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Fabbricati F/3 in costruzione: imposta locale solo sull’area

La base imponibile del tributo comunale sugli immobili è applicabile esclusivamente alla superficie edificatoria, ossia sul valore del terreno, tolto il valore del bene in corso d’opera

Interessante pronuncia della Corte di legittimità sull’individuazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili oggetto di classamento nella categoria fittizia F/3 in quanto unità in corso di costruzione, poiché l’annotazione catastale essenziale rileva soltanto riguardo ai negozi civilistici su cosa futura, ad esempio, per l’individuazione del diritto di superficie su l’immobile in costruzione.
I giudici di legittimità rilevano che tale classamento immobiliare effettuato dal titolare dell’area oggetto di fabbricazione “non segnala una capacità contributiva autonoma rispetto a quella evidenziata dalla proprietà del suolo edificabile”, con decisive ricadute ai fini dell’imposizione comunale sugli immobili, la quale individua i suoi presupposti nel possesso di fabbricati o di un’area fabbricabile.
 
Nella controversia oggetto della sentenza n. 11694/2017, la Commissione tributaria regionale dichiarava dovuta la maggiore imposta comunale soltanto dalla data di ultimazione dei fabbricati, ritenendo illegittimo l’avviso di accertamento per la maggiore imposta emesso dal Comune che aveva ritenuto sussistenti fabbricati di nuova costruzione, non ultimati e, tuttavia, accatastati.
 
Si plaude alla pronuncia della Cassazione in rassegna, in quanto l’accatastamento individua il presupposto impositivo quando tale accatastamento è imposto dalla disciplina fissata dal Dlgs n. 504/1992, il quale, ai fini Ici, prevede – al primo periodo della lettera a) dell’articolo 2, comma 1, che per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano.
Infatti, l’iscrizione in catasto o la sussistenza delle condizioni di iscrizione è presupposto sufficiente perché l’unità immobiliare sia considerata fabbricato e sia, quindi, assoggettata a imposta, come ben statuito dalla Corte regolatrice del diritto con la decisione, citata da questa in rassegna, 10 ottobre 2008, n. 24924.
Tale previsione legislativa dev’essere coordinata con la previsione legislativa presente nel secondo periodo della citata lettera a), secondo cui, ai fini Ici, il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato.
 
La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che tale criterio alternativo dettato dal cennato secondo periodo – ossia l’ultimazione dei lavori o l’anteriore utilizzazione del fabbricato – acquisti rilievo solamente allorché il fabbricato non sia ancora iscritto al catasto, “giacché l’iscrizione realizza di per sé il presupposto principale dell’assoggettamento all’imposta”.
In tali termini, la pronuncia della Cassazione, parimenti citata da questa che si commenta, 23 giugno 2010, n. 15177, che, peraltro, aveva evidenziato l’irrilevanza dell’idoneità dell’immobile a produrre reddito, quando l’immobile è iscritto in catasto.
Pertanto, il classamento nella categoria fittizia F/3 (unità in corso di costruzione) rende applicabile l’Ici solo sull’area edificatoria, ossia sul valore dell’area tolto il valore del fabbricato in corso d’opera, come determinato dall’articolo 5, comma 6, del Dlgs n. 504/1992, avendo fissato il principio di diritto per il quale “In tema di imposta comunale sugli immobili, l’accatastamento di un nuovo fabbricato nella categoria fittizia delle unità in corso di costruzione non è presupposto sufficiente per l’assoggettamento ad imposta del fabbricato stesso, salva la tassazione dell’area edificatoria e la verifica sulla pertinenza del classamento”.
Non si riscontrano precedenti giurisprudenziali in termini.

a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME

Online il servizio per la definizione agevolata delle liti pendenti

Sul sito www.agenziaentrate.gov.it è disponibile l’applicazione “DCT” che consente di compilare e trasmettere online, entro il 2 ottobre 2017, l’istanza per definire le liti fiscali. Per inviare la domanda è sufficiente accedere alla propria area riservata dei canali Entratel o Fisconline e, all’interno della sezione “Servizi per > Richiedere”, utilizzare la funzione “Domanda definizione agevolata controversie tributarie pendenti (art. 11, D.L. 50/2017)” per la compilazione e la trasmissione.

Il termine per definire le liti – Entro il 2 ottobre 2017 i contribuenti interessati devono trasmettere la domanda e pagare l’intero importo agevolato o la prima rata in caso di rateazione per importi superiori ai duemila euro. Se non ci sono somme da pagare, la definizione si perfeziona semplicemente con l’invio telematico della domanda.

