguata verifica, non è libera. Infatti il legislatore individua in forma chiara e specifica, coloro che possono assumere tale ruolo, ossia:

  • gli intermediari bancari e finanziari;
  • gli agenti in attività finanziaria, limitatamente alle operazioni di importo inferiore a € 15.000, relative alle prestazioni di servizi di pagamento e all’emissione e distribuzione di moneta elettronica;
  • gli intermediari bancari e finanziari aventi sede in altri Stati membri ovvero in Paesi terzi, fermo restando il divieto di avvalersi di soggetti aventi sede in Paesi terzi ad alto rischio (ex art. 29);
  • altri professionisti.

Il terzo, a seguito dell’attività di verifica svolta per conto del soggetto obbligato, dovrà trasmettere allo stesso, idonea attestazione. L’attestazione in questione dovrà:

  • essere univocamente riconducibile al terzo;
  • attestare la coincidenza tra il cliente verificato dal terzo e il soggetto cui l’attestazione si riferisce;
  • contenere la dichiarazione con cui la parte terza attesti di aver correttamente assolto il compito affidatogli dal soggetto obbligato, operando direttamente nell’ambito di un rapporto continuativo o dell’esecuzione di una prestazione professionale ovvero in occasione del compimento di un’operazione occasionale;

Si rileva che, le modalità di attestazione, potranno subire modifiche a seguito delle disposizioni fornite dalle Autorità di vigilanza di settore.

I terzi sono inoltre tenuti a trasmettere senza ritardo, agli obbligati che ne abbiano fatto richiesta, copia dei documenti acquisiti, anche al fine di porre i richiedenti nella condizione di poter accedere alle informazioni utili ad adempiere gli obblighi previsti dall’ art.18 del D.Lgs sull’antiriciclaggio, rubricato “Contenuto degli obblighi di adeguata verifica”. 

Ai soggetti obbligati, invece, spetterà successivamente il compito di:

  • verificare la veridicità dei documenti ricevuti, ovviamente nei limiti della diligenza professionale;
  • valutare se gli elementi raccolti e le verifiche effettuate dai terzi siano idonei e sufficienti, ai fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dal presente decreto.

In caso di dubbi circa l’identità del cliente, dell’esecutore e del titolare effettivo, gli obbligati provvedono (in proprio) all’identificazione e all’adeguata verifica. Nel caso di rapporti continuativi relativi all’erogazione di credito al consumo, leasing o di altre tipologie operative indicate dalla Banca d’Italia, l’identificazione potrà essere effettuata anche da collaboratori esterni, appositamente convenzionati con l’intermediario. 

Liquidazioni Iva 2017: gli avvisi bonari del primo trimestre escludono il ravvedimento operoso.

Le nuove regole sugli avvisi bonari in caso di Iva non versata sono contenute nella norma istitutiva delle nuove comunicazioni Iva trimestrali: al fine di recuperare l’imposta non versata si applica quanto previsto dall’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, “indipendentemente dalle regole ivi previste”.

L’art. 54-bis si applica, in via ordinaria e sulla base di quanto previsto dal Decreto Iva, in caso di pericolo per la riscossione. Una disposizione che, tuttavia, non si applica alle nuove lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate.

Con l’introduzione delle LiPe trimestrali e con l’approvazione del DL 193/2016, introdotto al fine di contrastare l’evasione Iva, è stata prevista una deroga alla disciplina ordinaria, autorizzando l’Agenzia delle Entrate ad inviare avvisi bonari sprint ai contribuenti e di fatto escludendo la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso in caso di Iva non versata.

In sostanza, grazie all’incrocio dei dati tra quanto contenuto nella comunicazione delle liquidazioni Iva del primo trimestre 2017 e i versamenti effettuati, l’Agenzia delle Entrate sta procedendo al recupero dell’Iva omessa. Prima le lettere di compliance inviate a luglio e ora gli avvisi bonari, ai quali bisognerà rispondere entro 30 giorni per poter pagare la sanzione in misura ridotta al 10%.

 

Liquidazioni Iva 2017: avvisi bonari in arrivo, ravvedimento escluso

Gli avvisi bonari, elaborati a seguito dell’incrocio dei dati contenuti nelle LIPE rispetto ai versamenti effettuati, sono stati recapitati in tutti quei casi in cui l’Agenzia delle Entrate ha riscontrato uno scostamento tra Iva a debito e imposta versata.

