A partire dal periodo d’imposta 2004, le istruzioni ai vari modelli di dichiarazione Unico hanno previsto esplicitamente che, per la conservazione dei documenti informatici rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie, occorre osservare le modalità previste dal Dm 23 gennaio 2004 e della delibera Cnipa (Centro nazionale per l’informatica nella Pa) n. 11/2004. In pratica, questo comporta che l’intermediario abilitato per la trasmissione delle dichiarazioni (commercialista o Centro di assistenza fiscale – Caf) se vuole evitare di stampare la copia delle dichiarazioni dei propri clienti, deve dotarsi di un dispositivo di firma (ad esempio smart card). Per una corretta procedura di conservazione delle dichiarazioni, il professionista potrebbe dover conservare digitalmente dichiarazioni e documenti correlati, sia analogici (cartacei) sia informatici.
La normativa impone l’obbligo di conservazione sostitutiva per stessa tipologia di documenti: questo significa che lo studio da commercialista non potrà conservare solo una parte delle dichiarazioni trasmesse. Tuttavia, si ritiene che l’obbligo di conservazione per tipologie omogenee di documenti non si estenda agli originali analogici allegati alle dichiarazioni trasmesse (quali, ad esempio, le certificazioni delle ritenute effettuate, la documentazione relativa alle spese mediche deducibili, i modelli F24, eccetera). Si tratta, infatti, di documenti che rappresentano tipologie differenti sotto il profilo documentale, per le quali sono previste differenti regole di classificazione e conservazione (articoli 3 e 4, Dm 23 gennaio 2004). Quindi, la conservazione elettronica degli allegati della dichiarazione può essere liberamente valutata come un’opportunità, nei casi in cui l’adempimento della scansione sia economicamente sostenibile ed organizzativamente utile.
I termini di conservazione. Il processo di conservazione deve essere effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti (articolo 3, comma 2, del Dm 23 gennaio 2004).
Questa regola impone all’intermediario di conservare le copie delle dichiarazioni con cadenza almeno annuale, vale a dire entro un termine che l’amministrazione finanziaria ha individuato con riferimento alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’intermediario (risoluzione 298/E del 18 ottobre 2007). Come è noto, la legge 244/2007, Finanziaria 2008, ha previsto che la stampa dei registri contabili può essere effettuata entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione: il differimento dei termini previsti per la stampa si estende anche al processo di conservazione sostitutiva (risoluzione 67/E del 28 febbraio 2008).
I registri contabili. Per quanto riguarda i termini di conservazione dei registri contabili (libro giornale, registro Iva vendite e acquisti, libro inventari, registro di magazzino, schede di conto, eccetera) e in genere per la documentazione diversa dalle dichiarazioni (ad esempio: contratti di locazione dei clienti, atti notarili dei clienti, consensi privacy, eccetera), ci si deve riferire al termine di 3 mesi successivo alla scadenza dei termini di presentazione di ciascun cliente. Quindi, potrebbero aversi termini di conservazione “sfasati” nel caso in cui lo studio abbia come clienti anche società con esercizio a cavallo.
Le fatture “analogiche”. In più occasioni l’amministrazione finanziaria è intervenuta a chiarire i termini entro i quali deve essere ultimato il processo di conservazione sostitutiva delle fatture. Se si stampa su carta la copia della fattura di vendita, oppure si conservano gli originali delle fatture di acquisto, è possibile optare per la conservazione sostitutiva di detti documenti in qualsiasi successivo momento, naturalmente fino a quando ne sussiste l’obbligo di conservazione civilistica (circolare 45/E/2005). Infatti, in questi casi, è sempre possibile esibire all’amministrazione finanziaria le fatture su supporto cartaceo: quindi, è concesso all’azienda (o al consulente per conto dell’azienda) di decidere in ogni momento di convertire in digitale queste fatture.
Qualora, però, a un cliente o da un fornitore, previo accordo, siano trasmesse fatture elettroniche, sussiste l’obbligo di conservazione in formato digitale sia da parte dell’emittente che del ricevente (articolo 39, Dpr 633/72). Quindi, se oltre alle fatture elettroniche si emettano o si ricevano anche fatture cartacee e queste ultime si intendano conservare in detta modalità, è consentita l’adozione di registri sezionali. Se, diversamente, non si intende adottare alcun sezionale, essendo vigente il principio di «omogeneità di conservazione per tipologie di documenti e per periodo di imposta», si devono conservare in digitale anche tutte le fatture cartacee con riferimento a tutto il ciclo attivo o passivo e a tutto il periodo di imposta. La prova dell’osservanza del termine di 15 giorni spetta all’amministrazione finanziaria e, in assenza di ulteriori elementi che possano provare la data di ricezione per le fatture passive, ci si dovrebbe riferire alla data di registrazione.
Firma digitale. Il processo di conservazione elettronica di documenti e registri informatici fiscalmente rilevanti prevede l’apposizione di una doppia firma digitale: e firma e riferimento temporale per la formazione del documento; r firma e marca temporale per la conservazione dello stesso.
La differenza fra “riferimento” e “marca” è rilevante perché la seconda (a differenza del primo) è una data certa opponibile ai terzi e, quindi, anche all’amministrazione finanziaria. Il motivo di questa differenza probatoria deriva dal fatto che nel processo di apposizione della marca temporale interviene un soggetto terzo particolarmente qualificato e credibile (certificatore accreditato dal Cnipa). La normativa non precisa chi debba apporre la firma per la formazione del documento, mentre la firma per la conservazione dello stesso è attribuita espressamente al responsabile della conservazione sostitutiva (articolo 5 delibera Cnipa 11/2005). Di norma, la firma per la formazione del documento informatico spetta al “proprietario” del documento stesso: questo è molto evidente per le fatture elettroniche attive, che dovrebbero essere firmate, al momento dell’emissione, dal legale rappresentante della società emittente e conservate (per lotti) con la firma del responsabile della conservazione.
Ma ciò non esclude che il responsabile della conservazione (il commercialista o il Caf) possa anche rivestire il ruolo di chi forma e conserva il documento: in questo senso, sarebbe però necessaria (o opportuna) un’apposita delega da parte del titolare del documento. La delega non sarebbe una delega di firma, ma semplicemente una delega di funzioni, nel senso che il commercialista firmerebbe con la propria smart card. Per quanto riguarda i registri obbligatori, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, “formati su supporti informatici”, le due firme possono temporalmente coincidere, considerato che i libri contabili non sono emessi, in quanto soggetti ad aggiornamento continuo (circolare 36/2006) e devono soddisfare il requisito della staticità e dell’immodificabilità entro i tre mesi successivi al termine di presentazione delle dichiarazioni. Quindi, anche per i registri contabili sarebbe necessaria una delega del cliente al commercialista o al Caf. Invece, un caso in cui la firma deve necessariamente essere apposta dall’azienda cliente è quella del libro inventari che per legge deve essere firmato dal legale rappresentante dell’impresa a cui si riferisce (articolo 2117, comma 3, del Codice civile). Quindi, il commercialista potrà portare in conservazione il libro inventari, apponendo la firma digitale in qualità di responsabile della conservazione sul documento firmato digitalmente dall’amministratore della società cliente.
I riferimenti normativi
La prassi
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