Cosa può essere definito – La definizione agevolata è possibile solo per le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado di giudizio – compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio – nelle quali il ricorso sia stato notificato entro il 24 aprile 2017, e per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si è concluso con pronuncia definitiva. Restano escluse le liti di valore indeterminabile e, più in generale, quelle senza importi da versare, come, ad esempio, quelle relative al rifiuto alla restituzione di tributi.

Come presentare la domanda – Per usufruire della definizione agevolata il contribuente deve presentare telematicamente una domanda di definizione per ogni controversia tributaria autonoma, ovvero relativa al singolo atto impugnato. Ciò può avvenire tramite un intermediario abilitato o recandosi presso un qualsiasi Ufficio territoriale dell’Agenzia, ovvero in maniera diretta per i contribuenti abilitati ai servizi telematici.

Tutte le indicazioni per la definizione sono reperibili sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it, seguendo il percorso “Cosa devi fare > Compliance, controlli, contenzioso e strumenti deflativi > Definizione agevolata liti pendenti.

Terremoto: in Gazzetta Ufficiale il Decreto che prevede condizioni più agevoli di accesso al Sostegno per l’Inclusione Attiva, nelle zone colpite dal sisma dello scorso anno

Terremoto: in Gazzetta Ufficiale il Decreto che prevede condizioni più agevoli di accesso al Sostegno per l’Inclusione Attiva, nelle zone colpite dal sisma dello scorso anno

Per le famiglie residenti nei Comuni del cratere, sarà riconosciuto sulla base del solo ISEE e con una soglia di accesso doppia rispetto al resto del Paese

 

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, che prevede condizioni più agevoli di accesso al Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) nelle zone colpite dal sisma dello scorso anno. Il SIA è la misura temporanea di contrasto alla povertà che il Governo ha lanciato nella seconda parte del 2016 come “ponte” verso il Reddito di Inclusione (ReI), lo strumento strutturale di sostegno al reddito delle famiglie in condizione di povertà, nell’ambito di un più ampio progetto di inclusione attiva, che è alle battute finali del suo percorso legislativo e che esordirà effettivamente nel gennaio 2018.

In tutta Italia, il SIA è attualmente riservato ai nuclei familiari con ISEE inferiore a 3.000 euro e in determinate condizioni di bisogno (in particolare, presenza di figli minorenni, di figli disabili o di donne in stato di gravidanza); il sostegno economico varia a seconda del numero di componenti il nucleo familiare, fino a un massimo di 400 euro mensili per nuclei di 5 o più persone, incrementati di 80 euro in caso di genitore solo.

Con il Decreto appena pubblicato, per le famiglie residenti nei comuni del cosiddetto cratere da almeno due anni al momento degli eventi sismici, il SIA sarà riconosciuto sulla base del solo ISEE e con una soglia doppia rispetto al resto del Paese, pari cioè ad euro 6.000. Particolari deduzioni sono previste nel caso in cui il nucleo familiare sia proprietario di immobili distrutti dal sisma o dichiarati inagibili o soggetti a provvedimenti temporanei di esproprio: per la richiesta del SIA, tali immobili non rileveranno a fini ISEE.
Il sostegno durerà dodici mesi e potrà essere richiesto a partire dal 2 settembre e fino al 31 ottobre.

Versamenti fino al 21 agosto: arriva l’ok per i professionisti

 
Estesa anche ai contribuenti titolari di redditi di lavoro autonomo (articolo 53, comma 1, del Tuir) la possibilità di versare le imposte derivanti dalle dichiarazioni dei redditi, Iva e Irap 2017, entro il prossimo 21 agosto, con la maggiorazione dello 0,4%, senza incorrere in sanzioni.

A ufficializzare lo slittamento il Dpcm 3 agosto 2017, anticipato dal comunicato stampa del 26 luglio 2017 e disponibile sul sito del Mef, in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Dunque, a differenza del Dpcm 20 luglio 2017, il nuovo provvedimento, che sostituisce il precedente, amplia l’ambito soggettivo dell’extratime, non confinandolo più ai soli titolari di reddito d’impresa, ma aprendo le porte anche a professionisti e artisti.

Questo il calendario dei versamenti alla luce della proroga:

  • entro il 20 luglio 2017, anziché la scadenza ordinaria del 30 giugno, senza alcuna maggiorazione
  • dal 21 luglio al 21 agosto 2017 (la scadenza del 20 agosto cade di domenica), invece del 31 luglio, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. 