Iva omessa da versare entro 30 giorni per beneficiare della riduzione delle sanzioni al 10%, possibilità concessa anche a chi sceglie di pagare l’importo in modalità dilazionata secondo quanto previsto dall’art. 36-bis del DPR 600/1973 sulla rateizzazione dell’avviso bonario.

Non soltanto la beffa di non poter ricorrere al ravvedimento operoso in caso di Iva omessa: si ricorda che in caso di mancato versamento delle somme imputate dall’avviso bonario, ovvero di contestazione dell’esito dei controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate, il D.Lgs. n.159/2015 ha modificato la procedura di riscossione delle imposte non versate.

La norma prevede che il compito di recupero della somma evasa passi all’Ente di riscossione, ovvero all’Agenzia Entrate Riscossione, con un ulteriore aggravio di sanzioni, interessi e aggi a seguito dell’iscrizione a ruolo della somma.

 

Iva non versata, per gli avvisi bonari risposte entro 30 giorni

Risposte agli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate entro il termine perentorio di 30 giorni, sia in caso di effettivo mancato versamento dell’Iva del primo trimestre 2017 sia in caso di errori da parte del Fisco. Ovviamente in questo caso la scadenza dipenderà dalla data in cui è stata recapitata la lettera telematica dell’Agenzia delle Entrate.

Come già ricordato, in caso di Iva omessa, il versamento potrà essere effettuato entro 30 giorni beneficiando della riduzione delle sanzioni ad 1/3 di quella ordinaria, ovvero rateizzando l’importo dovuto. In caso di mancata regolarizzazione entro 30 giorni, la somma sarà iscritta a ruolo e il recupero dell’Iva evasa passerà di competenza all’Agenzia Entrate Riscossione.

Qualora, invece, i controlli automatizzati e l’incrocio dei dati tra liquidazioni iva trimestrali e versamenti effettuati dovessero contenere errori e quindi qualora non fosse dovuto alcun ulteriore versamento Iva, bisognerà rispondere all’avviso bonario dell’Agenzia delle Entrate tramite il canale online Civis, a mezzo PEC, contattando i centri di assistenza multicanale o rivolgendosi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

 

Ennesima proroga per lo spesometro 2017

Elenchi Intrastat più semplici

Prevista la soppressione dei modelli trimestrali relativi agli acquisti di beni e servizi; diminuisce il numero dei contribuenti soggetti all’obbligo di comunicazione all’Amministrazione

Arrivano semplificazioni e minori adempimenti per i soggetti passivi Iva tenuti all’invio degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie (modelli Intrastat).
Con il provvedimento 25 settembre 2017, adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e d’intesa con l’Istat, infatti, sono stati alleggeriti gli obblighi comunicativi dei contribuenti attraverso la razionalizzazione dei flussi informativi. 
 

Elenchi Intrastat più semplici e snelli
L’ultimo “decreto milleproroghe” ha previsto l’adozione di “significative misure di semplificazione” in materia di elenchi Intrastat (cfr articolo 50, comma 6, terzo periodo, Dl 331/1993, come modificato dall’articolo 13, comma 4-quater, Dl 244/2016) con un duplice obiettivo:

  • evitare duplicazioni di adempimenti comunicativi a carico dei contribuenti Iva
  • ridurre, nel rispetto della normativa Ue, le informazioni fiscali e statistiche da trasmettere all’amministrazione.

Il provvedimento in esame è stato emanato proprio in applicazione di quanto previsto dall’articolo 50, comma 6.
Le semplificazioni riguardano i seguenti elenchi riepilogativi:

  • modello INTRA 2bis, relativo agli acquisti di beni
  • modello INTRA 2quater, relativo agli acquisti di servizi
  • modello INTRA 1bis, relativo alle cessioni di beni
  • modello INTRA 1quater, relativo ai servizi resi.

In sintesi, queste le misure previste:

  • abolizione dei modelli Intra trimestrali relativi agli acquisti di beni e servizi
  • attribuzione di una valenza esclusivamente statistica ai modelli Intra mensili relativi agli acquisti di beni e servizi
  • innalzamento della soglia dell’ammontare delle operazioni (da 50mila a 200mila euro trimestrali per gli acquisti di beni e da 50mila a 100mila euro trimestrali per gli acquisti di servizi) per l’individuazione dei soggetti obbligati a presentare i relativi elenchi riepilogativi
  • mantenimento degli attuali modelli Intra previsti per le cessioni di beni e di servizi (per queste operazioni la presentazione, con periodicità mensile o trimestrale, resta ancorata alla soglia di 50mila euro)
  • innalzamento della soglia “statistica” per gli elenchi relativi alle cessioni di beni. Infatti, la compilazione dei dati statistici negli elenchi mensili relativi a queste operazioni è opzionale per i soggetti che non superano i 100mila euro di operazioni trimestrali
  • semplificazione della compilazione del campo “Codice Servizio”, nei modelli in cui è presente, attraverso il ridimensionamento del livello di dettaglio richiesto. Si passa, infatti, dal Cpa a 6 cifre al Cpa a 5 cifre. In tal modo, si determina una riduzione di circa il 50% dei codici Cpa da selezionare.

