Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale.
Attività produttive industriali e commerciali. Attività professionali.
Il provvedimento in argomento, in primo luogo, sospende tutte le attività produttive, industriali e commerciali, fatta eccezione per quelle indicate nell’allegato 1 al decreto stesso.
Con riguardo alle attività commerciali, tuttavia, continuano ad operare le previsioni recate dal D.P.C.M. 11 marzo 2020 nonché dall’ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo 2020.
Inoltre, le attività produttive sospese possono continuare a svolgersi se organizzate secondo modalità a distanza o lavoro agile.
Le attività professionali non sono sospese ma restano ferme le raccomandazioni indicate all’art. 1, punto 7, del citato D.P.C.M. 11 marzo 2020.
Per le Pubbliche Amministrazioni è confermata la validità delle previsioni di cui all’art. 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in materia di lavoro agile, che, fino alla cessazione dello stato di emergenza, rappresenta la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa.
Tra le attività produttive consentite rientrano:
- i servizi di pubblica utilità nonché i servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990 N.146. Resta, peraltro, confermata la sospensione dell’apertura al pubblico di musei e altri istituti e luoghi di cultura, e quella dei servizi di istruzione, ove non siano erogati a distanza o con modalità da remoto (art. 1, comma 1, lett.d);
- le attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere nei settori di cui al cennato allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità ed essenziali sopra indicati (art. 1, comma 1, lett. d);
- la produzione, il trasporto, la commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari (art. 1, comma 1, lett. f);
- ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza (art. 1, comma 1, lett. f);
- le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti (art. 1, comma 1, lett.g).
Va, tuttavia, precisato che, in relazione alle attività di cui all’art. 1, comma 1, lett. d) del D. P.C.M. in parola, l’operatore economico è tenuto a comunicare al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, indicando specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei prodotti e servizi attinenti alle attività consentite. Allo stesso modo, i soggetti esercenti le attività di cui all’art. 1, comma 1, lett. g), sono tenuti a comunicare preventivamente al Prefetto competente per territorio la ricorrenza delle condizioni previste dalla norma per la prosecuzione dell’attività, fermo restando che tale comunicazione non è dovuta qualora si tratti di attività finalizzata ad assicurare l’erogazione di un servizio pubblico essenziale.
In entrambe le descritte ipotesi, spetta al Prefetto una valutazione in merito alla sussistenza delle condizioni attestate dagli interessati, all’esito della quale potrà disporre la sospensione dell’attività laddove non ravvisi l’effettiva ricorrenza delle condizioni medesime.
Spostamenti
Di particolare rilievo, quale ulteriore misura funzionale al contenimento del contagio introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del provvedimento in parola, è il divieto per tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati dal comune in cui attualmente si trovano.
Tali spostamenti rimangono consentiti solo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
La disposizione, anche tenendo conto delle esigenze recentemente emerse e che hanno condotto alcuni Presidenti di Regioni ad adottare apposite ordinanze, persegue la finalità di scongiurare spostamenti in ambito nazionale, eventualmente correlati alla sospensione delle attività produttive, che possano favorire la diffusione dell’epidemia.
Si colloca in tal senso la soppressione, prevista dalla stessa norma, dell’art. 1, comma 1, lett. a) del D.P.C.M. 8 marzo 2020 che consentiva il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Per effetto di tale soppressione, la citata disposizione – inizialmente prevista per alcuni specifici ambiti territoriali ed estesa all’intero territorio nazionale dall’art.1, comma 1 del D.P.C.M. 9 marzo 2020 – resta peraltro in vigore nella parte in cui raccomanda l’effettuazione di spostamenti all’interno del medesimo comune solo se motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.
Tale norma da ultimo citata va pertanto letta in combinato disposto con l’art. 1, comma 1 lett. b) del nuovo D.P.C.M., che si riferisce agli spostamenti fra comuni diversi.
Si ritiene peraltro opportuno evidenziare che, proprio in ragione della ratio ad essa sottesa, la previsione introdotta dal nuovo D.P.C.M. appare destinata ad impedire gli spostamenti in comune diverso da quello in cui la persona si trova, laddove non caratterizzati dalle esigenze previste dalla norma stessa. Rimangono consentiti, ai sensi del citato art. 1, lett. a) del D.P.C.M. 8 marzo 2020, i movimenti effettuati per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, che rivestano carattere di quotidianità o comunque siano effettuati abitualmente in ragione della brevità delle distanze da percorrere.
Rientrano, ad esempio, in tale casistica gli spostamenti per esigenze lavorative in mancanza, nel luogo di lavoro, di una dimora alternativa a quella abituale, o gli spostamenti per l’approvvigionamento di generi alimentari nel caso in cui il punto vendita più vicino e/o accessibile alla propria abitazione sia ubicato nel territorio di altro comune.
Le misure introdotte dal D.P.C.M. 22 marzo 2020 saranno efficaci sull’intero territorio nazionale dalla data odierna fino al prossimo 3 aprile, e si applicano in aggiunta a quelle di cui al D.P.C.M. 11 marzo u.s. e all’ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo decorso, i cui termini di efficacia, già fissati al 25 marzo, sono prorogati al 3 aprile. Tra le disposizioni di cui al citato decreto presidenziale dell’11 marzo scorso, si richiama, in particolare, quanto previsto dall’art. 2, comma 2, laddove ha stabilito la cessazione dell’efficacia delle disposizioni di cui ai precedenti decreti presidenziali dell’8 e 9 marzo, ove incompatibili.
Il testo completo della Circolare_DPCM 23 marzo 2020