Il decreto specifica, inoltre, che i nuovi termini riguardano anche i soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese e che devono dichiarare redditi “per trasparenza”, in base agli articoli 5, 115 e 116 del Tuir. Per essere più chiari, possono usufruire del calendario più elastico anche:

  • chi partecipa in società di persone commerciali
  • i collaboratori di imprese familiari
  • i coniugi che gestiscono aziende coniugali
  • i componenti di associazioni tra artisti o professionisti
  • i soci di Sc “trasparenti”. 

Nello specifico, sono differiti i versamenti relativi:

  • al saldo 2016 e al primo acconto 2017 dell’Irpef e dell’Ires (e relative addizionali), dell’Irap, delle imposte sostitutive (come quelle dovute dai contribuenti “forfetari” e dai “minimi”, e la cedolare secca sui canoni abitativi), dell’Ivie e dell’Ivafe
  • al saldo per il 2016 e al primo acconto 2017 dei contributi Inps dovuti da artigiani e commercianti sul reddito eccedente il minimale e di quelli a carico dei professionisti iscritti alla Gestione separata
  • all’acconto del 20% sui redditi a tassazione separata non soggetti a ritenuta
  • al saldo 2016 del contributo di solidarietà del 3% dell’Irpef, per i redditi superiori a 300mila euro
  • al saldo Iva 2016, nel caso in cui il pagamento non sia avvenuto entro la scadenza ordinaria del 16 marzo 2017
  • all’Iva per l’adeguamento 2016 agli studi di settore.
 

Reverse charge inapplicabile al solo collaudo degli impianti

[Fonte: Fisco Oggi]

Il meccanismo dell’inversione contabile non è applicabile all’attività di verifica degli impianti elettrici di messa a terra, svolta da organismi abilitati dal ministero delle Attività produttive, effettuati presso strutture pubbliche o private con dipendenti, che ne certificano, poi, la conformità rispetto alla normativa vigente. Si tratta, infatti, non di interventi di manutenzione, ma di “collaudi programmati” e, quindi, per il Fisco, a fatturazione ordinaria.
A chiarirlo è la risoluzione n. 111/E dell’11 agosto 2017, che condivide la soluzione proposta dall’interpellante.
 
A proporre il quesito è una società che utilizza il codice attività 71.20.21 Ateco 2007, “Controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi”; un codice, quindi, che non prevede alcuna attività di manutenzione o riparazione.
La precisazione è richiesta a seguito delle modifiche alla disciplina del reverse charge apportate dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 629, legge 190/2014), che ha introdotto la lettera a-ter), dell’articolo 17, sesto comma, Dpr 633/972. La nuova norma ha esteso l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, dal 1° gennaio 2015, anche alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici”.
 
L’Agenzia, in particolare, in merito all’estensione del reverse charge a nuove fattispecie nell’ambito del settore edile, ha fornito chiarimenti con le circolari 14/2015 e 37/2015 (vedi “Reverse charge: i nuovi confini individuati, descritti, interpretati” e “Reverse charge nel settore edile, l’Agenzia a domanda risponde”.
Per semplificare ed evitare errori di interpretazione, nella circolare 14/2017 l’amministrazione ha anche elencato le prestazioni della Tabella Ateco 2007 ammesse al meccanismo dell’inversione contabile.
Tornando alla risoluzione odierna, l’Agenzia precisa che il reverse charge è, comunque, applicato dalle ditte previste dalla nuova lettera a-ter, dell’articolo 17, Dpr 633/1972, anche se non operano nel settore edile (sezione F della classificazione Ateco).
Il documento di prassi ribadisce, inoltre, riferendosi alla già richiamata circolare 14/2015 e alla risoluzione 172/2007, che “qualora il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni Ateco relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici, ma tali attività non siano state comunicate ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, le stesse dovranno essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, con l’obbligo, da parte dello stesso prestatore di procedere all’adeguamento del codice Ateco”.
 
Riguardo al quesito in esame, la risoluzione ricorda che i datori di lavoro sono obbligati a effettuare verifiche degli impianti elettrici di messa a terra installati presso le proprie attività, attraverso organismi di ispezione (abilitati dal ministero delle Attività produttive sulla base della normativa tecnica europea Uni Cei o, in alternativa, dall’Asl/Arpa) e non collegati a installatori, progettisti, manutentori e consulenti di impiantistica.
In pratica, il compito delle ditte incaricate è accertare e attestare che gli impianti siano stati realizzati a “regola d’arte” in base ai requisiti tecnici richiesti.
 
In conclusione, considerato che il codice 71.20.21 Ateco 2007, utilizzato dalla società interpellante, non compare nell’elenco della circolare 14/2015, l’Agenzia, condividendo la soluzione proposta dalla ditta istante, esclude l’applicazione dell’inversione contabile al caso di specie, nella misura in cui l’attività svolta si limiti a certificare la corrispondenza degli impianti elettrici alle specifica normativa, prescindendo da qualsiasi intervento di manutenzione sugli impianti.
 

Legge di Stabilità 2016 novità su pagamenti elettronici: comma 901, art. 1, analisi delle perplessità in ordine alla sua efficacia

Fonte: LeggiOggi.it

Dal 1º luglio 2016 le disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 15 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si applicano anche ai dispositivi di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 7 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”. (cfr. art. 1, comma 901 della Legge 28 dicembre 2015 n. 208).

“A decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito e carte di credito; tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica […]” (cfr. art. 15, comma 4 del Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179).

“1. Nei centri abitati i comuni possono, con ordinanza del sindaco:
a) adottare i provvedimenti indicati nell’art. 6, commi 1, 2 e 4;
b) […];
f) stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) […]”.
(cfr. art. 7, comma 1 del D.lgs. 30 aprile 1992 n. 285).

Da una breve analisi delle succitate norme e attesa la notoria scarsa propensione all’innovamento tecnologico delle amministrazioni locali, gli automobilisti potrebbero giungere ad una conclusione tanto lieta quanto fuorviante (almeno allo stato attuale della normativa): se il parchimetro non è munito di POS per il pagamento della sosta tramite carte di debito e/o di credito, il parcheggio negli stalli blu, dall’1 luglio scorso – data di entrata in vigore del comma 901, art. 1 della Legge n. 208/2015 – è da ritenersi gratuito.

Ma, “non è sempre tutto oro quel che luccica”.

Ed invero, la novella legislativa introdotta con la Legge di Stabilità 2016, limitandosi ad estendere l’ambito di operatività dell’obbligo ex art. 15, comma 4 del D.L. n. 179/2012 ai Comuni, con esplicito riferimento ai parchimetri, nulla prevede in ordine alle conseguenze (rectius sanzioni) di un eventuale inadempimento da parte degli stessi.

Partendo dall’inconfutabile premessa che non esiste norma efficace senza una idonea sanzione, è per lo meno discutibile la fondatezza di quella tesi – tanto sbandierata negli ultimi giorni – che riconosce, nell’ipotesi in cui i parchimetri installati nel territorio comunale non fossero abilitati ai pagamenti elettronici, un vero e proprio diritto a sottrarsi al pagamento della sosta, riconoscendo, però, alle amministrazioni locali una via di fuga all’obbligo ex lege nei casi, non meglio identificati, di “oggettiva impossibilità tecnica” di realizzazione del sistema di pagamento.

Al fine di garantire un chiaro scenario è necessario un breve excursus storico delle norme in materia.

L’art. 2 del D.M. del 24 gennaio 2014, in un’ottica deflattiva dell’utilizzo del denaro contante, legata alla minore tranciabilità delle operazioni e al conseguente maggior rischio di elusione della normativa fiscale e antiriciclaggio, ha circoscritto l’obbligo sancito dal citato comma 4 dell’art. 15 del D.L. 179/2012 ai soli “pagamenti di importo superiore ad € 30,00”, nulla prevedendo in ordine a quelli di importo meno cospicuo, nei quali vi rientra, sine dubbio, il pagamento delle soste nei centri abitati.

Sul punto, ovvero sui c.d. “micro-pagamenti”, è successivamente intervenuto il Legislatore, introducendo – con la richiamata Legge di Stabilità 2016 – il comma 4-bis dell’art. 15 del D.L. 179/2012 , il quale, però, demanda ad un successivo decreto attuativo la relativa ed integrale disciplina vuoi delle misure di carattere sanzionatorio (per gli inadempienti, oggi lasciati impuniti) vuoi di carattere agevolativo (volte a contenere le commissioni interbancarie così come previsto dal Regolamento UE n. 751/2015).

Non senza considerare la necessità di un coordinamento con le altre numerose disposizioni vigenti in materia poiché ogni legge che interviene su un settore molto ampio, intrinseco di leggi e regolamenti da modificare e direttive europee da recepire, richiede il compimento di diversi passaggi affinché divenga pienamente effettiva.

Ad oggi, nonostante l’1 febbraio scorso fosse previsto come termine ultimo per la firma da parte del Ministro Pier Carlo Padoan, il decreto attuativo non è stato ancora emanatodal Ministero dell’economia e delle finanze.

Pertanto, in difetto di una norma ad hoc la quale, da un lato, detti le linee guida per la gestione dei “micro-pagamenti” (e sul punto è d’uopo evidenziare che la direttiva di matrice europea stabilisce un tetto massimo alle commissioni interbancarie, pari allo 0,3 per cento del valore dell’operazione per le carte di credito e allo 0,2 per cento per i pagamenti con carta di debito) e, dall’altro, commini espressamente le sanzioni in caso di inottemperanza all’obbligo di dotazione del POS da parte dei Comuni, è da ritenere azzardato il presunto riconoscimento del diritto degli automobilisti di sostare gratuitamente nel caso di mancato adeguamento alla normativa sui pagamenti elettronici da parte degli enti locali.

Tanto ancora di più se si considera la poca chiarezza del nostro Legislatore – che, si auspica, sarà colmata dall’atteso decreto ministeriale – quando menziona i “casi di oggettiva impossibilità tecnica” i quali, stando al dettato normativo, consentono agli esercenti e, pertanto, ai Comuni di rifiutare i pagamenti tramite carte di debito e/o di credito, senza incorrere in alcuna violazione ma, al contempo, espongono gli ignari automobilisti ad essere destinatari di una sanzione pecuniaria in caso di omesso pagamento del ticket.

Come consuetudine, detta scappatoia rende incerto ciò che potrebbe accadere in caso di proposizione di una domanda giudiziale volta all’annullamento della sanzione: l’impossibilità tecnica, quale causa di esclusione della responsabilità della P.A., potrebbe, in attesa di chiarimenti, ben configurarsi come conseguenza di una precaria situazione economico-finanziaria degli enti locali, con probabile rigetto dell’opposizione promossa dall’automobilista sul quale, fra l’altro, graverebbe un consequenziale aggravio di spese.

Se si escludono quelle realtà nelle quali il problema viene risolto alla radice poiché i parchimetri installati nel centro abitato sono abilitati al pagamento elettronico, per i restanti Comuni italiani, rebus sic stantibus, il riconoscimento di un vero e proprio diritto di non pagare la sosta, laddove non è garantita la possibilità di farlo con carta di credito e/o debito, desta attualmente notevoli perplessità.

Proroga termini presentazione dichiarazioni dei redditi, Irap e 770

Prorogati i termini per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, Irap e 770 – DPCM 26 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2017

E’ disposta la proroga dei seguenti termini:
a) la dichiarazione dei sostituti d’imposta, relativa all’anno 2016, è presentata in via telematica, direttamente ovvero tramite i soggetti incaricati di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, entro il 31 ottobre 2017;
b) le dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attivita’ produttive che devono essere presentate dal 1 luglio 2017 ed entro il 30 settembre 2017, nonché dei soggetti di cui al comma 1-bis dell’articolo 83 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che devono essere presentate dal 1° luglio 2017 ed entro il termine di cui all’articolo 13-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, sono presentate entro il 31 ottobre 2017.

Inail: Circolare n. 31 del 28 luglio 2017

Sanzioni civili. Sentenza della Corte Costituzionale 13 novembre 2014, n. 254. Termine decennale di prescrizione delle somme da rimborsare.

[…] La Corte Costituzionale con la sentenza 13 novembre 2014, n. 254 (allegato 1) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 36-bis, comma 7, lettera a), del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. […]

 

INPS: Circolare n.122 – Nuove aliquote contributive Gestione Separata

L’INPS ha emanato la circolare n. 122 del 28 luglio 2017, con la quale informa che con l’introduzione dell’art. 7 della legge 22 maggio 2017, n. 81 (c.d. Jobs Act Autonomi), sono state introdotte importanti modifiche riguardanti le aliquote contributive dovute dall’anno 2017 per alcune tipologie di iscritti alla Gestione Separata.

In particolare, la norma ha aggiunto all’articolo 15, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, il comma 15-bis:«15-bis. A decorrere dal 1º luglio 2017 la DIS-COLL è riconosciuta ai soggetti di cui al comma 1 nonché agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla stessa data. Con riguardo alla DIS-COLL riconosciuta per gli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º luglio 2017 non si applica la disposizione di cui al comma 2, lettera c), e i riferimenti all’anno solare contenuti nel presente articolo sono da intendersi riferiti all’anno civile. A decorrere dal 1º luglio 2017, per i collaboratori, gli assegnisti e i dottorandi di ricerca con borsa di studio che hanno diritto di percepire la DIS-COLL, nonché per gli amministratori e i sindaci di cui al comma 1, è dovuta un’aliquota contributiva pari allo 0,51 per cento”.

Ne consegue che, a decorrere dal 1 luglio 2017, per i collaboratori, gli assegnisti e i dottorandi di ricerca con borsa di studio, i titolari degli uffici di amministrazione, i sindaci e revisori, iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata, non pensionati e privi di partita IVA, è dovuta un’aliquota contributiva aggiuntiva pari allo 0,51 per cento.

Tale aliquota, infatti, si aggiunge a quelle attualmente in vigore, pari a:

–      32,00 per cento, così come stabilito dall’art. 2, comma 57, della legge 28 giugno 2012, n. 92;

–      0,50 per cento, stabilita dall’art. 59, comma 16, della Legge n. 449/1997 (utile per il finanziamento dell’onere derivante dalla estensione della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare e alla malattia, anche in caso di non degenza ospedaliera, così come disposto dall’art. 1, comma 788 della citata legge finanziaria 2007);

–      0,22 per cento disposto dall’art. 7 del Decreto Ministeriale 12 luglio 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2007, in attuazione di quanto previsto dal comma 791, articolo unico, della finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Soggetti interessati ed esclusi

Per espressa previsione normativa, sono interessati dalla modifica delle aliquote contributive i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria, non pensionati e non titolari di partita IVA e i cui compensi derivano da:

–      Uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica (così come disciplinato dall’art. 50 – comma 1, lett. c bis, DPR n. 917/1986);

–      tutte le collaborazione coordinate e continuative, anche a progetto, incluse le collaborazione occasionali;

–      dottorato di ricerca, assegno, borsa di studio.

Ne deriva che restano esclusi dall’aumento dell’aliquota contributiva pari allo 0,51 per cento i compensi corrisposti come:

–      Componenti commissioni e collegi;

–      Amministratori di enti locali (D.M. 25.5.2001);

–      Venditori porta a porta (art. 19, D. lgs 114/1998);

–      Rapporti occasionali autonomi (legge 326/2003 art. 44);

–      Associati in partecipazione (non ancora cessati);

–      Medici in Formazione specialistica (legge 23 dicembre 2005, n. 266, finanziaria dell’anno 2006, all’articolo 1, comma 300).

Per effetto delle disposizioni sopra richiamate, le aliquote contributive dovute alla Gestione Separata dalle aziende Committenti, di cui all’art. 2, comma 26, legge n. 335/1995, sono fissate come segue:

Codice

Tipo rapporto

Soggetti senza altra copertura previdenziale obbligatoria, non titolari di pensione e di P.IVA

Aliquote
    IVS Mal,mat, anf maternità dis-coll totale
1A  – 1E AMMINISTRATORE DI SOCIETA, ASSOCIAZIONE E ALTRI ENTI CON O SENZA PERSONALITA GIURIDICA 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
1B SINDACO DI SOCIETA, ASSOCIAZIONE E ALTRI ENTI CON O SENZA PERSONALITA GIURIDICA 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
1C REVISORE DI SOCIETA, ASSOCIAZIONE E ALTRI ENTI CON O SENZA PERSONALITA GIURIDICA 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
1D LIQUIDATORE DI SOCIETA’ 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
02 COLLABORATORE DI GIORNALI, RIVISTE, ENCICLOPEDIE E SIMILI 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
03 PARTECIPANTE A COLLEGI E COMMISSIONI 32 0,5 0,22   32,72
             
04 AMMINISTRATORE DI ENTI LOCALI (D.M. 25.5.2001) 32 0,5 0,22   32,72
             
05 DOTTORATO DI RICERCA, ASSEGNO, BORSA DI STUDIO EROGATA DA… 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
06 CO. CO. CO. (CON CONTRATTO A PROGETTO/PROGRAMMA DI LAVORO/FASE) 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
07 VENDITORE PORTA A PORTA 32 0,5 0,22   32,72
             
09 RAPPORTI OCCASIONALI AUTONOMI (LEGGE 326/2003 ART. 44) 32 0,5 0,22   32,72
             
10 CO. CO. E CO. DEI TITOLARI DI PENSIONE DI VECCHIAIA O ULTRASESSANTACINQUENNI          
             
11 COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE PRESSO PP.AA. 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
12 RAPPORTI DI CO. CO. CO. PROROGATI 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
13 ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE ( dal 2004 al 2015) 32 0,5 0,22   32,72
             
14 FORMAZIONE SPECIALISTICA 32 0,5 0,22   32,72
             
17 CONSULENTE PARLAMENTARE 32 0,5 0,22 0,51 33,23
             
18 COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE – D.LGS. N. 81/2015 32 0,5 0,22 0,51 33,23

Rimane immutata la ripartizione dell’onere contributivo tra collaboratore e committente nella misura rispettivamente di un terzo e di due terzi.

Massimale annuo della base contributiva

Le aliquote sopra riportate sono applicabili facendo riferimento ai redditi conseguiti dagli iscritti alla Gestione separata fino al raggiungimento del massimale di reddito previsto dall’art. 2,  comma 18, della legge n. 335/1995 (per l’anno 2017 pari a € 100.324,00).

L’aliquota del 33,23 per cento esplica la sua efficacia a partire dai compensi corrisposti dal 1 luglio 2017.

Voluntary disclosure bis: in Gazzetta la proroga al 30 settembre

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 28 luglio 2017
Proroga  del  termine  della   collaborazione   volontaria   di   cui all’articolo 5-octies del  decreto-legge  28  giugno  1990,  n.  167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  1990,  n.  227.(17A05572)(GU n.181 del 4-8-2017)

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, recante  «Norme di semplificazione degli adempimenti  dei  contribuenti  in  sede  di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonche’ di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni» e, in particolare, l’art. 12, comma 5, il quale prevede  che,  con  decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  tenendo  conto  delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei  responsabili d’imposta  o  delle esigenze   organizzative   dell’amministrazione, possono essere modificati i termini riguardanti gli  adempimenti  dei contribuenti relativi a imposte e  contributi  dovuti  in  base  allo stesso decreto;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986, n. 917 di approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, con  il  quale  e’  stato  emanato  il  regolamento  recante  le modalita’ per la  presentazione  delle  dichiarazioni  relative  alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attivita’ produttive e all’imposta sul valore aggiunto;
Visto l’art. 5-octies del decreto-legge 28  giugno  1990,  n.  167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  1990,  n.  227, introdotto dall’art. 7 del decreto-legge 22  ottobre  2016,  n,  193, convertito, con modificazioni dalla legge 1° dicembre 2016,  n.  225, che  disciplina  la  riapertura  dei  termini  della   collaborazione
volontaria;
Visto l’art. 3-quater  del  decreto-legge  2  marzo  2012,  n.  16, convertito, con modificazioni, dalla legge  26  aprile  2012,  n.  44 riguardante i termini per gli adempimenti fiscali;
Visto il decreto-legge 13  maggio  2011,  n.  70,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, che all’art. 7,  comma  2, lettera l), prevede che gli adempimenti ed i versamenti  previsti  da disposizioni relative a materie  amministrate  da  articolazioni  del Ministero dell’economia e delle finanze, comprese le Agenzie fiscali, ancorche’ previsti  in  via  esclusivamente  telematica,  ovvero  che devono essere effettuati nei confronti delle medesime articolazioni o presso i relativi uffici, i cui termini scadono di sabato o di giorno festivo, sono prorogati al primo giorno lavorativo successivo;
Vista la legge 27 luglio 2000, n.  212,  recante  «Disposizioni  in materia di statuto dei diritti del contribuente»;
Considerate le  esigenze  generali  rappresentate  dalle  categorie professionali in relazione ai numerosi adempimenti fiscali  da  porre in essere per conto dei contribuenti e dei sostituti d’imposta;
Su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze;

Decreta:                         

Art. 1 – Proroga dei termini della collaborazione volontaria.

1. Il termine del 31 luglio  2017,  entro  il  quale  e’  possibile avvalersi  della  riapertura  della   procedura   di   collaborazione volontaria disposta dall’ art. 5-octies del decreto-legge  28  giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  agosto 1990, n. 227, e’ prorogato al 30 settembre 2017.
Il presente decreto sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 

Roma, 28 luglio

Il Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni Silveri           

Il Ministro dell’economia e delle finanze Padoan

 

Arrivano le attese ferie d’estate, scatta la sospensione dei termini

Puntuale come ogni anno, il contenzioso tributario va in vacanza dal 1° al 31 agosto. La pausa riguarda anche i versamenti da comunicazioni di irregolarità (fino al 4 settembre)

L’arrivo delle ferie estive coincide con la sospensione dei termini processuali che interessa anche la giustizia tributaria. Durante l’estate scatta un periodo di “tregua” anche per alcune scadenze tributarie.
 
Sospensione dei termini processuali
Il decorso dei termini processuali è sospeso di diritto dal 1º al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione (articolo 1, legge 742/1969, come modificato dall’articolo 16, comma 1, Dl 132/2014).
 
La sospensione feriale opera anche nell’ambito del contenzioso tributario e coinvolge tutti i termini relativi agli adempimenti processuali.
In primo luogo, è sospeso il termine per la proposizione del ricorso (60 giorni dalla data di notifica dell’atto impugnato – articolo 21, Dlgs 546/1992).
Nel caso in cui il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo (ad esempio, per un avviso di accertamento notificato il 4 agosto 2017, il termine per presentare ricorso inizia a decorrere il 1° settembre 2017 e scade il 30 ottobre 2017).
Se, invece, il termine comincia a decorrere prima dell’inizio del periodo di sospensione, rimane sospeso nel corso del periodo feriale per ripartire alla fine dello stesso (ad esempio, per un avviso di accertamento notificato il 26 luglio 2017, il termine per proporre ricorso scade il 25 ottobre 2017).
 
Per effetto della pausa estiva, sono sospesi, tra gli altri:

  • il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente (30 giorni dalla proposizione del ricorso – articolo 22, Dlgs 546/1992)
  • il termine per la costituzione in giudizio della parte resistente (60 giorni dalla notifica del ricorso – articolo 23, Dlgs 546/1992)
  • i termini di impugnazione delle sentenze (60 giorni dalla notifica o, in mancanza, 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza – articolo 51 e articolo 38, comma 3, Dlgs 546/1992)
  • i termini per il deposito di documenti, di memorie e di brevi repliche (rispettivamente 20, 10 e 5 giorni liberi prima della data di trattazione – articolo 32, Dlgs 546/1992). In questo caso, naturalmente, il computo va effettuato a ritroso. 

Il “break” estivo riguarda anche i termini operanti nell’ambito del reclamo/mediazione (in particolare, il termine di 90 giorni dalla data di notifica del ricorso entro il quale deve concludersi la procedura).
 
La sospensione, invece, non opera per la notifica degli avvisi di accertamento, degli avvisi di liquidazione e delle cartelle di pagamento da parte dell’Agenzia e per le fasi cautelari del processo.
 
Sospensione di adempimenti e versamenti
Oltre alla sospensione dei termini processuali, durante l’estate scatta un periodo “feriale” anche per le scadenze tributarie.
Infatti, gli adempimenti fiscali e il versamento dei tributi mediante F24, da eseguire nel periodo compreso tra il 1º e il 20 agosto di ogni anno, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione (articolo 37, comma 11-bis, Dl 223/2006). Quest’anno, peraltro, il 20 agosto è domenica, quindi l’ultimo giorno utile diventa il 21.
La stessa disposizione, inoltre, prevede che i termini per la trasmissione delle informazioni e dei documenti richiesti ai contribuenti dall’Agenzia delle entrate, o da altri enti impositori, sono sospesi dal 1º agosto al 4 settembre, esclusi quelli relativi alle richieste effettuate nel corso delle attività di accesso, ispezione e verifica, nonché delle procedure di rimborso ai fini Iva.
 
Infine, l’articolo 7-quater, commi 17 e 18, del “collegato” alla manovra di bilancio 2017 (Dl 193/2016) ha stabilito:

  • la sospensione, dal 1° agosto al 4 settembre, dei termini di 30 giorni previsti per il pagamento degli importi dovuti sulla base delle comunicazioni di irregolarità (“avvisi bonari”) ricevute dai contribuenti a seguito dei controlli automatici e formali e della liquidazione delle imposte sui redditi assoggettati a tassazione separata
  • che i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale (a tal proposito, si ricorda che il termine per l’impugnazione davanti alla commissione tributaria provinciale è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza di adesione all’accertamento da parte del contribuente – articolo 6, comma 3, Dlgs 218/1997). Tale soluzione era stata già anticipata sul piano interpretativo dall’Agenzia delle entrate che, ai dubbi sorti in passato circa la possibile contestuale applicazione delle due ipotesi di sospensione, ha avuto modo di chiarire che il periodo di sospensione di 90 giorni non costituisce il termine di riferimento per la conclusione del procedimento di accertamento con adesione. La sottoscrizione dell’atto, infatti, può validamente intervenire entro il termine ultimo entro il quale è possibile promuovere l’impugnativa, per la cui determinazione occorre considerare anche la sospensione feriale (circolare n. 65/E del 28 giugno 2001, paragrafo 4.2).