Grazie a queste semplificazioni, si registra una sensibile riduzione del numero dei contribuenti soggetti all’obbligo di comunicazione degli elenchi riepilogativi per gli acquisiti di beni e servizi.
Inoltre, si prevede che le informazioni di rilievo statistico connesse agli acquisti intracomunitari di beni e servizi da parte dei soggetti trimestrali, per i quali è stato eliminato l’obbligo di presentazione degli Intrastat, sono ricavate dalla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ovvero dalle fatture elettroniche trasmesse telematicamente.
Il provvedimento precisa che, alla luce del nuovo meccanismo, la verifica relativa al superamento della “soglia statistica” andrà eseguita distintamente per ogni categoria di operazione. In ogni caso, le soglie operano in maniera indipendente e, quindi, il superamento del limite per una singola categoria di operazioni non incide sulla periodicità relativa alle altre tre categorie.
Esemplificando, se durante un trimestre un soggetto passivo ha realizzato acquisti intracomunitari di beni pari a 300mila euro e, nello stesso periodo, ha ricevuto servizi intracomunitari per 10mila euro, sarà tenuto a presentare mensilmente l’elenco riepilogativo dei soli acquisti intracomunitari di beni e non quello dei servizi intracomunitari ricevuti.
Le misure di semplificazione adottate con il provvedimento in esame si applicano agli elenchi riepilogativi aventi periodi di riferimento decorrenti dal mese di gennaio 2018.

Bonus ristrutturazioni edilizie: nuovo aggiornamento della guida

A completare il quadro delle agevolazioni fiscali previste quando sugli edifici si effettuano interventi che comportano una riduzione del rischio sismico, arrivano le detrazioni maggiorate per l’acquisto di immobili nei comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”.
Questa è la principale novità contenuta nella nuova edizione della guida “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali”.
Come è ormai noto, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità di usufruire di detrazioni più elevate quando alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione consegua una riduzione del rischio sismico dell’edificio. In particolare, per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 si può contare:

  • su una detrazione del 70% della spesa sostenuta, su un ammontare complessivo di 96mila euro per unità immobiliare, qualora l’esecuzione dei lavori abbia prodotto una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a una classe di rischio inferiore
  • su una detrazione dell’80%, se dall’intervento deriva il passaggio a due classi di rischio inferiori. 

La legge ha anche disposto che l’agevolazione riguarda non soltanto i lavori eseguiti su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) ma anche su quelli situati nelle zone a minor rischio (zona sismica 3). Inoltre, può essere usufruita per tutti gli immobili abitativi, e non soltanto quelli adibiti ad abitazione principale, e per quelli destinati ad attività produttive.

Le nuove detrazioni per gli interventi di demolizione e ricostruzione
Per le stesse categorie di interventi che danno diritto alle detrazioni sopra ricordate, ed è proprio questa la novità contenuta nel decreto legge n. 50/2017 e recepita nella guida, quando sono realizzati nei Comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1”, chi compra un immobile facente parte di un edificio demolito e ricostruito può usufruire di una detrazione pari al 75% del prezzo di acquisto (se i lavori hanno ridotto di una classe il rischio sismico dell’edificio) o all’85% (se si passa a due classi di rischio inferiori).
Il prezzo di acquisto sul quale calcolare la detrazione è quello riportato nell’atto pubblico di compravendita. In ogni caso, la detrazione spetta entro l’ammontare massimo di 96mila euro per ogni unità immobiliare acquistata.

Per l’individuazione delle zone classificate a rischio sismico 1, bisogna far riferimento all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell’11 maggio 2006.

L’agevolazione è riconosciuta anche quando la ricostruzione dell’edificio abbia determinato una variazione di volume, rispetto alla costruzione preesistente, sempre che le norme urbanistiche vigenti lo consentano.
Altra condizione dettata dalla norma, infine, è quella che gli interventi devono essere stati eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che vendono l’immobile entro 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori.

Via libera alla cessione del credito
La guida ricorda, infine, la possibilità per i contribuenti che beneficiano dell’agevolazione di cedere il credito pari alla detrazione spettante. La cessione può avvenire a favore delle imprese che hanno effettuato gli interventi o di altri soggetti privati. Non è possibile farlo, invece, nei confronti di istituti di credito e degli intermediari finanziari.

Antiriciclaggio: Obblighi di adeguata identificazione del titolare effettivo

Gli obblighi di adeguata verifica, prescritti dal D.Lgs n.231/2007 come modificato dal D.Lgs. n.90/2017, impongono a commercialisti, notai, avvocati, associazioni di categoria, patronati, CAF e altri soggetti obbligati ex art. 3, di procedere all’identificazione del cliente o del titolare effettivo. Il titolare effettivo è la persona fisica, diversa dal cliente, nel cui interesse la prestazione professionale è resa o l’operazione è effettuata.

Premesso che l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo è realizzabile anche in sua assenza, contestualmente all’identificazione del cliente, osserviamo che la procedura di identificazione cui sono tenuti i soggetti obbligati, può essere realizzata:

– sia in presenza di una persona fisica (effettivo cliente ovvero soggetto esecutore, dipendenti o collaboratori del soggetto obbligato) e consiste nell’acquisizione dei dati identificativi forniti dal cliente.

– sia in assenza di una persona fisica:

  • per i clienti i cui dati identificativi risultino da atti pubblici, scritture private autenticate o da certificati qualificati utili per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici;
  • per i clienti in possesso di un’identità digitale, di livello massimo di sicurezza, nonché di un’identità digitale o di un certificato per la generazione di firma digitale;
  • per i clienti i cui dati identificativi risultino da una dichiarazione della rappresentanza e dell’autorità consolare italiana;
  • per i clienti già identificati, a causa dell’esistenza di un pregresso rapporto o prestazione professionale prestata dal soggetto obbligato;
  • per i clienti i cui dati identificativi siano acquisiti attraverso idonee forme e modalità, individuate dalle Autorità di vigilanza di settore;

In particolare si rileva che:

– quando il cliente è una persona fisica, i dati identificativi saranno reperiti mediante:

  • documento d’identità o altro documento di riconoscimento equipollente, ai sensi della normativa vigente;
  • documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;
  • titolo di rappresentanza, nel caso di esecutori mandatari.

– quando il cliente non è una persona fisica, l’art. 20 del D.Lgs 231/2007 chiarisce che: il titolare effettivo sarà la persona fisica (o persone fisiche) cui, in ultima istanza, è attribuita la proprietà diretta o indiretta ovvero il controllo. La norma richiama, in modo specifico, il caso in cui il cliente sia una società di capitali. In tal caso:

  • costituisce indicazione di proprietà diretta, la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica;
  • costituisce indicazione di proprietà indiretta, la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25% del capitale del cliente, posseduto tramite società controllate, fiduciarie o per interposta persona.

Ove, dall’esame dell’assetto proprietario non sia possibile risalire in maniera univoca all’identità di colui cui è attribuita la proprietà diretta o indiretta dell’ente, dovrà intendersi quale titolare effettivo, la persona o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo:

  • della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria;
  • dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria;
  • di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.

Tuttavia, ove dall’applicazione dei criteri su indicati non sia comunque possibile risalire in maniera univoca all’identità dei titolari effettivi, costoro saranno fatti coincidere con la persona o le persone fisiche titolari di poteri di amministrazione o direzione della società.

– nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata, di cui al D.P.R. n. 361/2000, sono cumulativamente individuati come titolari effettivi:

  • i fondatori, ove in vita;
  • i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili;
  • i titolari di funzioni di direzione e amministrazione.

Insieme con i documenti utili all’identificazione, il soggetto cliente dovrà anche fornire una dichiarazione antiriciclaggio da lui sottoscritta, ex art. 22, D.Lgs. 231/2007.

L’eventuale violazione degli obblighi di adeguata verifica da parte dei soggetti obbligati ex art.3, comporta per gli stessi l’applicazione delle sanzioni ex. 56 commi 1 e 2, ossia:

  • la sanzione amministrativa  pari a € 2.000, in caso di violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, omettono di acquisire e verificare i dati identificativi e le informazioni sul cliente, sul titolare effettivo, sull’esecutore;
  • la sanzione amministrativa pecuniaria € 2.500 a € 50.000, fuori dei casi di cui al comma 1, nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime.